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                    Diofanto
 GENI
 della
 MATEMATICA


Il precursore del linguaggio aritmetico Diofanto RBA
JOAN GÓMEZIURGELLÉS è professore titolare dell’Università Politecnica della Catalogna, dottore in Pedagogia e divulgatore scientifico. I geni della matematica Pubblicazione periodica settimanale Anno I - Numero 44 - Milano, 22 marzo 2018 Edita da RBA Italia Via Gustavo Fara, 35 - 20124 Milano Direttore generale: Andrea Ferdeghini Responsabile editoriale: Anna Franchini Responsabile marketing: Tiziana Mandameli Direttore responsabile: Stefano Mammini © 2016 Joan Gómez i Urgellés per il testo © 2016 RBA Coleccionables, S.A.U. © 2017 RBA Italia S.r.l. per la presente edizione Impaginazione e adattamento: Lesteia, Milano Traduzione: Vittoria Rinaldi Copertina: Lorenç Marti Progetto pagine interne: Luz de la Mora Infografica: Joan Pejoan Crediti fotografici: Alamy: 117; Archivo RBA: 21, 27, 43, 47, 7las, 71 ad, 83, 89, 99as, 125a, 144, 151as, 151ad; Klaus Bamer: 61; Daverdis: 99b; Didier Descouens: 71b; 123rtf: 23a, 23b, 151b; Shutterstock: 125b; Twice25: 99ad. Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 286 del 24/11/2016 Iscrizione al ROC n. 16647 in data 1/03/2008 ISSN 2531-890X Distributore per l’Italia: Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) PI. Spa Sped, in abb. post. DL 353/2003 legge del 27/04/04 n. 46 art. 1 Stampato nel 2017 presso LIBERDUPLEX Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o diffusa senza il consenso dell’editore.
Sommario INTRODUZIONE 7 CAPITOLO 1 Sulle orme di Diofanto: la matematica nel mondo antico 15 CAPITOLO 2 Un approccio a\\Aritmetica 39 CAPITOLO 3 Equazioni diofantee 73 CAPITOLO 4 Problemi e soluzioni áe\YAritmetica 103 CAPITOLO 5 II lascito di Diofanto e la sua validità nel xxi secolo 141 LETTURE CONSIGLIATE 155 INDICE 157
Introduzione Diofanto è stato un personaggio enigmatico, della cui esistenza si sa praticamente nulla, al di là del fatto che scrisse in greco, che visse nel m secolo d.C. e che sviluppò le sue capacità matematiche ad Alessandria. Non è un caso che questa città egiziana, fondata da Alessandro Magno ed ellenizzata dai suoi successori, durante l’Antichità si ergesse a capitale mondiale della conoscenza: il suo celebre museo e la biblioteca, di una magnificenza quasi leggenda¬ ria, diedero un notevole impulso alle scienze e alle arti, e accolsero i migliori eruditi dell’epoca, tra i quali anche alcuni dei più grandi matematici della Grecia classica. Tra di loro si distinse partico¬ larmente Diofanto, il protagonista indiscusso di questa biografia. La città egiziana, pertanto, farà da sfondo alla nostra storia, e in particolare sarà il filo conduttore del primo capitolo. Si tratta di un’equazione molto semplice e rivelatrice: non è possibile com¬ prendere Diofanto senza Alessandria, e Alessandria non può essere del tutto compresa senza Diofanto. La storiografia, con non poche difficoltà, è riuscita a delimitare il periodo temporale compreso tra la nascita e la morte di Diofanto. In realtà, si ritiene sia morto ottuagenario, che si sposò e che ebbe un figlio, che purtroppo morì prima di lui. Tuttavia, nessuno di questi dati, abilmente ottenuti mediante lo studio approfondito di alcuni indizi nascosti, offre una certezza assoluta. Non si sa nulla circa il suo aspetto fisico, sebbene sia probabile che portasse la 7
barba, e non si hanno neppure indicazioni circa la sua personalità. Sebbene sappiamo che scriveva in greco, si ignora qualsiasi altro aspetto della sua formazione intellettuale, perché fu citato in ma¬ niera vaga ed erratica negli scritti dei suoi contemporanei. E ciono¬ nostante, il lascito accademico di Diofanto ha lasciato un’impronta decisiva per secoli. La ragione risiede nel fatto che fu l’autore di un’opera fondamentale per la storia universale della matematica: l’Aritmetica. Con essa, Diofanto ha rivoluzionato il sapere dell’e¬ poca, soprattutto per quanto riguarda la simbologia e la scrittura, l’interpretazione dei concetti stabiliti e l’euristica nella risoluzione di problemi, elementi che sono giunti fino ai giorni nostri. Ad Alessandria, le scienze, e in particolare la matematica, fe¬ cero passi da gigante, dando luogo a un’esplosione del sapere, in cui Diofanto ebbe un ruolo da protagonista. L’autore delXAritmetica guidò il pensiero matematico dell’epoca, dato che non solo consolidò il passaggio dalla tradizione all’innovazione, dalla geometria fino al linguaggio simbolico, ma intuì anche la regola alla base dei segni dei numeri negativi. Nel 275 d.C. si imbattè accidentalmente in radici di numeri negativi, e si ritrovò ad avere a che fare con i numeri imma¬ ginari. In realtà, espose un problema dei triangoli nella cui soluzione fa la sua timida comparsa la radice quadrata di -1. Non conoscendo un numero qualsiasi che elevato al quadrato fosse uguale a quella cifra, ritenne che il problema non avesse soluzione. A differenza dei suoi contemporanei, Diofanto si distinse per la metodologia usata per affrontare i problemi matematici, me¬ diante strumenti caratterizzati da una grande dose di creatività. Senza dubbio, la cosa più sorprendente della sua opera fu il lin¬ guaggio matematico, assolutamente nuovo, ma anche la sua au¬ dacia nell’esporre e nel risolvere i problemi: senza l’ausilio della geometria. Questo ramo della matematica fu per molti decenni al centro dell’attenzione degli specialisti greci, soprattutto da quando Euclide aveva pubblicato la sua opera principale, gli Elementi. Perciò, uno dei meriti di Diofanto fu di cambiare questo scenario di egemonia, spostando il dominio del linguaggio geometrico a favore di quello algebrico. Prima de\Y Aritmetica, i «quadrati» e i «cubi» erano considerati oggetti geometrici. Cioè, un quadrato rappresentava la misura di una superficie, e un cubo la misura di un 8 INTRODUZIONE
volume. Risultava inconcepibile «sommare» un quadrato e un cubo. Avrebbe significato sommare aree con volumi! Per gli antichi Greci, l’operazione di addizione era definita solo da grandezze omogenee, cioè i segmenti si sommavano con segmenti, le aree con le aree, e non era quindi possibile sommare un segmento con un’area. La som¬ ma era considerata come un’operazione geometrica, e non come la somma aritmetica di numeri corrispondenti. Si può affermare, con questo, che Diofanto abbia «spogliato» la geometria. Sebbene possa sembrare che i problemi dell’Aritmetica siano mascherati da un linguaggio apparentemente geometrico, poiché si chiede di trovare un triangolo, un quadrato ecc, in realtà non è così. Diofanto considerò gli oggetti propri della matematica greca come numeri naturali, e i loro rapporti (a differenza di Euclide, e per la prima volta nella storia) come quelli che oggi sono cono¬ sciuti come «numeri razionali». Grazie a due tratti differenziali, il linguaggio utilizzato e l’introduzione della simbologia, Diofanto ha rappresentato un prima e un dopo nella scrittura dei testi mate¬ matici. La matematica greca, fino ad allora, non aveva avuto alcun tipo di simbolismo speciale. Era una matematica «retorica», dove i problemi e le loro soluzioni erano decritti mediante il linguaggio naturale, senza includere alcun simbolo, neppure nelle operazioni. Diofanto introdusse quella che successivamente sarebbe divenu¬ ta nota come «notazione sincopata». Questa, a dispetto dei suoi notevoli vantaggi algebrici, andò perduta immediatamente dopo Diofanto. Sarebbe stato necessario attendere fino al Rinascimento, dalla fine del xv secolo al xvn secolo, per recuperare, lentamente e faticosamente, la nuova notazione algebrica. Il processo sarebbe culminato nel 1637 con l’azione decisiva di Cartesio, che fissò la notazione matematica attuale. La maestria di Diofanto, pertanto, impregna tutta la storia del¬ la matematica. Il suo lascito, che è ancora oggi valido, diede origine a diversi dibattiti circa la risoluzione di problemi e alle metodolo¬ gie, creando così altri problemi la cui soluzione richiese secoli per essere trovata. Bachet de Méziriac, François Viète, Cartesio, Pierre de Fermat, Joseph-Louis de Lagrange, Eulero..., l’elenco dei grandi matematici che in ogni epoca hanno affrontato le sfide dell'Arit- metica e si sono dedicati anima e corpo a trovare i loro metodi INTRODUZIONE 9
generali di risoluzione risulta tanto esteso quanto sorprendente. Non è un caso che l’ottavo problema del Libro II de\YAritmetica, che chiede di scomporre un quadrato dato in due quadrati, abbia ispirato in Fermat un teorema che ha richiesto oltre tre secoli per essere risolto. Si tratta di alcuni problemi che, in onore dell’insigne e singolare matematico alessandrino, sono ancora oggi noti come «equazioni diofantee». Non è necessario ricordare che sotto questo nome sono com¬ prese le equazioni indeterminate, che in generale possiedono un numero infinito di soluzioni. Non è neppure necessario ricordare che un’equazione indeterminata lineare (o di primo grado) ha la forma ax + by + cz +... = n, prendendo a, b, c,n... come numeri in¬ teri e come incognite x, y, z... In maniera analoga, un esempio di una equazione indeterminata non lineare è del tipo ax2 + by2 = c, oppure del tipo ax + bx2 + cy] + dxy +... = 0, con a, b, c, d numeri naturali. Le incognite sono di grado uno nell’equazione lineare, cioè l’esponente è uno; da parte loro, le equazioni non lineari pos¬ siedono almeno un’incognita con esponente maggiore di uno. Per capire l’opera di Diofanto è necessaria la comprensione di queste equazioni, che acquisiscono una grande importanza in certi campi dell’insegnamento e della ricerca matematica. Una caratteristica dell 'Aritmetica è che non propone alcun te¬ orema, né alcuna definizione. I problemi qui presentati sono stati debitamente selezionati, commentati ed esposti con le soluzioni corrispondenti, sebbene in alcuni casi sia stato omesso il processo di risoluzione per il suo elevato grado di difficoltà. In questo senso, basti segnalare che la lista dei problemi matematici proposta da Da¬ vid Hilbert nel 1900 incluse anche una complessa sfida legata alle equazioni diofantee. Il lettore più audace, tuttavia, può affrontare la sfida e cercare di risolvere i problemi che sono stati scelti. Da parte sua, il lettore meno abile comprenderà senza ostacoli la bellezza che racchiudono gli stessi. L’obiettivo è che tutto ciò che viene affrontato in queste pagine riveli le abilità mostrate da Diofanto e, a sua volta, faccia conoscere l’euristica plasmata nei problemi dell'Aritmetica. Gli scritti di Diofanto hanno attraversato una serie di vicissitu¬ dini storiche che, in alcuni casi, ne hanno comportato la scomparsa. Così avvenne, per esempio, con i Porismi. Fortunatamente, 1 Aritme¬ 10 INTRODUZIONE
tica e un trattato sui numeri poligonali furono riscattati dall’oblio in Occidente, grazie a scoperte che possono solo essere definite felici, e a varie brillanti traduzioni, come l’edizione canonica di Bachet de Méziriac, arricchita da commenti e contributi matematici. Entrambi i lavori hanno dimostrato che Diofanto è stato un pioniere nell’intro- durre processi algebrici per la risoluzione di equazioni non lineari indeterminate, e anche nell’uso di notazioni algebriche concrete ed estese. Queste innovazioni hanno rappresentato un grande progres¬ so rispetto agli stili verbali dei suoi predecessori, e di molti dei suoi successori. Si deve insistere, pertanto, sul fatto che il suo lascito non si limita a che le equazioni diofantee abbiano fornito diverse appli¬ cazioni pratiche, come il loro utilizzo nella dittologia e nei moderni sistemi di sicurezza (transazioni bancarie, carte di credito). La cosa davvero essenziale è che antepose la risoluzione di problemi alle considerazioni teoriche, e che la sua opera costituì, in definitiva, l’em¬ brione di un ramo attuale della matematica: la «teoria dei numeri». In queste pagine verranno offerte al lettore alcune informazio¬ ni sulla vita di Diofanto e sulle principali nozioni delle sue opere, con i problemi e le soluzioni pertinenti. Tutto ciò verrà mostrato all’intemo di una visione della matematica che, sebbene trovi il suo contesto nel mondo antico, verrà qui spiegata con un linguaggio moderno, sempre in maniera semplice e divulgativa, senza trascu¬ rare nulla. Il lettore viaggerà attraverso una delle epoche d’oro del sapere e conoscerà i suoi grandi protagonisti, da Archimede a Euclide fino alla sfortunata Ipazia di Alessandria, passando per Apollonio di Perga, Erone, Teone e tanti altri. Inoltre, potrà scopri¬ re come attraverso grandi opere di riferimento, come XAntologia Palatina., sia possibile calcolare quanti anni visse Diofanto, quando gli crebbe la barba e quando si sposò. Il presente testo riunisce e presenta una grande quantità di informazioni sparpagliate sull’opera di Diofanto, così come le prin¬ cipali ricerche che si sono sviluppate sulla sua vita. Il proposito è di dare una visione globale e rigorosa. Perciò, il libro è strutturato in cinque capitoli e parte con una panoramica generale sulla ma¬ tematica nel mondo ellenico classico, in un percorso che va dal m secolo a.C. fino al m secolo d.C. Il secondo capitolo rappresenta un approccio all Aritmetica, con le sue notevoli e proficue influenze INTRODUZIONE 11
su altri matematici e sulla sua proiezione nelle scoperte matema¬ tiche successive. Quanto al terzo capitolo, l’elemento protagonista è uno solo: le equazioni diofantee. In seguito, verranno presentati i contenuti e gli esercizi di gran parte dell’Aritmetica e, infine, si darà spazio alle applicazioni attuali del lascito matematico di Diofanto e al testo che scrisse sui numeri poligonali, di indubbio interesse. Questo libro presenta, dunque, un percorso strutturato in diverse tappe, con aneddoti sul mondo della matematica. Inol¬ tre, le sue pagine si soffermano su alcuni aspetti epistemologici e trasversali, che invitano a scoprire, in maniera piacevole, alcuni concetti della conoscenza matematica. Diofanto sarà l’anfitrione e la guida di una visione rivoluzionaria della matematica, dall’An¬ tichità fino al presente, con particolare attenzione ai contributi di Bachet de Méziriac, Cartesio, Fermat e tanti altri matematici di indiscusso valore. In realtà, tutti loro contribuirono a rendere grande la figura di un saggio del m secolo d.C., che visse ad Ales¬ sandria, scrisse in greco, si dedicò alla permanente ricerca del sapere e, con un talento e un’audacia degni di ammirazione, elevò la matematica di un ulteriore gradino nella sua eterna corsa verso la perfezione: Diofanto. 12 INTRODUZIONE
200-217 Periodo fissato dalla storiografia 1625 Albert Girard pubblica in parte i Libri V per la nascita di Diofanto. e VI dell'Aritmetica in francese. 233-250 Data approssimativa in cui si sposò. Si ritiene avesse trentatré anni. 238-255 Data approssimativa della nascita di suo figlio. Aveva trentotto anni. 250 Anno stimato della pubblicazione della sua opera maestra, l'Aritmetica, in greco. 275 Anno stimato del primo contatto di Diofanto con i numeri immaginari. 280-297 Data stimata della morte del figlio. 284-298 Data approssimativa della morte di Diofanto, a ottantaquattro anni. 870 Qusta ben Luqa traduce e commenta l'Aritmetica in lingua araba. 1464 Johann Müller Regiomontano trova una traduzione in arabo dell'Aritmetica. 1556 Joachim Liebhard scopre resistenza di un manoscritto di Diofanto in Vaticano. 1657 Fermat sfida i matematici inglesi a trovare il metodo generale di risoluzione di un’equazione diofantea concreta. 1769 Lagrange ottiene un algoritmo completo per un’equazione diofantea concreta. Un anno dopo, dimostra il teorema dei quattro quadrati. 1685 Muore John Peli, che diede il nome a un tipo di equazione diofantea il cui metodo di risoluzione generale, tuttavia, era stato ottenuto da William Brouncker. 1885 Paul Tannery cura un’edizione dell’opera completa di Diofanto. 1900 David Hilbert propone di trovare un algoritmo universale che risolva qualsiasi equazione diofantea. 1920 Muore Srinivasa Ramanqjan, che diede il nome a un tipo di equazione cubica. 1926 Sono pubblicati in francese l'Aritmetica e il testo Numeri poligonali. 1570 Rafael Bombelli traduce l'Aritmetica in latino, ma viene pubblicata solo in parte. 1969 Louis Mordell pubblica Equazioni diofantee. 1575 Guilielmus Xylander pubblica la prima edizione completa in latino dell 'Aritmetica. 1970 Yurü Matyasevich dimostra che non esiste un algoritmo universale per 1621 Bachet de Méziriac pubblica l’edizione verificare se un’equazione diofantea canonica dell Aritmetica, che ispirerà polinomica con coefficienti interi dati Pierre de Fermat e altri matematici. ammette o no soluzioni intere. INTRODUZIONE 13
CAPITOLO 1 Sulle orme di Diofanto: la matematica nel mondo antico La storia di Diofanto fu indissolubilmente legata al Museo e alla Biblioteca di Alessandria, la grande capitale del sapere ellenistico per undici secoli. Lì si raccolse un’élite intellettuale che condusse la matematica a livelli molto elevati, dove Diofanto si erse come il grande rinnovatore. Sebbene si conservino solo due delle sue opere, YAritmetica e Numeri poligonali, entrambe riflettono il ruolo decisivo che esercitò sulla matematica del m secolo d.C.
Qualsiasi tentativo di ricostruire la vita di Diofanto incappa nell’o¬ stacolo rappresentato dalle pochissime informazioni disponibili. Sebbene esista un problema matematico il cui risultato rivela che morì alla veneranda età di ottantaquattro anni, e sebbene le ricer¬ che di alcuni prestigiosi accademici abbiano concluso che visse nel in secolo d.C., purtroppo non si conosce con esattezza il suo anno di nascita, né la data della sua morte. Secondo alcune opere, sembra sia venuto al mondo tra il 200 e il 217 d.C. e che sia morto verso il 284-298 d.C., ma non vi sono certezze al riguardo. In realtà, lo storico francese Paul Tannery (1843-1904), forse il maggiore studioso dell’opera di Diofanto, afferma che, sostanzialmente, non esiste alcuna certezza sulla sua vita. Nonostante questa lacuna storiografica, che rende molto difficile tracciare una biografia completa, si conosce un dato fondamentale della vita di Diofanto: che i suoi giorni trascorsero nella città egiziana di Alessandria, la grande capitale del pensiero scientifico ellenico. Tra il ni e il n se¬ colo a.C., nel Museo di Alessandria lavorarono personaggi illustri come Euclide, Apollonio di Perga ed Eratostene. Successivamente, l’istituzione accolse, tra il i e il ni secolo d.C., scienziati del calibro di Erone di Alessandria, Claudio Tolomeo e lo stesso Diofanto. L’informazione che Diofanto sia vissuto fino a ottantaquattro anni si può ricavare da un curioso epitaffio, cioè un’iscrizione se¬ polcrale con fini descrittivi o di lode al defunto. Tale epitaffio fu SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 17
scritto in forma di problema matematico ed è presente nell’opera Antologia Palatina. Come si vedrà più avanti, la sua soluzione per¬ mette di verificare questioni davvero sorprendenti, come per esempio a quale età gli spuntò la barba, quando si sposò e se ebbe figli. Quanto al dato che sia vissuto nel m secolo d.C., si trova una conferma nelle ricerche del già citato Paul Tannery, che si concentrò sul problema 30 del Libro V delVAritmetica. Questo problema, che fornisce dati su una questione classica e che ancora oggi è di grande interesse (il prezzo del vino e la sua qualità), suggerì allo storico francese una ipotesi: se i dati di quell’enunciato erano reali, si deve ritenere che Diofanto sia vissuto intorno alla seconda metà del m secolo d.C., e che pertanto fu contemporaneo di Pappo di Alessandria, autore di una preziosa raccolta, la Collezione matematica, e che inoltre sia vissuto un secolo prima di Teone di Alessandria e di sua figlia Ipazia. Come mi segnalasti, rispettato Dionisio, il tuo interesse per imparare a risolvere i problemi che si possono porre a proposito dei numeri mi ha suggerito di scrivere una guida metodica che ti serva a tale scopo, a partire, come mi chiedi, dai principi più basilari che rappresentano la natura essenziale dei numeri e la loro potenzialità. — Diofanto. Sebbene esistano pochi elementi per delimitare le date in cui si svolse la vita di Diofanto, due fonti storiche circoscrivono la sua esistenza a un arco temporale di cinquecento anni. Questa delimi¬ tazione fa riferimento, da una parte, a un’opera che viene attribuita a Diofanto, Numeri poligonali, dove viene citato un matematico che visse nel m secolo d.C., Ipsicle di Alessandria; e dall’altra parte al fatto che Teone di Alessandria, già nel iv secolo d.C., abbia citato Diofanto all’interno di un suo commento all 'Almagesto di Claudio Tolomeo. Questa congiunzione situa Diofanto nel m secolo d.C., proprio come dedusse Paul Tannery. Si deve accettare, dunque, che Diofanto visse in questo secolo e che la sua opera è stretta- mente legata al Museo di Alessandria. 18 SULLE ORME DI DIOFANTO' LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
ALESSANDRIA, CAPITALE DEL SAPERE Alessandria, situata nel delta del fiume Nilo, nel nord dell’Egitto, fu un’enclave ellenica in Africa, fondata nel 331 a.C. dal conquistatore macedone Alessandro Magno (356-323 a.C.), da cui proviene il suo toponimo. Successivamente, nel 46 a.C., cadde nelle mani di un altro grande conquistatore, Giulio Cesare (100-44 a.C.), che la fece entrare nell’orbita romana. Oggi è la seconda città più importante dell’Egitto, dopo II Cairo, e ospita il principale porto del Paese. Tuttavia, la sua fama e la sua reputazione risalgono all’Antichità, quando si erse a capitale dell’ambiente ellenico e, per estensione, a principale centro culturale del mondo. Il prestigio di Alessandria derivò dallo straordinario patrimonio del suo celebre museo e della sua biblioteca, così come dal grande numero di eruditi e scienziati che ospitò per numerosi secoli. Gli sforzi dell’élite intellettuale alessandrina diedero come frutto lo sviluppo di conoscenze molto specializzate e avanzate in diversi rami della scienza: astronomia, geografìa, matematica, fisica, ingegneria, medicina ecc. Questo fe¬ nomeno si verificò anche in altre città di influenza ellenistica, ma in maniera molto più limitata. Alessandria era attraversata da viali di 30 metri di larghezza, e nel suo porto si innalzava un gigantesco faro, che con un’altez¬ za stimata tra i 115 e i 150 metri fu una delle sette meraviglie del mondo antico. Precisamente, la parola «faro» proviene dal latino pharus, toponimo dell’isola di Pharo o Faro, situata nella baia di Alessandria. Lì si ergeva la torre costruita tra il 300 e il 280 a.C. da Sostrato di Cnido, uno dei discepoli di Euclide, e sulla cui cima era tenuto costantemente acceso un falò visibile a 55 chilometri, quale riferimento per annunciare ai marinai che si stavano avvicinando al porto. Vale la pena soffermarsi un po’ sulla descrizione del faro, poiché rappresentò un modello di costruzione per la sua struttura e i suoi elementi geometrici. Su una base quadrangolare, si ergeva la snella torre ortogonale di circa 100 metri di altezza, in cima alla quale era posta la sorgente di luce. La torre era divisa in tre cor¬ pi: il primo era un tronco di piramide, su cui si ergeva un prisma ottagonale; su di esso poggiava un cilindro di altezza sempre più piccola, e nella parte superiore, sostenuto da otto colonne, un cono SULLE ORME DI DIOFANTO' LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 19
che finiva la costruzione. Sfortunatamente, un terremoto distrusse i resti del faro nel 1373 e le sue rovine sono state cercate invano. Fu, senza dubbio, una delle maggiori produzioni tecniche dell’An¬ tichità, e un altro dei grandi motivi di orgoglio di Alessandria. Sul piano culturale, la caduta della Grecia nelle mani del re Fi¬ lippo II di Macedonia (382-336 aC.) fu di ostacolo a che la creatività dei Greci venisse sviluppata sul suo territorio, il che spiega come il campo della ricerca si spostasse in Egitto alla fine del iv secolo a.C. In questo senso si deve sottolineare la ricerca matematica, un campo nel quale i contributi ellenici furono immensi. Come si sa, Filippo II fu il padre di Alessandro Magno, che oltre alla fon¬ dazione di Alessandria promosse anche la creazione del museo, un antecedente della moderna università. Nonostante la sua breve vita, Alessandro Magno, al quale nella sua gioventù aveva fatto da tutore Aristotele, non esitò a promuovere il rispetto per altre culture, mentre proponeva la propria cultura ellenica. In realtà, e senza esagerare, si può affermare che il Museo di Alessandria fu il primo centro scientifico e umanistico della storia. L’impronta civilizzatrice di Alessandro Magno e il suo sforzo intercultura¬ le si percepisce anche nella cosiddetta Scuola di Alessandria o scuola neoplatonica di Alessandria, una corrente di pensiero che sarebbe stata sostenuta durante il m secolo d.C. dal filosofo ales¬ sandrino Ammonio Sacca (175-242 d.C.), e che ebbe contributi da una serie di personaggi del mondo intellettuale. Questi pensatori, fino alla fine del v secolo d.C., cercarono di fondere la filosofia greca con quella orientale. Oltre alla maestosità del suo faro e al prestigio del suo mu¬ seo, l’enclave più famosa di Alessandria fu, senza dubbio, la sua splendida biblioteca, che era annessa al museo. Questo bastione del sapere fu fondato da Tolomeo I Sotere (367-283 a.C.), uno dei generali (o Diadochi) di Alessandro Magno e il fondatore della dinastia tolemaica (o lagide). La biblioteca era composta da dieci sale di studio, ognuna di esse dedicata a una differente discipli¬ na. Un gran numero di poeti e filosofi, che superò il centinaio nel periodo di massimo splendore, si occupò del suo mantenimento con una dedizione assoluta. La Biblioteca di Alessandria custodi¬ va una enorme quantità di rotoli - come erano denominati i libri 20 SULLE ORME DI DIOFANTO. LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
LA NUOVA BIBLIOTECA ALESSANDRINA La nuova Biblioteca Alessandrina è stata inaugurata il 16 ottobre 2002 ad Alessandria, con il patrocinio dell’ünesco e un proposito molto ambizioso: ricordare la leggendaria biblioteca originale. A tal fine, sono stati dati i mezzi necessari affinché possa operare come un gigantesco tempio moderno del sapere. Così, occupa un’area di 85.000 m2 e custodisce un patrimonio di 8 milioni di libri, circa 100.000 manoscritti antichi e circa 10.000 libri molto rari, oltre a una grande quantità di materiale su supporto elettronico e audiovisivo e molti database. Oggi la nuova Biblio¬ teca Alessandrina ospita un centro per conferenze, un museo delle scienze, un pla¬ netario, un centro di studi e il Centro di Calligrafia. Il rivestimento esterno della nuova Biblioteca Alessandrina rimanda al disco solare che il dio Ra porta in testa. all’epoca - dal valore incalcolabile, un patrimonio che gli storici stimano in circa 900.000 esemplari. Fu la più grande biblioteca della storia, superiore anche a quella di Pergamo, in Asia Minore, della quale si racconta che conservasse 500.000 rotoli all’epoca di Giulio Cesare. Bisogna citare una pratica che contribuì in ma¬ niera considerevole alla crescita dei volumi della Biblioteca di Alessandria: la confisca di rotoli dai vascelli visitatori. Quando su una nave che entrava in porto veniva individuato qualche testo, veniva copiato e aggiunto alla biblioteca; fatto questo, l’originale veniva restituito al suo proprietario. La biblioteca ricevette un primo duro colpo nel 272 d.C., anno in cui l’imperatore romano Aureliano fece incendiare e saccheggia¬ re la città nel corso della sua campagna contro la regina Zenobia SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 21
di Paimira. Successivamente, l’attività della biblioteca risentì ne¬ gativamente della proclamazione del cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero romano (380 d.C.) e delle rivolte antipagane della fine del iv secolo d.C. e degli inizi del v secolo d.C. I cristiani, perseguitati da lungo tempo, misero in discussione il sapere che non proveniva dalle Sacre Scritture. Convenientemente aizzati da personalità ecclesiastiche, alcuni fanatici si diedero ai tumulti, fino a quando le autorità imposero la convivenza. Questa disposizione facilitò il fatto che, alla fine, l’élite intellettuale cristiana si unisse ai lavori della biblioteca, con notevole profitto. Sfortunatamente, la Biblioteca di Alessandria subì la sua distruzione totale nel vii secolo d.C. Sebbene l’istituzione riuscisse a superare le ostilità generate dalle dispute per la successione in epoca bizantina, do¬ vette soccombere alla conquista della città da parte dell’imperatore persiano Cosroe (614 d.C.), e il suo patrimonio fu poi distrutto con l’invasione araba (640 d.C.), che islamizzò definitivamente il Paese. In definitiva, il Museo di Alessandria, con la sua biblioteca an¬ nessa come emblema, operò per secoli come un vero e proprio tempio del sapere e attirò nella città egiziana numerosi intellettuali e scienziati di tutti gli ambiti della conoscenza. Provenivano dal cuore della Grecia, dalle colonie greche e dalle parti più remote del mondo conosciuto, e furono i precursori di Diofanto. I membri del museo erano esenti da imposte e percepivano un salario, purché realizzassero lavori di ricerca e li presentassero tramite esposizioni orali. Tra il 300 e il 100 a.C. le produzioni accademiche sviluppate in questa istituzione, e in particolare quelle che riguardarono la matematica, dimostrarono una qualità eccezionale, al punto che possono essere confrontate solo con le produzioni e lo sviluppo scientifico raggiunti tra il 1600 e il 1850 per opera di giganti come Keplero (Johannes Kepler, 1571-1630), Isaac Newton (1642-1727) e Cari Friedrich Gauss (1777-1855). Il Museo di Alessandria ricevette inestimabili contributi da alcuni degli scienziati più illustri e famosi dell’Antichità. Così, nel iv secolo a.C., fu il turno del matematico e astronomo Eudosso di Cnido e del matematico Euclide. Nel m secolo a.C., il testimone fu raccolto dal fisico, astronomo e matematico Archimede (287-212 a.C. ca.), dall’astronomo Eratostene (276-194 a.C. ca.) e dal geo- 22 SULLE ORME DI DIOFANTO LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
FOTO IN ALTO La fortezza di Qaitbay, sull’isola di Pharo, è stata costruita intorno al 1480 con i resti del faro di Alessandria e occupa lo stesso sito in cui sorgeva. FOTO IN BASSO Rovine del tempio di Amon, nell’oasi di Siwa, dove Alessandro Magno ufficializzò la sua conquista dell’Egitto grazie alla sua designazione a figlio del dio Amon. SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 23
metra Apollonio di Perga (262-190 a.C. ca.). In quanto al n secolo a.C., brillarono di luce propria l’astronomo e geografo Ipparco e l’astronomo, chimico e matematico Claudio Tolomeo (100-170 a.C. ca.). Più tardi, nel i secolo a.C. il museo poté contare sulle abilità matematiche di Erone di Alessandria. Senza sminuire il periodo immediatamente successivo, l’istituzione sperimentò una certa ri¬ nascita nel secolo iv d.C., un secolo che ebbe inizio con il sapere del geometra Pappo di Alessandria e terminò con i lavori del mate¬ matico Teone, padre della filosofa, astronoma e matematica Ipazia (m. 415 d.C.); quest’ultima è di vitale importanza per conoscere l’opera di Diofanto. In definitiva, le produzioni e il lascito intellettuale di questi protagonisti della scienza greca illustrano a chiare lettere il sape¬ re matematico raggiunto nell’Antichità, per cui vale la pena sof¬ fermarsi sui loro contributi. In effetti, tutti loro hanno gettato le fondamenta della matematica moderna. LA NASCITA DELLA GEOMETRIA EUCLIDEA Il primo di questi protagonisti è Eudosso di Cnido, che lavorò con i numeri e arrivò a trattare le quantità continue. In questo senso, la sua teoria della proporzionalità aprì le porte alle sco¬ perte dei matematici rinascimentali italiani del xvi secolo. La tecnica utilizzata da Eudosso, di carattere visuale e intuitivo, è nota come «metodo di esaustione», strumento che Archimede usò meravigliosamente nei suoi lavori e che, inoltre, rappresen¬ tò l’embrione dell’attuale calcolo integrale per calcolare aree e volumi. Questo metodo acquisì ricchezza nel suo rigore e nel formalismo matematico per mano di Isaac Newton (1642-1727) e Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716). Tuttavia, Eudosso ri¬ scosse maggiore fama come astronomo, ideando la sfera celeste, sostenendo un modello cosmologico geocentrico e cercando di comprendere il movimento dei pianeti. Un peso maggiore nella storia lo ebbe un altro dotto ellenico del iv-iii secolo a.C., Euclide, noto come «il padre della geome¬ 24 SULLE ORME DI DIOFANTO. LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
tria». Euclide scrisse, approssimativamente intorno al 300 a.C., un’opera di capitale importanza per la matematica: gli Elementi, un testo il cui contenuto è strettamente teorico, con teoremi e numerose immagini geometriche, ad accompagnare le dimostra¬ zioni dei risultati. Tutto si basa su alcune piccole ipotesi chia¬ mate postulati o assiomi - verità accettate senza giustificazione come base di un ragionamento successivo -, da cui derivano i risultati esposti nel testo. I primi quattro libri degli Elementi sono relativi alla geome¬ tria piana e comprendono le proprietà più elementari di linee e angoli, oltre allo studio di triangoli, uguaglianza di aree e il teore¬ ma di Pitagora - Libro I, proposizione 47 -, che venne introdotto come proprietà di aree. Il quinto libro presenta la teoria delle proporzioni a partire da un punto di vista geometrico, cosa che nel sesto libro viene applicata alla somiglianza di figure piane. Di questo Libro VI bisogna sottolineare che contiene anche un teorema con il primo problema di ottimizzazione che è arrivato fino ad oggi, dove viene proposto il calcolo di una grandezza massima: Data una lunghezza, trovare il rettangolo di area massima il cui perimetro è la lunghezza data. Euclide dimostrò che, di tutti i rettangoli aventi un dato pe¬ rimetro, il quadrato ha area massima. Questo problema avrebbe guadagnato grande popolarità grazie alla matematica italiana Emma Castelnuovo (1913-2014). Da parte loro, i Libri da VII a IX degli Elementi affrontano la teoria dei numeri, principalmente la divisibilità dei numeri interi, la somma delle serie geometriche e alcune proprietà dei numeri primi. Nelle loro pagine vengono introdotti sia il popolare «algoritmo di Euclide» per trovare il massimo comune divisore di un insieme di numeri, sia il teorema di Euclide, relativo all’esistenza di un numero infinito di primi. Più esattamente, l’algoritmo di Euclide sarebbe stato utilizza¬ to molto tempo per la risoluzione delle cosiddette «equazioni diofantee», uno dei contributi per i quali Diofanto si sarebbe guadagnato un posto d’onore nella storia. SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 25
Probabilmente il Libro X degli Elementi è il meno divulga¬ tivo, poiché include una classificazione geometrica dei «numeri irrazionali quadratici». Per non immergerci in spiegazioni, si può riassumere che quando un numero intero positivo non è un qua¬ drato perfetto, la sua radice quadrata viene denominata numero irrazionale quadratico. Per esempio, il 2 non è un quadrato perfet¬ to, per cui si tratta di un numero irrazionale quadratico. ERONE SI IMBATTE NEI NUMERI COMPLESSI La parabola della Biblioteca di Alessandria si prolungò fino a dopo la nascita di Cristo e sopravvisse all’irruzione dell’Impero romano in territorio egiziano nel i secolo d.C., poiché non vi è alcuna base sto¬ riografica solida ad accreditare l’incendio della stessa per mano degli eserciti di Cesare, né la sua attività fu in alcun modo fermata Di fatto, fino al v secolo d.C. accolse diversi personaggi che, per essere stati i precursori dei lavori di Diofanto, per il citarlo a posteriori o, semplice- mente, per aver arricchito il sapere matematico dell’epoca, meritano un trattamento speciale. Si tratta di Erone, Pappo, Teone e Ipazia. Il primo è il poliedrico Erone di Alessandria, che si ritiene sia nato in Egitto e la cui vita personale e accademica si svolse in questa città nel i secolo d.C. Autore di tredici opere su meccani¬ ca, matematica e fisica, inventò diversi strumenti meccanici per uso pratico, tra i quali la macchina a vapore girevole. In ambito matematico emerse nei campi della geometria e della geodesia. Ideò anche un metodo di approssimazione alle radici quadrate e cubiche dei numeri le cui radici non sono numeri interi. Ciono¬ nostante, il suo lavoro più celebre fu il contributo geometrico al calcolo di aree di triangoli in funzione delle misure dei loro lati: la cosiddetta «formula di Erone». Questa permette di calcolare l’area di un triangolo a partire dalla lunghezza dei lati e rappresentò un metodo approssimato per trovare la radice quadrata di un numero che viene ancora oggi utilizzato dai computer. La formula è presente nel primo dei tre libri della Metrica, che insieme alla Meccanica rappresenta il principale lascito di Erone. 26 SULLE ORME DI DIOFANTO' LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
EUCLIDE Si sa ben poco in relazione alla vita di Euclide, al di là del fatto che il matema¬ tico visse tra il iv e il m secolo a.C, durante il regno di Tolomeo I Sotere, e che fondò una scuola ad Alessandria. Probabilmente si formò ad Atene, nella scuo¬ la di Platone. L’importanza del suo lascito si basa su un fatto importante: fu l’autore degli Elementi, l’esemplare completo più antico che si conservi della storia della matematica. In realtà, si tratta del libro più pubblicato dopo la Bibbia, dato che dal 1482 ha superato il migliaio di edizioni, tanto per la ricer¬ ca matematica quanto per fini educativi - prima di questa data, si utilizzava solo per l’insegnamento della matematica -. L’assoluta validità degli Elemen¬ ti di Euclide ha avuto fine nel 1794, quando sono stati sostituiti come opera di riferimento dagli Elementi di geometria di Adrien-Marie Legendre (1752-1833). Questo famoso matematico francese introdusse nella meccanica concetti come la funzione che porta il suo nome e la prima dimostrazione del metodo «dei minimi quadrati» - oltre a essere stato il primo a dedicare un’opera alla teoria dei numeri e a dimostrare la legge della reciprocità quadratica -, per cui il suo riuscire a scalzare l’opera seminale di Euclide risultò indiscutibile. A parte qualche altro testo di importanza minore, Euclide scrisse anche l’opera Dati, che si configura come un insieme di esercizi sulla geometria, oltre a quattro libri sulle sezioni coniche. A ogni modo, la quasi totale assenza di in¬ formazioni e documenti sulla sua vita risulta compensata daM’enorme influen¬ za che gli Elementi avrebbero avuto nei secoli, determinando il sentiero se¬ guito da uno dei rami più belli della matematica: la geometria. * Particolare della Scuola di Atene, di Raffaello, in cui Euclide è intento a tracciare figure geometriche con un compasso. SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 27
Nella Metrica sono presentati i differenti metodi per trovare le aree di triangoli, quadrilateri, poligoni regolari da tre a dodici lati, cerchi ed ellissi, così come il volume di cilindri, coni e sfere; il tutto tramite procedimenti rigorosi e calcoli approssimati. È necessario sottolineare il fatto che Erone incappò nei nu¬ meri complessi, cioè numeri che derivano da radici quadrate di numeri negativi. Una breve classificazione dell’insieme dei numeri e delle loro tipologie - naturali, razionali ecc - ci aiuterà a comprenderli. L’insieme dei numeri «naturali» o «interi positi¬ vi», denotato con N, contiene i numeri 0, 1, 2, 3, 4 ..., senza alcun decimale, mentre i loro opposti sono denominati come «interi negativi» (-1, -2, -3,...). L’unione dei numeri naturali e negativi prende il nome di «interi» e riceve come denotazione Z. Quelli che possono essere espressi in forma di frazioni vengono detti «razionali» - che sono denotati con la lettera Q - , dove quelli «irrazionali», denotati con la lettera I, sono quelli che non pos¬ sono essere scritti in forma di frazione: per esempio, il numero e (2,71 ...) e il numero n (3,14 ...). Infine, l’insieme di tutti que¬ sti numeri prende il nome di «reali», denotato con la lettera R. Lo schema a fondo pagina renderà più chiara la distribuzione dell’insieme dei numeri e le loro tipologie. Infine, si deve far notare che l’equazione 3# = 2 non ha solu¬ zione nell’insieme dei numeri interi, poiché il valore dell’indeter¬ minata x che verifica l’uguaglianza non è un valore intero, ma il numero razionale x - 2/3. Con questo è possibile affermare che ha una soluzione razionale non intera. Reali (R) Razionali (Q) Irrazionali (I) Interi (Z) 1 fi Naturali (N) —0; 1; — ;7Õ Cè 16 Interi negativi -> -1; —— V9 Frazionari -> 5,23; — ; 0,54;—— 2 2 » ji = 3,141592654...; e = 2,718281...; = =1,618033988...; 72=1,414213... 28 SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
Erone documentò la sua esperienza con i numeri complessi in un piccolo testo: Stereometria, nel quale compare l’espressione V81-144. Successivamente, Diofanto, nella sua Aritmetica, si im¬ battè in radici di numeri negativi quando si trattò di calcolare i lati di un triangolo rettangolo di perimetro 12 e area 7. Questo lo portò a dover affrontare l’equazione 6:r2-43:r+84 = 0, nella cui soluzione sono presenti radici di numeri negativi. Giunti a questo punto, si rende necessario mostrare un’applicazione della formula di Erone. Per esempio, consideriamo un triangolo i cui lati misurino a, b, c. La formula di Erone entra in gioco per calcolare l’area di un trian¬ golo nel caso in cui si conosca solo la misura dei suoi lati. In essa, se a, b, c sono le misure dei lati del triangolo, e il semiperimetro, o metà del perimetro, è denotato con s, allora: a + b + c e l’area viene determinata da: A = yfs(s^aXs^bXs^c). Qualsiasi poligono semplice può essere suddiviso in triangoli che hanno al massimo un lato comune o un vertice comune, me¬ diante diagonali che partono da un unico vertice appropriato. Il processo prende il nome di «triangolazione». Questa suddivisione e l’applicazione della formula di Erone per l’area di un triangolo permettono di calcolare l’area della regione piana delimitata dal poligono semplice, semplicemente misurando le lunghezze. In ciò è possibile osservare la rilevanza e l’importanza della formula. Come esempio del calcolo dell’area di un triangolo si può esporre come determinare l’area di un terreno triangolare, i cui lati misurano 70, 60 e 45 metri. In base alla formula di Erone, il semiperimetro è: 70 + 60 + 45 2 = 87,5m. Quindi si applica la formula e si ottiene che l’area è: A = ^87,5 • (87,5 - 70) • (87,5 - 60) • (87,5 - 45) = 1337,78m2. SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 29
Diofanto, da parte sua, costruì un triangolo con una corda sulla quale aveva realizzato dodici nodi equidistanti. I lati misuravano 3, 4 e 5 unità. Il triangolo era rettangolo e soddisfaceva il teorema di Pitagora: 32 + 42 = 52. Essendo un triangolo rettangolo, risulta faci¬ le dimostrare che l’area è di 6 unità. Con la stessa corda cercò di costruire un altro triangolo rettangolo in modo tale che la sua area fosse di 7 unità e la somma dei suoi lati desse come risultato 12. La sua impostazione fu la seguente. Un cateto misura#, l’area sarebbe 7 e l’altro cateto 14/#. Così, per il teorema di Pitagora, si ha che: e operando, ö#2-43#+ 84 = 0, la cui soluzione Diofanto espresse: 43 ±71677-1 12 Diofanto non conosceva alcun numero che elevato al quadrato fosse uguale a -1, per cui mise da parte il problema, che sarebbe stato risolto solo dopo secoli e che è considerato l’embrione dei numeri immaginari. Uno dei primi a riconoscere quanto fosse utile il fatto che i numeri negativi avessero radici quadrate fu il mate¬ matico italiano Rafael Bombelli (1526-1572), che diede inizio alla formalizzazione della teoria dei numeri immaginari o complessi. Alla metà del xvi secolo, un altro matematico italiano, Gerolamo Cardano (1501-1576), si occupò di equazioni con soluzioni che in¬ cludevano radici quadrate di numeri negativi. Per esempio, suggerì che il numero reale 40 può essere espresso: Tuttavia, la somma dei suoi lati doveva essere 12, cioè: # + — + h = 12. # Risolvendo in e sostituendo, si ha: (5+ 7-15)-(5-7^15). 30 SULLE ORME DI DIOFANTO LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
Nel 1777, il matematico svizzero Eulero (Leonhard Euler, 1707- 1783) assegnò alla radice quadrata di -1 la lettera i o unità imma¬ ginaria. In seguito, Gauss diede una interpretazione geometrica dell’unità immaginaria e nel 1799 dimostrò il teorema fondamen¬ tale dell’algebra, che afferma che ogni polinomio con coefficienti complessi ha almeno una soluzione complessa. In questo modo fu possibile aggirare l’ostacolo nel quale si era imbattuto Diofanto, sebbene ciò fosse avvenuto quindici secoli dopo. DA PAPPO DI ALESSANDRIA A IPAZIA Desta sorpresa il fatto che Pappo di Alessandria, che visse nel iv secolo d.C. ed era considerato come uno degli ultimi matematici della scuola alessandrina, non abbia mai citato Diofanto. Oltre ad alcuni commenti agli Elementi di Euclide e alYAlmagesto di Tolo¬ meo, Pappo scrisse un’opera essenziale: la Collezione matematica (340 d.C.). Composta da otto libri, dei quali tuttavia sono andati perduti il primo e parte del secondo, questa raccolta del sapere non solo presenta un panorama storico della matematica classica, ma include anche commenti sui lavori di diversi scienziati (Euclide, Archimede, Apollonio), oltre ad alcune dimostrazioni alternative e nuovi risultati geometrici. Un altro matematico e astronomo greco posteriore a Diofanto, e che neppure da lui fu citato, fu Teone di Alessandria, che visse nel iv secolo d.C. nella città egiziana. Insegnante di matematica e astronomia, fu l’ultimo direttore del Museo di Alessandria. Il suo principale contributo fu di arricchire i lavori di Euclide e Tolomeo. In quanto al primo, realizzò una revisione dell’Ottica e, in partico¬ lare, degli Elementi, in una versione che eliminava le difficoltà e che da allora sarebbe divenuta il punto di riferimento. In questo lavoro, insieme all’edizione moderna, poté conta¬ re sulla collaborazione di un personaggio che risulta essenziale per tracciare una biografia completa di Diofanto: sua figlia, Ipazia di Alessandria. Fu infatti la principale sostenitrice dell’opera di Diofanto nell’Antichità. Non solo diede notizia dell’esistenza dello SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 31
stesso Diofanto, ma scrisse anche interessanti commenti sull’A- ritmetica e trasmise in maniera instancabile i suoi contenuti a numerosi studenti provenienti da tutti gli angoli del mondo. Ipazia approfondì le tecniche matematiche che erano state sviluppate da Diofanto, come le soluzioni dei problemi indeterminati di vari tipi e il simbolismo che questi aveva ideato. I suoi commenti sul trat¬ tato di algebra diofantea con equazioni di primo e secondo grado inclusero alcune soluzioni alternative, cosa che rappresenta una dimostrazione del suo talento matematico. Sebbene diversi accademici abbiano espresso dubbi sul fatto che alcuni problemi siano di paternità esclusiva dello stesso Dio¬ fanto, il celebre storico britannico Thomas Little Heath (1861-1940) non esitò invece ad attribuirli a Ipazia, sebbene dal punto di vista cronologico appartenessero a periodi di tempo differenti. AVVICINARSI ALL’OPERA DI DIOFANTO La carenza di dati biografici su Diofanto è compensata dal fatto che sia giunta fino a noi la parte più fondamentale della sua opera matematica, nella quale dimostrò che utilizzando i numeri era pos¬ sibile dedurre regole esenti da pregiudizi geometrici. In effetti, ri¬ nunciò al numero come misura, come grandezza, mettendo da parte la concettualizzazione pitagorica ed euclidea. Inoltre, ruppe molti dei canoni seguiti da anni dalla scuola di Alessandria, mostrando un concetto di numero che non ubbidiva alla norma ellenica né si inse¬ riva nella cultura esistente, la cui pietra angolare era rappresentata da un’opera di geometria, gli Elementi di Euclide. Con Diofanto, il numero avrebbe adottato il ruolo «deU’indeterminato». Fu lui il primo a prendere in considerazione i numeri razionali - solamente quelli positivi - come numeri autentici, e in tal senso è necessario osservare che il pieno riconoscimento dei numeri razionali, con la loro indipendenza, sarebbe avvenuto solo nel xvn secolo. Gli accademici dell’epoca si mostrarono restii ad accettare il concetto di numero come un’interpretazione simbolica e come un concetto distinto da quello classico. Diofanto non interpretò il 32 SULLE ORME DI DIOFANTO. LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
quadrato e il cubo come oggetti geometrici di aree e volumi, bensì come numeri. In questo modo riuscì a liberarsi dalle limitazioni dimensionali della geometria, dove era possibile moltiplicare solo tre grandezze, dato che tre sono le dimensioni dello spazio. Dio- fanto ammise senza alcun problema prodotti e potenze fino a sei fattori e i loro inversi. Un altro degli aspetti innovativi dell’opera di Diofanto fu l’introduzione della prima notazione simbolica propriamente matematica. La matematica greca non aveva avuto alcun tipo di simbolismo speciale: si trattava di una matematica «retori¬ ca», che usava unicamente il linguaggio verbale. Diofanto reagì contro questa tendenza egemonica e introdusse un simbolismo adattato al calcolo algebrico e molto flessibile. Questa nota¬ zione ricevette il nome di «sincopata», dato che trascriveva il linguaggio verbale in quello simbolico. A dispetto dei suoi indubbi vantaggi algebrici, sarebbe andata perduta subito dopo Diofanto, e neppure la matematica araba l’avrebbe recuperata. Solo durante il Rinascimento, dalla fine del xv secolo fino al xvii secolo, si sarebbe tornati a introdurre la nuova notazione algebrica, che sarebbe culminata nel 1637 grazie a Cartesio (René Descartes, 1596-1650), e che è ancora oggi in uso. In sintesi, l’introduzione del simbolismo, il cui protagonismo relegava il numero in quanto grandezza in secondo piano, fu ne¬ cessaria per la creazione dell’algebra. La questione ci permette di sottolineare che l’algebra nacque in Grecia per mano di Diofanto. Per questo si è soliti attribuirgli il titolo di «padre dell’algebra», nonostante la qualifica formale sarebbe da attribuire al matematico e astronomo arabo Al-Khwarizmi (780-850 ca.), autore di Al-kitab al-mujtasarfi hisab al-jabr wa al-muqabala o Libro concreto del calcolo delValgebra e della muqabala, cioè della restaurazione e dell’opposizione. L’opera, scritta a Baghdad intorno all’825, mo¬ stra la prima formula generale per risolvere equazioni di primo e secondo grado. Il mondo arabo medievale avrebbe conosciuto l’Aritmetica di Diofanto poco dopo. Oggi, il nome di Diofanto è in genere associato alle equazioni indeterminate lineari e non lineari, e alla soluzione delle stesse. Gli scritti disponibili permettono di sapere che Diofanto fu il primo a SULLE ORME DI DIOFANTO' LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 33
usare processi algebrici sistematici per la soluzione di equazioni non lineari indeterminate. Inoltre, fu il primo a introdurre notazio¬ ni algebriche concrete ed estese, che non solo furono un grande progresso rispetto ai suoi predecessori, ma anche ad alcuni suoi successori. «Diofanto non fu, come è stato spesso chiamato, il padre dell’algebra. Ciononostante, la sua sorprendente, sebbene non sistematica, raccolta di problemi indeterminati è un risultato singolare, che non fu del tutto riconosciuto e che sarebbe stato sviluppato molto più tardi in maniera più ampia.» — Kurt Vogel (1888-1985), storico della matematica tedesco. Il ritrovamento del testo dell 'Aritmetica attraverso fonti bi¬ zantine aiutò la rinascita della matematica nell’Europa occidentale e stimolò gli studi di molti matematici. In realtà, segnò un prima e un dopo per quanto riguardava matematica: l’opera di Diofanto, per esempio, inspirò indiscutibilmente Fermat, molti dei cui lavori sono conosciuti attraverso le note da lui realizzate su una copia di questo libro, e anche François Viète (1540-1603), che ebbe Diofan¬ to come riferimento. A livello scientifico, pertanto, era possibile definire Diofanto come l’uomo della transizione, il matematico che riuscì a portare questa scienza dalla geometria all’algebra; o più concretamente, a una maniera assolutamente nuova di costruire l’algebra, che non si basava sulla geometria, come fece Euclide, bensì sull’aritmetica. Si tratta dell’unico matematico greco che non fu un geometra, bensì un aritmetico puro. Parlare di Diofanto è parlare di inno¬ vazione, di un’autentica rivoluzione nel modo di pensare e agire matematicamente. Sebbene si faccia riferimento a Diofanto come a un precursore dell’algebra, in contrapposizione alle idee geome¬ triche che imperavano nell’antica Grecia, fu in realtà più vincolato con l’aritmetica dei Paesi orientali che con quella dei Paesi greci. Inoltre, considerò che il pensiero geometrico era ermetico e fece un totale rinnovo contestuale dei concetti. 34 SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
OPERE CONSERVATE E OPERE PERDUTE Di Diofanto ci sono pervenute solamente due opere: l'Aritmetica e Numeri poligonali. Di entrambe verrà esposto dettagliatamente il contenuto nel corso di queste pagine. Un altro dei suoi lavori, Porismi, è andato irrimediabilmente perduto, e alcuni autori gli attribuiscono la paternità di Preliminari agli elementi geome¬ trici, tradizionalmente attribuita a Erone di Alessandria. Rispetto a Porismi, Diofanto si riferiva all’opera come a una raccolta di lemmi (proprietà), che sono appunto chiamati porismi o pori- smata. Alcuni studiosi ritengono che in realtà si trattasse di una sezione dell'Aritmetica che è andata perduta. Ciononostante, si conoscono tre dei suoi lemmi o proprietà grazie a Diofanto, che li incluse nell'Aritmetica. Uno di essi afferma che la differenza dei cubi di due numeri razionali è uguale alla somma dei cubi di altri due numeri razionali (si deve ricordare che «razionale» significa che può essere espresso nella forma di una frazione). Cioè, dati a e b, con a>b, esistono c ed, tutti positivi e razionali per cui: a3-ft3 = c3 + d3 Per esempio: 203-173= 143 + 73. A titolo di curiosità, bisogna sottolineare il linguaggio utilizza¬ to da Diofanto nelle sue opere, dove parla di «numeri dati» in ma¬ niera generale e utilizza «numeri concreti» nella soluzione, come si osserverà nel capitolo dove vengono presentati i problemi risolti. Inoltre, dove oggi si esprimerebbe (6n+12)/(n2-3), il matematico alessandrino lo dovette scrivere a parole: Un numero per un fattore di sei aumentato di dodici, che viene divi¬ so per la differenza tra il quadrato del numero meno tre. SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 35
UN EPIGRAMMA RIVELATORE L’unica traccia plausibile della vita e della morte di Diofanto si trova aU’intemo delYAntologia Palatina, una raccolta di circa 3.700 poemi greci composti da oltre trecento autori, che riflette la cultura greca dal iv secolo d.C. fino alla fine dell’epoca bizantina, e che ha dato vita a diverse versioni nel corso della storia. L’opera deriva dalla prima antologia scritta in greco che si conosca, nella quale il poeta e filosofo Meleagro di Gadara riunì, nel i secolo a.C., i poemi da lui scritti e quelli di altri quarantasei poeti. L'Antologia Palatina deve il suo nome al ritrovamento, nel 1606, nella biblioteca del Palatina¬ to di Heidelberg (in Germania) di una collezione completa basata sull’edizione definitiva dell’opera, realizzata nel 917 da Costantino Cefala, che fu protopapa (o arciprete) a Costantinopoli. Fino ad allora, si conosceva solo la versione rivista nel 1301 dal monaco greco Massimo Pianude (1260-1330 ca.), pubblicata per la prima volta nel 1494. Il principale contributo di Cefala fu di arricchire l’opera con epigrammi, una serie di componimenti poetici brevi che è caratterizzato da brevità e icasticità, di carat¬ tere encomiastico e dedicatorio, o anche funerario, che vengono solitamente incisi su materiali come la pietra, che si tratti di una statua o di una tomba. In quest’ultimo caso, prendono il nome di «epitaffi» - dal latino epitaphium, che a sua volta deriva dal greco epi, che significa «sopra», e taphos, «tomba» - e descrivono fatti legati all’individuo che giace nella sepoltura. Nel mondo el¬ lenico, gli epitaffi solitamente venivano scritti in versi e, secondo quanto riportato da Platone, dovevano essere brevi per essere certi che venissero letti. Invece, l’epitaffio di Diofanto è lungo e rende omaggio alla sua passione e al suo talento per la matema¬ tica, poiché è stato scritto sotto forma di problema. L’edizione canonica áe\YAntologia Palatina consiste in quin¬ dici libri, dei quali in questo contesto si presta particolare atten¬ zione all’epigramma 24 del Libro XIV, che corrisponde all’epitaffio di Diofanto, così come fu riportato dal grammatico e aritmetico bizantino Metrodoro verso il 500 d.C. L’epigramma è una sfida ma¬ tematica e la sua soluzione offre dati preziosi sulla vita e la morte del matematico alessandrino. Tradotto dal latino il testo recita: 36 SULLE ORME DI DIOFANTO' LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
Passante, questa è la tomba di Diofanto: sarà lui stesso, per mezzo dell’arte aritmetica, a dare la misura della sua vita. La sua fanciullezza fu un sesto della sua vita; durante la dodicesima parte della sua vita la barba coprì le sue guance; dopo un settimo accese la fiaccola nuziale, e dopo cinque anni ebbe un figlio. D fanciullo tanto amato visse solo la metà degli anni del padre. Quattro anni ancora, mitigando il proprio dolore con la scienza dei numeri, visse Diofanto, fino a raggiungere il termine della sua vita. Il lettore può fermare qui la sua lettura e cercare di risolvere il problema da solo, cosa che non comporta una eccessiva difficoltà. A ogni modo, si riporta una tabella con la soluzione dell’enigma esposto, per la quale si utilizza la notazione attuale. Quindi, si de¬ nomina x il totale degli anni vissuti da Diofanto e si mostra la traduzione dal linguaggio verbale a quello algebrico: Linguaggio verbale Linguaggio algebrico Passante, questa è la tomba di Diofanto: sara lui stesso, per mezzo dell’arte aritmetica, a dare la misura della sua vita X La sua fanciullezza fu un sesto della sua vita x/6 Durante la dodicesima parte della sua vita la barba coprì le sue guance x/12 Dopo ancora una settima parte accese la fiaccola nuziale x/7 Dopo cinque anni ebbe un figlio 5 Il fanciullo tanto amato visse solo la metà degli anni del padre x/2 Quattro anni ancora, mitigando il proprio dolore con la scienza dei numeri, visse Diofanto 4 La traduzione dal linguaggio verbale a quello algebrico suggerisce di porre questa equazione di primo grado, la cui soluzione è #=84. x x — + — 6 12 + x r x — + 5 + — 7 2 + 4 = x. Esiste anche un ragionamento più semplice che conduce alla soluzione corretta. Basta pensare che si parla di un dodicesimo del¬ SULLE ORME DI DIOFANTO: LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO 37
la sua età e di un settimo della stessa, per cui questa deve essere un multiplo di 7 e 12, cioè 84. Questa era infatti la sua età, perché altri multipli di 84 vanno ben oltre la vita di un uomo. Certamente, l’epigramma di Diofanto fornisce dati sorprendenti: non solo rivela che morì a ottantaquattro anni, ma anche che fu considerato un bambino fino ai quattordici, che a ventuno gli spuntò la barba, si sposò a trentatré anni ed ebbe un figlio a trentotto, che purtroppo morì quando lui aveva ottant’anni. 38 SULLE ORME DI DIOFANTO LA MATEMATICA NEL MONDO ANTICO
CAPITOLO 2 Un approccio all 'Aritmetica L'Aritmetica di Diofanto è una delle opere matematiche più influenti dell’Antichità. Il suo impatto andò oltre l’epoca classica e costituì un riferimento per diversi secoli. Bachet de Méziriac, Pierre de Fermat ed Eulero, tra gli altri grandi matematici, rimasero affascinati dal sistema di numerazione, dai simboli e dai segni utilizzati da Diofanto, e crearono metodi generali per la soluzione di molti problemi.
L’aritmetica è il più antico ed elementare ramo della matematica, e viene utilizzato in tutto il mondo, sia per portare a termine incomben¬ ze nella vita di tutti i giorni, come contare, oppure per eseguire i più avanzati calcoli scientifici. La sua origine risale all’antica Grecia e ha le sue radici nel termine arithmos, che significa «numero», sebbene lo stesso Diofanto identificasse il vocabolo arithmos come sinonimo di quella che oggi chiamiamo «incognita». L’aritmetica, in sintesi, studia alcune operazioni con i numeri e le loro proprietà elementari; in particolare, quelle che sono note come «le quattro operazioni», cioè, la somma, la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione. A un livello superiore, il concetto di «aritmetica» si usa, nelle sue nume¬ rose varianti, nell’ambito della teoria dei numeri, come avviene per esempio con l’aritmetica modulare. Come ramo della matematica, l’aritmetica dà il titolo a uno dei trattati più importanti della Grecia classica e, senza alcun dubbio, l’opera più importante di Diofanto: VAritmetica. Il contesto storico della sua creazione, come è stato spiegato, fu Alessandria, vero e proprio punto di riferimento intellettuale della conoscenza grazie al fatto di essere un luogo di incontro multiculturale. Il museo e la biblioteca della città egiziana rappresentarono lo spazio favorevole per la nascita della figura del matematico professionista. Fu quindi in questo ambiente privilegiato che Diofanto concepì e plasmò le sue ricerche matematiche, che oltre d\YAritmetica avrebbero UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 41
dato come frutto il testo Numeri poligonali, nel quale presentò il concetto di «numero poligonale» e dimostrò una serie di risultati. Bisogna segnalare che, a differenza dell'Aritmetica, il testo di Nu¬ meri poligonali non è prettamente un libro di esercizi. Secondo gli antichi, Diofanto avrebbe inoltre scritto un libro di Porismi e un trattato relativo alle frazioni conosciuto come Moriastica, che purtroppo è da considerare perduto. L’eredità accademica di Diofanto, presentata in maniera ma¬ gistrale nell'Aritmetica, ebbe una enorme importanza lungo il percorso verso le attuali conoscenze dell’algebra. A grandi linee, questo ramo della matematica studia la combinazione di elementi di strutture astratte mediante numeri, lettere e segni con un dop¬ pio obiettivo: fare riferimento a operazioni aritmetiche multiple e poter essere interpretati come un altro tipo di numeri o quantità per le espressioni che comportano una certa complessità. Senza dubbio, i propulsori dell’algebra trassero un notevole vantaggio dalle conclusioni di Diofanto, sebbene non si tratti dell’unica area di conoscenza nella quale si lavora con le cosiddette «equazioni diofantee», delle quale si parlerà più avanti. L’impostazione numerica che Diofanto applicò alle equazioni può essere considerata come un’eredità pitagorica. In ogni caso, risultò un elemento chiave all’interno dell'Aritmetica, poiché con questo metodo ottenne ciò che sembrava impossibile all’epoca, e perfino molto tempo dopo: fornire una collezione di problemi ri¬ solti senza ricorrere alla rappresentazione geometrica. Con questo, Diofanto uscì dal sentiero tracciato da Euclide, che usava costan¬ temente questo strumento matematico. La rappresentazione geo¬ metrica trae vantaggio dallo studio delle proprietà delle figure sul piano o nello spazio e permette di rappresentare gli elementi con «disegni», in modo tale che gli oggetti matematici risultino «più visuali». A tal fine, utilizza i cosiddetti «sistemi formali», così come nozioni quali «rette», «semirette», «curve» e «punti», tra gli altri elementi suscettibili di essere disegnati. Tuttavia, Diofanto volle superare le limitazioni che erano caratteristiche della geometria e, con una manifesta abilità nel calcolo (e non poca audacia), lo rivoluzionò completamente. I suoi lavori usarono sistematicamen¬ te i simboli per indicare potenze, uguaglianze o numeri negativi, 42 UN APPROCCIO ALL’ARITMETICA
LA DEDICA A DIONISIO Lo storico francese Paul Tannery (1843-1904), un celebre specialista in scienza e tecnica, rea¬ lizzò un’esaustiva analisi dell’Aritmetica, in cui non dimenticò di indagare sull’identità del mi¬ sterioso personaggio al quale è dedicata gran parte della stessa: Dionisio. Questa dedica è presente nel preambolo e fu scritta in questi termini da Diofanto: «Poiché so, molto ono¬ revole Dionisio, che vuoi imparare a risolvere problemi numerici, ho intrapreso il compito di esporre la natura e il potere dei numeri, partendo dai fondamenti sui quali si basano questi problemi. Questo può sembrare, a pri¬ ma vista, molto difficile, perché non è ancora conosciuto in assoluto. I principianti sono in¬ clini a scoraggiarsi facilmente. Ma a te sarà facile capire il tema grazie al tuo entusiasmo e alle mie spiegazioni, poiché il desiderio unito all’insegnamento conduce rapidamente alla conoscenza». La cosa certa è che il nome di Dionisio era abbastanza comune in Grecia, perché così si chiamava il dio della vendemmia e del vino, figlio di Zeus e procuratore dell’estasi rituale. Il culto a questa divinità fu molto diffuso in tutta l'Ellade e, successivamente, tro¬ vò un equivalente nella mitologia romana: Bacco. Ciononostante, Paul Tannery riuscì a superare questa difficoltà e fece indagini sulla premessa che si dovesse trattare di un personaggio importante dell’epoca. Alla fine, le sue conclusioni indicarono che il destinatario dell’opera di Diofanto doveva essere san Dionisio (o Dionigi) di Alessandria (200-265 ca.), uomo di grande cultura convertitosi al cristianesimo, che fu designato vescovo della città verso il 247-248 d.C. e che sopravvisse alle persecuzioni degli imperatori romani Decio e Valeriano. Questa deduzione condusse Tannery a stimare, allo stesso modo, che Diofanto fosse cristiano, come tanti altri greci alessandrini. Va detto che il culto cristiano non fu tollerato nell’Impero romano fino alla proclamazione dell’Editto di Milano, nel 313 d.C., da parte dell’imperatore Costantino I il Grande. Icona bizantina con l’immagine di san Dionisio di Alessandria. cosa che avrebbe esercitato una notevole influenza su numerosi matematici posteriori, come Viète, Cartesio, Fermat ed Eulero. Tutti loro rimasero stregati dall’edizione canonica dell 'Aritmetica realizzata nel 1621 dal matematico francese Claude Gaspard Ba- chet de Méziriac (1581-1638). UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 43
LE VICISSITUDINI DI UN CAPOLAVORO VAritmetica sarebbe rimasta per secoli avvolta nell’oscurità per l’Occidente. Inizialmente, l’opera era composta da tredici libri, dei quali se ne sono conservati solo sei, per un totale di 189 problemi. I rimanenti libri sono andati perduti già in epoca antica, e si ignora 1’esistenza di una qualsiasi traduzione. A linee generali, i sei volumi conservatisi contengono un trattato sulle equazioni e i sistemi di equazioni determinati e indeterminati - con una o diverse soluzioni rispettivamente -, nei quali Diofanto cercò, in maniera sistematica, la soluzione in numeri interi e, in qualche caso, razionali. Si deve sottolineare che non si informò mai sulle idee generali, ma che si accontentava nel trovare soluzioni corrette. Questa preferenza spiega il fatto che non avesse trovato tutte le soluzioni delle equa¬ zioni indeterminate e che si fosse limitato a dare una sola solu¬ zione. La restrizione risulta più comprensibile se si tiene presente che il suo proposito era risolvere un problema, e non un’unica equazione. Il paradosso consiste nel fatto che Diofanto risolveva equazioni durante tale processo. La questione spiega perché YA- ritmetica divenne un grande trattato di algebra, poiché si liberò del peso geometrico stabilito dai suoi predecessori. Sebbene l’edizione più estesa áe\YAritmetica si basi sulla sua versione originale in lingua greca, esiste anche un’edizione araba, di minore diffusione. Databile all’870, rappresentò la prima traduzione conosciuta e commentata del testo di Diofanto e consiste in sette libri, dove sono principalmente trattate le equazioni di secondo grado e cubiche. Si ignora a partire da quale copia greca sia stata realizzata la sua traduzione, e se questa contenesse i tredici libri menzionati da Diofanto. L’autore di questa edizione fu Qusta ben Luqa al-Ba’albakki (820-912). I quattro libri di fonte araba aggiunse¬ ro 101 problemi ai 189 che erano contenuti nei sei libri greci dell’A- ritmetica. Questi, conservati in copie manoscritte, furono trasmessi dagli eruditi bizantini, che li numerarono dall’I al VI. Tuttavia, non sarebbero stati conosciuti in Europa fino alla metà del xv secolo, quando un appassionato cercatore di antichi testi di matematica, 10 scienziato tedesco Johann Müller Regiomontano (1436-1476), 11 localizzò a Venezia, nel 1464. Un altro erudito tedesco, Joachim 44 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
Liebhard o Joachim Camerarius (1500-1574), nel 1556 diede una notizia sensazionale: 1’esistenza in Vaticano di un manoscritto di Diofanto. A dispetto di questi ritrovamenti, l'Aritmetica sarebbe stata tradotta in latino solo nel 1570, grazie al matematico italiano Rafael Bombelli (1526-1572). Questi decise di pubblicarla in cinque volumi, ma videro la luce solo i primi tre, sotto il titolo di L’Algebra, opera di Rafael Bombelli da Bologna, divisa in tre libri con la quale ciascuno da sé potrà venire in perfetta cognitione della teoria dell’Aritmetica (1572). «Nessuno ha ancora tradotto dal greco al latino i tredici libri di Diofanto, nei quali giace nascosto il fior fiore della matematica.» — Johann Müller Regiomontano. Maggiore fortuna ebbe la traduzione latina del filologo tedesco Guilielmus Xylander (1532-1576), realizzata nel 1575 a partire da alcuni manoscritti dell’Università di Wittenberg. L’edizione, che poteva vantare l’aggiunta di un frammento del manoscritto di Dio¬ fanto sui numeri poligonali, attirò l’attenzione verso la teoria dei numeri. Nel 1577 apparve un’altra opera in latino, De arte magna seu de occulta parte numerorum quae et algebra et almucabala vulgo dicitur (1577), del matematico francese Guillaume Gosselin (m. 1590), che divulgò i metodi di Diofanto e fece conoscere l’opera di Xylander. Nel 1625, il matematico francese Albert Girard (1595- 1632) pubblicò parte dei volumi quinto e sesto in lingua francese. A ogni modo, è necessario insistere sul fatto che l’edizione più completa dell’Aritmetica è quella di Bachet de Méziriac, la cui ver¬ sione commentata contiene, oltre al testo greco e alla corrispon¬ dente traduzione latina, diversi contributi di grande interesse, come alcune traduzioni dall’Antologia Palatina. Si dà il caso che Pierre de Fermat possedeva una copia di questa traduzione e che fece alcune annotazioni ai suoi margini; tra esse, e senza alcuna dimostrazione, vi è anche il celebre ultimo teorema di Fermat. Nel 1642, Bachet de Méziriac pubblicò una versione più estesa dell ’Aritmetica e incluse anche trucchi e curiosità aritmetiche. L’influenza di Diofanto sui suoi UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 45
lavori era di lunga data, perché Fermat già aveva pubblicato un’opera considerata come il primo testo di matematica «ricreativa»: Problemi piacevoli e deliziosi che si possono porre con i numeri (1612). Il libro contiene un problema classico, di chiara ispirazione diofantea, il cui enunciato affermava: «Un mercante aveva un peso di 40 chi¬ logrammi che cadde a terra e si ruppe, dividendosi in quattro parti disuguali. Portò questi pezzi a una bilancia e dimostrò che ognuno aveva un peso equivalente a un numero intero di chilogrammi. Os¬ servò che con essi poteva pesare oggetti il cui peso fosse un numero intero qualsiasi di chilogrammi tra 1 e 40. Quanti chilogrammi pesano ognuno di essi?». Bachet de Méziriac diede come soluzione 1,3, 9 e 27, rispettivamente. Si noti che queste cifre sono potenze di 3 e danno come somma 40. Infine, si deve segnalare la brillante edizione delle opere di Diofanto realizzata da Paul Tannery nel 1885. VARITMETICA: SEI LIBRI E 189 PROBLEMI L'Aritmetica non è un testo di teoria, bensì una raccolta di pro¬ blemi che ammettono una o molteplici soluzioni razionali, e dove vengono sempre risolti casi particolari. Talvolta, vengono incluse anche le condizioni affinché si possano avere le soluzioni, cosa che ricorda l’attuale teoria dei numeri. La struttura dell’opera è semplice, perché le definizioni, i problemi e le proposte si diffe¬ renziano chiaramente. L'Aritmetica non si divide in un insieme di articoli o riflessioni, e non è stata neppure scritte secondo il metodo degli Elementi, con definizioni e assiomi iniziali per dimostrare le proposte posteriori. Si tratta, semplicemente, di una raccolta di 189 problemi senza un criterio o un ordine appa¬ rente, suddivisi in sei libri. Ognuno di essi è accompagnato dalla sua soluzione e in alcuni casi ne viene presentata più di una, suggellando il fatto che non sia strettamente un’opera teorica. Tutti gli enunciati dei problemi sono scritti in maniera ge¬ nerale, cioè senza specificare un valore concreto per i numeri. Perciò, vi sono molte espressioni del tipo «dati due numeri», «se due quadrati» ecc. Un esempio di quanto detto è l’enunciato del 46 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
IL PROBLEMA DEL VINO Vi è un solo enunciato con numeri concreti in tutta VAritmetica. Si tratta del problema 30 del Libro V, che esprime quanto segue nella sua tradu¬ zione letterale: «Una persona si imbar¬ cò con i suoi domestici, affinché po¬ tessero essergli utili. Mescolò alcune misure di vino, alcune da 8 dracme e altre da 5, e pagò per tutto un nume¬ ro quadrato che, aumentato nel nu¬ mero di unità che ti saranno indicate, 60, farà sì che si ottenga un altro qua¬ drato la cui radice è il numero totale delle misure. Verifica quante vi erano da 8 e quante da 5 dracme». Questo problema, contestualizzato nella vita quotidiana dell’epoca, fu preso come riferimento da Paul Tannery per situa¬ re cronologicamente Diofanto, poiché faceva riferimento a prezzi di vini di bassa qualità e al periodo del mondo greco-romano durante il quale furono in vigore. Infine, Diofanto pose il n2 + 60 = (x+y)2, e diede come soluzioni Statua romana in marmo raffigurante Dionisio come incarnazione antropomorfa del vino, databile al 150-200 d.C. problema come 8x + 5y-n2, con x = 59/12 e y= 79/12. problema quattordicesimo del Libro II, che chiede di «scomporre un numero dato in due parti e trovare un quadrato che aggiunto a ognuna di queste due parti formi un quadrato». L’unica eccezione è costituita dal problema 30 del Libro V in greco, perché include numeri concreti. Si tratta proprio del problema del prezzo del vino che fornì l’indizio a Paul Tannery per situare cronologica¬ mente Diofanto. VAritmetica è, pertanto, una raccolta di sfide che ispirò numerose indagini durante i secoli. Per esempio, François Viète, uno dei pionieri dell’algebra attuale, si ispirò a lei per scrivere In artem analycitem isagoge (1591). Come lui stesso commen¬ tò nel primo capitolo di quest’opera, non esitò a introdurre nel UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 47
testo un sistema di notazione che, nello stile di Diofanto, usava lettere nelle formule algebriche. Viète non solo fu uno dei primi a rappresentare i parametri di un’equazione mediante lettere, ma stabilì anche regole per l’estrazione di radici e strutturò la trigonometria così come la si conosce ancora oggi. Nessuno mette in discussione, pertanto, l’originalità dell’A- ritmetica nel risolvere problemi e la sua influenza sulla ricerca posteriore di nuovi rami della matematica. Uno dei risultati più rappresentativi di questa «ispirazione» fu l’ultimo teorema di Fermat, sostanzialmente la scomposizione di un quadrato come somma di due quadrati. Si sa che Diofanto cercò soluzioni razionali positive di quelle che in seguito sarebbero state chiamate «equazioni diofantee», e non esclusivamente intere. In realtà, fu Fermat colui che real¬ mente iniziò lo studio delle soluzioni esclusivamente intere di queste equazioni. Inoltre, Diofanto arrivò a conoscere metodi generali per trovare soluzioni razionali di queste equazioni, date una o varie soluzioni iniziali. Per tutto questo, non deve mera¬ vigliare il fatto che, spesso, VAritmetica è considerata un testo esclusivamente di algebra. UN APPUNTO SULLE EQUAZIONI DIOFANTEE E LA NOTAZIONE PROPRIA Prima di proseguire, si rende necessario un breve appunto su che cosa siano le equazioni diofantee e quale notazione utilizzò Diofanto nella sua opera. In onore di Diofanto, le equazioni con coefficienti interi le cui soluzioni sono anch’esse intere vengono chiamate equazioni diofantee e, talvolta, «diofantine», voce però in disuso. Una equazione diofantea è un’equazione algebrica - per esempio, 3xy2-2y + x = 5 - nella quale compaiono diverse variabili le cui soluzioni sono numeri interi. Cioè risolvere un’equazione diofantea consiste nel determinare quali numeri interi la compiono. Diofanto si dedicò, tra gli altri temi, allo studio di queste equazioni, e ammise perfino soluzioni razionali per alcuni casi. In questo sen- 48 UN APPROCCIO ALL’ARITMETICA
so, sono di particolare interesse le equazioni lineari - cioè di grado 1 - di due variabili -xey- che hanno coefficienti interi. Risolvere un’equazione diofantea significa trovare i valori delle variabili che verificano l’equazione. Un esempio sarebbe trovare le soluzioni di: 3(Xr+ Ì2y= 1.200. Un paio di valori interi che verificano l’equazione lineare dell’esempio sono x = 24 e y = 40. Nel prossimo capitolo verranno illustrati diversi tipi di equazioni diofantee e alcuni algoritmi di risoluzione, che ci aiuteranno a comprenderle. Dopo la dedica a Dionisio, Y Aritmetica inizia introducendo alcune definizioni che oggi risultano in realtà abbastanza ovvie: quadrati, cubi, incognite, costanti, frazioni, moltiplicazioni, equa¬ zioni ecc. A tale scopo utilizzò una notazione propria che non cor¬ risponde a quella attuale. Nella prefazione del libro, per esempio, appare sotto il titolo di «definizione I» un appunto su quadrati, cubi e termini affini. Così, i quadrati - in greco, Texpaycbvcov - sono il risultato della moltiplicazione di un numero, che denomina «lato» - jiXeupá - del quadrato, per se stesso. Scritto secondo i termini odierni, se si chiama a il lato, il suo quadrato è a • a = a2. Questo viene esteso ai casi seguenti: — I cubi o KÚßcov, risultanti dal moltiplicare i quadrati con il loro lato corrispondente, cioè a2 • a = a3. — I quadrati-quadrati o òuvapoòuvápecov, risultanti dal mol¬ tiplicare i quadrati per se stessi, a2 • a2 = a4. — I quadrato-cubi o òuvapoKÚßcov, derivanti dal moltiplicare un quadrato per il cubo dello stesso lato del quadrato, cioè a2 • a3 = a5. — I cubo-cubi o KußoKÚßcov, prodotti di cubi moltiplicati per se stessi, cioè a3 • a3 = a6. Diofanto non disponeva di una notazione speciale per questi numeri. Per esempio, il quadrato di 5 oggi si scrive come 52. Tut¬ tavia, Diofanto affermava che 25 era un numero quadrato, ovvero scriveva che il quadrato era 25 e il suo lato era 5. UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 49
Il matematico alessandrino ricorse a enunciati generali e astratti nell’Aritmetica, ma al momento di effettuare i calcoli per risolvere i problemi usò numeri concreti, abilmente scelti. Nono¬ stante tutto, la strada che seguì fu rigorosamente scientifica. In questo senso, può risultare un esercizio interessante per il lettore trovare la generalità negli enunciati di Diofanto, usando le solu¬ zioni numeriche da lui proposte. UN CONTENUTO BRILLANTE E ISPIRATORE Il Libro I dell'Aritmetica è composto da 25 problemi di equazioni di primo grado (21 determinati e quattro indeterminati) e da 14 di equazioni di secondo grado (13 determinati e uno indeterminati). I problemi indeterminati sono quelli che possiedono molte solu¬ zioni, mentre quelli determinati sono quelli che hanno un’unica soluzione. Diofanto si occupò in questa fase iniziale di spiegare i principi di base dei numeri, degli arithmos (numeri incogniti) e di alcune delle loro potenze (sia dei numeri sia degli arithmos). Descrisse anche il modo di sommare, sottrarre, moltiplicare e divi¬ dere i numeri che aveva definito, e spiegò come si doveva operare con numeri della forma x" e con frazioni, includendo quelle il cui numeratore è 1 e il denominatore è un numero del tipo xn. «Accade che i problemi aritmetici, nella loro maggior parte, abbiano a che fare con addizione, sottrazione, moltiplicazione o divisione di numeri di questi tipi, tra loro stessi oppure tra qualsiasi di essi e i lati di qualunque altro di essi. Tali sono i problemi che si potranno risolvere percorrendo la via che mostreremo.» — Diofanto. Solitamente, Diofanto ricorreva a numeri concreti e nella ri¬ soluzione ragionava con casi particolari. Per esempio, suggerì di scomporre il numero 5 in due numeri interi che, sommati, davano 50 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
il numero 5, e che, sottratti, davano 1. In questo caso, il lettore può dimostrare che i numeri sono 3 e 2. Se vengono sommati, si ottiene il 5, mentre se si sottrae il 3 dal 2, si ottiene 1. Secondo il linguag¬ gio algebrico attuale verrebbe esposto come un sistema semplice di equazioni lineari. Così, se due numeri cercati fossero denotati come x e y, basterebbe esporre: x + y = 5 e x-y - 1. Da parte sua, il Libro II è composto da 35 problemi, dei quali 30 sono indeterminati. Tra essi si distingue il problema ottavo, che avrebbe sedotto Fermat tramite questo enunciato: II. 8. Scomporre un quadrato in due quadrati. n Libro n è conosciuto attraverso diversi aneddoti che hanno per protagonista Fermat, che saranno esposti più avanti, e attraverso il problema ottavo, che diede origine all’ultimo teorema di Fermat, di grande risonanza nella storia della matematica Quanto al Libro III, comprende 21 problemi, tra cui attira l’at¬ tenzione il numero III. 19, per la cui soluzione Diofanto ricorse alla geometria. Il suo enunciato è il seguente: III. 19. Trovare quattro numeri tali per cui il quadrato della somma dei quattro, aumentato o diminuito in ciascuno di essi, formi un quadrato. Maggiore importanza acquisisce il Libro IV, che raccoglie 40 problemi, in gran parte sui cubi. Quasi tutti includono potenze di tre nei loro calcoli e fanno riferimento ai cosiddetti «numeri cubici». Poiché i Greci ignoravano la formula per risolvere un’e¬ quazione cubica, l’abilità e i sistemi di Diofanto condussero alla soluzione di alcuni casi particolari. Nell’introduzione del Libro IV sono presenti i metodi di «restau¬ razione» e «riduzione» per risolvere problemi. Per restaurazione si intende un metodo utilizzato per la soluzione di equazioni che con¬ siste, secondo i termini attuali, nel sommare a entrambi i membri UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 51
dell’uguaglianza quello che si sta sottraendo, e per riduzione invece l’azione di eliminare i termini uguali in entrambi i membri dell’ugua¬ glianza Questi metodi ricordano quelli che sarebbero stati utilizzati da Al-Khwarizmi, che li chiamò al-jábr (sommare a entrambi i lati di una equazione una medesima espressione) e al-muqabala (eliminare quello che appare uguale in due espressioni equivalenti). Così, il meto¬ do di restaurazione può essere esemplificato nella seguente maniera #-7 = 9, e aggiungendo 7 a entrambi i lati, risulta allora #—7+7 — 9 + 7, # = 16. In quanto alla riduzione o al-muqabala, se si considera: # + 6 = 11, e si «toglie 6», cioè si aggiunge -6 a entrambi i lati, risulta per cui si ha: # + 6-6= 11-6, # = 5. Si osservi che in un certo modo si conosceva lo zero, sebbene non in maniera esplicita, poiché quello che in realtà si faceva era: # + 6=11, e allora cioè: # + 6-6= 11-6, # + 0 = 5. Questi metodi per risolvere i problemi erano già presenti nei libri greci e arabi, ma Diofanto li enunciò di nuovo e li integrò 52 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
con queste parole, nelle quali per «calcolo» si deve intendere la conseguenza della restaurazione e della riduzione, e per «specie» i diversi tipi di potenze dell’incognita. Il calcolo ci conduce a una sola delle specie di cui abbiamo descrit¬ to la moltiplicazione di alcune per altre e la divisione di alcune per altre ancora uguale a un’altra specie; sarà necessario dividerlo tutto per la specie meno elevata di quelle tra entrambi i membri al fine di ottenere una sola specie uguale a un numero. Una situazione di moltiplicazione e divisione «tra specie» vie¬ ne illustrata nel seguente esempio: (3 • a)2 = 9 • a2. Poiché si tratta di un quadrato, la definizione proposta da Dio- fanto sostiene che è il risultato del moltiplicare il lato, cioè (3a) • (3a), da cui risulta un’altra specie, che è 9a2. Nel linguaggio odierno, si combinerebbero potenze di primo grado, moltiplicando per ottenere una potenza di secondo grado. Così, da a3 =7a2 si ottiene a = 7. In questo caso, Diofanto, per giun¬ gere alla soluzione in cui una sola specie è uguale a un numero, realizzò qualcosa di simile all’operazione 3 „ 2 a3 7a2 aJ=7a2 e —r = —5-, a a per concludere infine che a = 7. Pertanto, il matematico alessandrino combinò in questo caso potenze - divisione - di grado superiore a zero per giungere a una espressione di grado zero - un numero-. In quanto al Libro V, di enorme interesse, Diofanto risolse un totale di 30 problemi, 28 dei quali sono relativi a equazioni di secondo e terzo grado. Per esem¬ pio, nei problemi V.28 e V.29 sono presenti equazioni biquadratiche che rimandano a equazioni di secondo grado. Come si è già detto, UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 53
il problema V.30 che tratta del mescolare vini di prezzi differenti, fu l’unico dove incluse numeri concreti. A titolo di curiosità, la versione araba di questo libro varia sensibilmente, poiché plasma come problemi settimo e ottavo esattamente i problemi che figu¬ rano come primo e secondo nel Libro IV in greco. In altri ordini, gli enunciati delle equazioni quadratiche di que¬ sto Libro V espongono problemi come, per esempio, «scrivere 13 come la somma di due quadrati ognuno maggiore di 6». La solu¬ zione che viene data da Diofanto è la seguente: 66049 66564 10201 6 10201' Un altro esercizio consiste nello «scrivere 10 come la somma di tre quadrati maggiori di 3». Diofanto trovò i tre quadrati in: 1745 041 1651225 1658944 505521 ’ 505521 ’ 505521 ' Infine, il Libro VI, e l’ultimo nella versione e greca, propone e risolve 24 problemi sui triangoli rettangoli. Tutti i problemi inclu¬ dono calcoli con cubi. Di essi, dieci cercano di trovare un cubo e un quadrato; otto si propongono di trovare due quadrati; tre, di trovare tre quadrati, e solo in uno si cerca di trovare un cubo. Diofanto realizzò il calcolo di radici quadrate nei problemi VI.3, VI.9 e VI. 10. Il Libro VI avrebbe ispirato al matematico francese Bernard Frénicle de Bessy (1604-1675 ca.) la stesura del Traité des triangles rectangles en nombres, dans lequel plusieurs belles propriétés de ces triangles sont démontrées par de nouveaux principes (1676). Frénicle ebbe un punto di riferimento in Diofan¬ to, la cui opera studiò a fondo prima di concentrarsi sullo studio della teoria dei numeri. Spinto dal suo entusiasmo per YAritme¬ tica, Frénicle propose al suo amico, il matematico e astronomo olandese Christiaan Huygens (1629-1695), di risolvere il seguente sistema di equazioni diofantee: x2 + y2 = z2, v2 = u2 + v2, x-y = u-v. 54 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
La sua complessità era tale che neppure Huygens riuscì a ot¬ tenerla. In realtà, nessuno nel xvii e xvm secolo vi sarebbe riuscito. Bisognò aspettare fino al 1880 per conoscere finalmente la sua soluzione, che fu ottenuta con grande merito dal matematico fran¬ cese Jean-François-Théophile Pépin (1826-1904). Come nota, si deve ricordare che la versione araba dell’Aritme¬ tica annovera un settimo libro, che raccoglie 18 problemi di diversa tipologia. A grandi linee, sono incluse espressioni con potenze di 9, 6, 4, 3, 2 e 1. Per esempio, il problema VII.2 cerca di trovare tre cubi che siano allo stesso tempo dei quadrati, e nel problema VII.5 le incognite sono una potenza di 9, un cubo e un quadrato. Da parte sua, il problema VII.3 chiede di trovare una quarta potenza e un cubo, e in molti altri problemi le quantità sconosciute sono una potenza di 6 - cubo-cubo - insieme a quadrati - potenze di grado 2 - e lati - potenze di grado 1-. Infine, i problemi VII. 17 e VII. 18 chiedono di trovare, in progressione geometrica, tre e quattro qua¬ drati, rispettivamente. In definitiva, i sei libri della fonte greca dell ’Aritmetica forma¬ no una raccolta di 189 problemi e i quattro libri di fonte araba ne propongono altri 101. Ognuno di essi ammette una o più soluzioni, sempre con soluzione positiva e razionale. DIOFANTO E I NUMERI NEGATIVI Il testo dell ’Aritmetica comprende la soluzione di molti problemi che rimandano a equazioni lineari e quadratiche, ma prende in considerazione solo soluzioni positive intere o, al massimo, ra¬ zionali. Diofanto ritenne infatti inutili le equazioni che portavano a soluzioni negative o a radici quadrate irrazionali - un «nume¬ ro irrazionale» è un numero reale che non è razionale, cioè che non può essere scritto come il quoziente di due numeri interi; per esempio, n, e, V2 In questo senso, per Diofanto risultava quindi assurda un’equazione come 4 = 4x + 20, dal momento che portava a una risposta priva di senso. In altre parole, come potrebbe un problema portare a una soluzione di -4? UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 55
Il matematico alessandrino si accontentava di una soluzione intera o, al massimo, razionale. In altri ordini, Diofanto considerò tre tipi di equazioni quadratiche: ax2 + bx = c, ax2 = bx + c, ax2 + c = bx. Oggi si osserva che tutte loro sono equivalenti e costitu¬ iscono un solo caso, mentre per il matematico alessandrino esistevano tre casi. La spiegazione è semplice: Diofanto non aveva alcuna nozione dello zero. Per questo motivo evitò i coef¬ ficienti negativi e considerò i numeri dati a, b, c come tutti po¬ sitivi in ognuno dei tre casi menzionati. Le tre equazioni che propose risultano, così, casi particolari della tradizionale equa¬ zione di secondo grado che, nel linguaggio odierno, ha la forma: Ax2 + Bx+C=0. Tuttavia, esistono molti altri tipi di problemi che furono in¬ vece presi in considerazione da Diofanto e che non conducevano necessariamente a numeri negativi. Come si vedrà più avanti, il matematico alessandrino risolse sistemi di equazioni non lineari. Per esempio, il sistema di equazioni y + z=ì0,yz = 9, per il quale ragionò nel modo seguente. Come prima cosa intro¬ dusse una nuova variabile: x. Quindi, abilmente, definì 2x = y-z. Pertanto, risulta come y + z=10,y-z = 2x, e con questo otteneva, sommando le equazioni, 2 y= 10 + 2x. Cioè si ha y = 5 + x. Quindi, sottraendo, dà z = 5-x. Per cui, riassumendo: 56 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
Q = yz = {ß+x) (ß-x) = 25-of, da dove si ha che e, di conseguenza, 16, x=4, il che porta alla soluzione y = 9, 2=1. Come è possibile osservare nella figura 1, se prendiamo come assi y, z sarà possibile dimostrare che le soluzioni intere sono i punti A(9,l) e B(l,9). FIG 1 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 57
LA GRANDE SFIDA DI FERMAT Il matematico francese Pierre de Fermat, uno dei pionieri del calcolo infinitesimale, arricchì l’opera di Diofanto nell’ambito relativo allo studio dei numeri interi e delle sue proprietà. Il suo principale contributo alla scienza partì, precisamente, dal problema ottavo del Libro II di Diofanto. Si tratta del risultato conosciuto come ultimo teorema di Fermat, che lui stesso an¬ notò ai margini del suo esemplare dell'Aritmetica, nell’edizio¬ ne canonica di Bachet de Méziriac. Lì stabilì, senza dimostrazione alcuna, che non esiste soluzione con numeri interi non nulli - né x = 0, né y = 0, né z = 0 - per l’equazione xn + y" = z" se n è un intero più grande di due. Fermat era solito scrivere le soluzioni ai problemi sul margine dei libri. In realtà, inserì 48 osservazioni nelle traduzioni originali in greco e in latino di Bachet de Méziriac. Sul margine di una pagina del suo esemplare dell'Aritmetica scrisse: È impossibile scrivere un cubo come somma di due cubi o una quarta potenza come somma di due quarte potenze o, in generale, nessun numero che sia una potenza maggiore di due può essere scritto come somma di due potenze dello stesso valore. Ho sco¬ perto una dimostrazione notevole di questo fatto, ma purtroppo questo margine è troppo stretto per contenerla. Il che, traducendo nel linguaggio simbolico, sostiene che non vi sono soluzioni intere per n>2, dove n è un numero naturale, nell’equazione: xìl + yn = zn. Questo teorema, ipotizzato da Fermat nel 1637, non venne divulgato fino al 1670, quando suo figlio Samuel presentò l’edizio¬ ne delle sue opere complete. Inoltre, non poté essere dimostrato per tre secoli, per cui divenne uno dei problemi più popolari della matematica e la sua soluzione è legata al nome di grandi perso¬ naggi di questa scienza. Lo stesso Fermat lo dimostrò per il caso di n = 4 usando il metodo della discesa infinita: se si trovano tre 58 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
valori interi positivi di x, y, z che soddisfino l’equazione, è possibile trovare anche altri numeri interi positivi minori che la soddisfino, arrivando a un assurdo. Nel 1739, Eulero utilizzò lo stesso metodo per dimostrare il caso di n = 3. Quasi un secolo dopo, sarebbero state pubblicate altre solu¬ zioni parziali. Nel 1825 il matematico francese Adrien-Marie Legen¬ dre (1752-1833) e fanalista tedesco Peter Gustav Lejeune Dirichlet (1805-1859) dimostrarono, in maniera indipendente l’uno dall’altro, il caso di n = 5, basandosi su precedenti idee della matematica fran¬ cese Sophie Germain (1776-1831). Sette anni dopo, Dirichlet ebbe di nuovo successo affrontando il caso n = 14. Più tardi, nel 1845, i suoi colleghi Gabriel Lamé (1795-1870) e Victor-Amédée Lebesgue (1791-1875) riuscirono a dimostrarlo per n = 7, ma la questione poi si arenò. A ottenere un notevole progresso in questa sfida fu il tedesco Emst Kummer (1810-1893), con la cosiddetta «teoria dei numeri algebrici». Kummer si servì della radice ennesima dell’unità E = e'Zni/u che permette di scomporre zn-yn in fattori lineari, per scrivere l’equazione di Fermat in questo modo: xn = {z-y) Çz-ey) (.z-èzy)... (z-en-ly), cioè l’ennesima potenza del numero intero x deve essere scompo¬ sta in fattori formati dai numeri interi y e z. Tuttavia, la cosa certa è che si era giunti al xx secolo e nessuno aveva dimostrato interamente l’ultimo teorema di Fermat, cosa che fece sorgere un dubbio: e se la dimostrazione dello stesso Fermat, rimasta sconosciuta perché il margine del libro di Diofanto era «troppo stretto per contenerla», fosse stata sbagliata? Era difficile pensare che un genio come Fermat si fosse sba¬ gliato, ma anche i più grandi matematici, esseri umani in fin dei conti, commettono errori. L’incertezza fece sì che il matematico tedesco Paul Wolfskehl (1856-1906) lasciasse alla sua morte una ricompensa di 100.000 marchi per chi fosse riuscito a dimostrare integralmente l’ultimo teorema di Fermat, oppure adducesse un esempio del fatto che fosse errato. Se il primo compito esigeva profonde conoscenze nella teoria dei numeri, neppure il secondo era facile. UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 59
La frustrazione fu la nota predominante dei tanti matematici che provarono, fallendo, a risolvere il teorema. Questa dispera¬ zione è testimoniata dal commento scritto da uno sconosciuto sul margine di un manoscritto conservato nella Biblioteca Nazionale di Madrid in merito al problema che diede origine all’ultimo teo¬ rema di Fermat: «Che la tua anima, Diofanto, sia con Satana per la difficoltà degli altri teoremi e soprattutto per quella di questo». Nel 1954, con i computer, è stato verificato il teorema per tutti gli esponenti minori di 10.000. Finalmente, il matematico britannico Andrew Wiles (Cambridge, 1953) entusiasmò la comunità matema¬ tica nel 1995 ottenendo «l’impossibile»: dimostrare integralmente l’ultimo teorema di Fermat. Wiles ci riuscì tramite strumenti ma¬ tematici basati sulla teoria dei numeri e sull’aritmetica modulare. Inutile dire che ebbe un grande trionfo e, in più, si aggiudicò la ricompensa offerta 87 anni prima da Paul Wolfskehl. Ebbe così fine una «gara matematica» durata oltre tre secoli. E tutto questo ebbe origine da un problema di Diofanto. Di seguito, per illustrare la soluzione del caso particolare di n=2, si mostrano come esempi i valori x=3, y=4 e z=5, che verificano che: 32 + 42 = 52.- Un’altra tema sarebbe x = 6, y = 8, z = 10, dove si osserva che: 62 + 82= IO2. Queste teme numeriche, che sono soluzioni di oc2 + y2 = z2, sono chiamate «teme pitagoriche» e sono definite come una sequenza di tre numeri naturali x, y, z che verificano che x2 + y2 = z2. Il nome deriva dal teorema di Pitagora, che afferma che in un triangolo ret¬ tangolo con cateti di lunghezza x e y, la cui lunghezza di ipotenusa è indicata da z, si verifica questa equazione. A partire da una tema pitagorica a, b, c-à2 + b2 = c2- anche qualsiasi multiplo di questi lo è. In questo modo, se k è un numero reale, si ha che anche ka, kb, kc forma una tema pitagorica, poiché si verifica (ka)2 + (kb)2 = (kc)2. A titolo di curiosità, non esiste alcuna terna pitagorica i cui tre numeri siano dispari. 60 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
ANDREW WILES Il matematico britannico Andrew John Wiles nacque il 11 di aprile di 1953 a Cambridge (Inghilterra). Lui stesso descrisse la sua passione per il lascito ma¬ tematico di Fermat, e particolarmente per il suo ultimo teorema, con queste parole: «Non c’è un altro problema che possa rappresentare lo stesso per me. Fu l’illusione della mia infanzia. Niente può rimpiazzarlo. L’ho risolto. Cercherò di risolvere altri problemi, ne sono sicuro. Alcuni saranno molto difficili e avrò ancora una volta una sensazione di realizzazione, ma non c’è nessun proble¬ ma matematico che possa attirarmi come lo fece quello di Fermat». Nel 1993, Wiles approfittò di un ciclo di tre conferenze presso l’Istituto Isaac Newton, all’Università di Cambridge, per dare l’annuncio della sua dimostrazione. Tutta¬ via, il titolo delle sue conferenze fu deliberatamente poco specifico. Al termine del primo dei tre giorni di sessioni, si sparse la voce di ciò che avrebbe annunciato. La sua ultima dissertazione trascorse, dun¬ que, in mezzo all’attesa generale. In essa, Wiles non solo spiegò che cosa aveva ot¬ tenuto, ma anche come, per terminare la sua brillante esposizione in maniera molto modesta, propria dei più grandi matemati¬ ci: «E questo dimostra l’ultimo teorema di Fermat. Credo che lo lascerò qui». Quella che seguì fu un’ovazione. Nel 1995, Wiles completò la dimostrazione correggendo una lacuna della stessa. Infine, nel 2016 fu premiato con il premio Abel. Andrew Wiles nel 1995, anno in cui ha dimostrato integralmente l’ultimo teorema di Fermat. IL LINGUAGGIO SINCOPATO DI DIOFANTO Gli storici normalmente fanno riferimento a Diofanto come al pa¬ dre degli algebristi moderni, perché gli è attribuita l’introduzione del calcolo algebrico nella matematica e l’uso sistematico di simboli e caratteri speciali per indicare potenze e uguaglianze. La notazione matematica comprende i simboli e i caratteri usati per scrivere equa¬ zioni matematiche e formule. A livello generale, la notazione mate¬ matica comprende numeri arabi, lettere romane, greche ed ebraiche, UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 61
alfabeti di diverse lingue e di diverse epoche, oltre a una serie di simboli inventati dai vari matematici durante gli ultimi secoli. Lo svi¬ luppo della notazione matematica per l’algebra può essere suddivisa in tre tappe. La prima corrisponde all’algebra retorica, sviluppata in gran parte dai matematici islamici di epoca medievale, dove tutti i calcoli venivano realizzato utilizzando parole, senza includere alcun simbolo, neppure quello delle operazioni, e inoltre i problemi erano particolari e non vi erano metodi generali di risoluzione. La seconda è quella dell’algebra sincopata, utilizzata da Diofanto, dove le ope¬ razioni utilizzate e le quantità erano rappresentate frequentemente da abbreviazioni simboliche. Questa tappa rappresentò la fase di passaggio dal linguaggio verbale a quello simbolico. Infine, l’algebra simbolica, un sistema completo di notazione e sostituzione di tutti i retorici. Usata dai matematici di India ed Europa a partire dalla metà del xvii secolo, oggi è il linguaggio più avanzato dell’algebra ed è caratterizzata dalla proliferazione della simbologia. Diofanto fece un passo fondamentale dall’algebra verbale all’algebra simbolica e, in generale, si può affermare che usò un «linguaggio sincopato». Poi¬ ché in alcune occasioni utilizzò simbologia, e perfino abbreviazioni di parole che divennero simboli, non vi è dubbio che rappresentò la transizione dal linguaggio verbale a quello simbolico. Tuttavia, bisogna puntualizzare che ricorse anche al linguaggio naturale in gran parte della sua opera, allontanandolo quindi dalla concezione più stretta dell’algebra simbolica. Per meglio comprendere ciò, si può esporre un problema espresso con il linguaggio verbale attuale per poi trattarlo secondo l’ottica di Diofanto e dimostrare quindi se utilizzò o meno il linguaggio sincopato. Così, sia 80 il numero che si desidera scomporre in due parti tali per cui la maggiore sia il triplo della minore e la ecceda, inoltre, di 4 unità. Se x rappresenta la parte maggiore e la parte minore è rappresentata con y, allora si avrà: con soluzione x+y = 80, x = 3y + A. Ebbene, per Diofanto il problema avrà la seguente impostazio¬ ne: se la parte minore è un arithmos (una incognita), quella mag- 62 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
giore sarà 3 arithmos più 4 unità. Cioè secondo lo stile di Diofanto una incognita verrà denominata con il simbolo ç. In questo modo, molto simile alla maniera attuale, si avrebbe: con soluzione 2/ = Ç a; = 3ç + 4. Questa combinazione di linguaggio verbale e simbolico in un medesimo problema è ciò che caratterizza il linguaggio sincopato. SIMBOLI NUMERICI Il sistema di simboli per i numeri utilizzato da Diofanto fu quello della numerazione ionica, che utilizzava 24 lettere dell’alfabeto greco classico, insieme alle tre lettere Digamma (6; nell’uso moderno e medievale, il numerale viene tuttavia scritto nella forma grafica di una ç), Qoppa (90) e Sampi (900), per arrivare in questo modo a un totale di 27 lettere. Queste sono illustrate nella seguente tabella. Unità Decine Centinaia a A Alfa 1 1 1 Iota IO P P Rho 100 ß B Beta 2 K K Kappa 20 a 2 Sigma 200 Y r Gamma 3 k A Lambda 30 T T Tau 300 ò A Delta 4 F M Mi 40 V Y Ypsilon 400 8 E Epsilon 5 V N Ni 50 <!> Phi 500 5 F Digamma 6 ? 2 XI 60 X X Chi 600 ç Z Zeta 7 o 0 Omicron 70 V ¥ Psi 700 11 H Età 8 Jl n Pi 80 a» Q Omega 800 Ö 0 Theta 9 h 9 Qoppa 90 > Sampi 900 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 63
Bisogna precisare che le lettere che venivano utilizzate per scrivere testi erano anche utilizzate per rappresentare numeri. Per differenziarle, si scriveva una lettera che rappresentava un numero con una linea orizzontale sopra di essa. In questo modo, ß indicava il numero 2 (ß = 2), ã = 1, y = 3, e così via. Se la scrittura contestuale non induceva a confusione, si ometteva la linea nella parte superiore del carattere per indicare che si trattava di un valore numerico. Queste lettere si dividono in tre classi: — La prima di esse, che è possibile osservare nella prima co¬ lonna della tabella, sono le unità. Rappresentano i numeri dalli al 9, simbolizzati dalle prime otto lettere dell’alfabeto greco classico, insieme alla lettera Digamma, che simbo¬ lizza il numero 6. — La seconda colonna presenta le decine. Rappresentano i numeri dal 10 al 90, simbolizzati dalle successive otto lette¬ re dell’alfabeto greco classico, insieme alla lettera Qoppa, che rappresenta il numero 90. — La terza colonna è quella delle centinaia, dal 100 al 900, rappresentate dalle ultime lettere dell’alfabeto greco clas¬ sico più la lettera Sampi, che rappresenta il numero 900. Il sistema di notazione dei numeri era realizzato con il ricorso all’alfabeto. Così, a era uguale a 1; i era uguale a 10; p era uguale a 100... Se si scriveva pia, in effetti si stava scrivendo il numero 111. La notazione abc significa a + b + c, per cui pia rappresenta: pia = p +1 + a = 100+ 10 + 1 = 111. I numeri dall’11 al 19 erano scritti in base alla seguente tabella: ia n ie 15 Tß 12 LÇ 16 ìy 13 £ 17 iô 14 Tri 18 Te 19 64 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
Questo metodo può essere utilizzato in maniera analoga per le centinaia, e anche per i numeri 1.000, 2.000, 3.000, ..., 9.000. Un buon esempio è stato proposto dallo storico e matematico svizzero Florian Cgjori (1859-1930), che nel suo testo A History of Mathe¬ matical Notations (1928) li ha rappresentati come viene illustrato nella seguente tabella. « ,P ,Y ô ,ç £ *1 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000 9.000 Il numero 10.000 inizialmente è stato denotato da Diofanto con la lettera M - l’iniziale della parola Mopioi, che sta per dieci¬ mila - insieme a una piccola lettera a nella parte superiore. Fece lo stesso con il numero 20.000 con una M e la lettera ß nella parte superiore - si ricordi che ß è il simbolo del 2 - e così di seguito, così come viene mostrato nella seguente tabella. a ß Y ô e la iß xÇö M M M M M M M M 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 110.000 120.000 6.690.000 Si è proceduto nello stesso modo per rappresentare le altre decine di migliaia: per esempio, la lettera M con una piccola lettera Y nella parte superiore è stata inizialmente usata per rappresentare il numero 30.000. In seguito, si utilizzò anche la notazione «a » per indicare 10.000 - la lettera greca con un punto -, «ß » per indicare 20.000, e così via. In questo modo, 20.074 era rappresentato come 20.074 = 2 • 10.000 + 70 +4 = ß • + o + ô = ß • o ô. Un altro esempio della notazione usata da Diofanto sarebbe: a-oa = a- + o + a= l-10.000 + 200 + 1 = 10.201. UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 65
SIMBOLOGIA PER POTENZE La simbologia per potenze è stata un altro contributo importante di Diofanto nel campo della notazione. Sebbene i simboli da lui utilizzati non siano quelli attuali, introdusse novità come l’impiego di un simbolo unico per la variabile sconosciuta. Per questo, nel Libro I dell 'Aritmetica scrisse che «dopo averti spiegato le diverse denominazioni dei numeri, passo a esporre le loro moltiplicazioni. Ti sembreranno facili». Più avanti, Diofanto aggiunse: «in questo modo, il numero mol¬ tiplicato per il numero dà il quadrato». Con questa affermazione ha stabilito che a • a = a2. In maniera simile, proseguì presentando potenze di numeri e affermò: Tu sai che i numeri sono un insieme di unità e che si estendono fino all’inflnito. Tra essi figurano i quadrati, che si ottengono mol¬ tiplicando un numero per se stesso, che si chiama lato del qua¬ drato, e i cubi, che risultano dal moltiplicare i quadrati per i loro lati; quindi vi sono i biquadrati, che sono i prodotti dei quadrati per se stessi; i quadrato-cubi, che si ottengono moltiplicando i quadrati per i cubi aventi lo stesso lato dei quadrati, e, infine, i cubo-cubi, formati dai cubi moltiplicati per se stessi. I commenti riportati da Diofanto possono essere genera¬ lizzati non solo con numeri, ma anche con incognite, cioè le variabili numeriche sconosciute che Diofanto ha chiamato ari- thmos. La simbologia da lui utilizzata nel caso delle potenze di arithmos è riportata in questa tabella. Nome Notazione di Diofanto Notazione attuale Quadrato AY X2 Cubo IO X3 Quadrato-quadrato AY A X4 Quadrato-cubo AIO X5 Cubo-cubo K'K X6 66 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
L’incognita da sola e che non è riportata in maniera individuale nella tabella precedente, cioè Yarithmos, è stata denotata da Dio- fanto con ç. Secondo la notazione odierna, l’incognita è solitamente rappresentata con la lettera x. In base a questo criterio, «Yarithmos moltiplicato per il suo arithmos» sarebbe «Yarithmos al quadrato»; «Yarithmos per il quadrato» equivarrebbe al cubo ecc. Allo stesso modo, tradotto secondo il linguaggio attuale, «l’a- rithmos per il suo arithmos è il suo quadrato» sarebbe x •x=ocz. V«arithmos per il quadrato è il cubo» sarebbe x -a? = x\ Il «qua¬ drato-quadrato», x2-x2 = x4. Il «quadrato-cubo», oc2-x1 = af>. Il «cu¬ bo-cubo», x'-x^x6 ecc. Alla luce di tutto ciò, si osserva che sarebbe possibile stabilire le uguaglianze del tipo ry*2, /y»4 /y*Ò ry*ì ry*') _ X * X ” «A/ j X * X — X y • • • ^ ••• Da ciò è possibile dedurre che Diofanto abbia utilizzato, con la formulazione odierna, il risultato: a" • am = a"+w. In rapporto alla simbologia utilizzata ne\YAritmetica, il ma¬ tematico alessandrino si rivolse nuovamente a Dionisio per fargli sapere, tra le altre questioni, che i numeri sono un insieme di unità; che comprendono i quadrati, i cubi, i biquadrati - quadrato-quadra¬ to -, i quadrato-cubi e i cubo-cubi, e che si estendono all’infinito. Di seguito, spiegò al suo interlocutore quanto segue: Si è convenuto sul fatto che, invece di indicarli in forma abbrevia¬ ta, ciascuno di questi numeri costituisca un elemento della teoria aritmetica, così viene chiamata potenza il quadrato e il suo simbolo distintivo è una A con l’esponente Y, in modo tale che la potenza sia rappresentata come AY. Il simbolo distintivo del cubo è una K con l’indice Y, e viene quindi rappresentato con KY. Quella del biqua¬ drato è AY A. Quella del quadrato-cubo AKY. E quella del cubo-cubo KYK. Il numero che non ha nessuna di queste caratteristiche, ma UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 67
che costituisce un sistema indeterminato di unità, è chiamato ari- thmos, e il suo simbolo distintivo è una ç. Per indicare l’inverso áeWarithmos, Diofanto utilizzò la no¬ menclatura di arithmoston\ per indicare l’inverso del quadrato áeWarithmos utilizzò dunamoston, e così di seguito. Queste ar¬ gomentazioni sono illustrate nella seguente tabella: arithmoston dunamoston cuboston dunamodunamoston dunamocuboston cubocuboston 1/x 1/x2 1/x3 1/x4 1/x5 1/x6 Diofanto affermò inoltre che «ogni numero moltiplicato per una frazione che abbia per denominatore lo stesso numero è l’u¬ nità». Cioè: a• l/a = l. Circa questa espressione, Diofanto affermò che «qualsiasi spe¬ cie moltiplicata per l’unità dà la stessa specie». Da questo com¬ mento e dall’uguaglianza precedente emerge che Diofanto era al corrente del fatto che l’elemento neutro della moltiplicazione era l’unità, cioè: a - ì = a. Allo stesso modo, un’attenta lettura áeWAritmetica rivela inol¬ tre che Diofanto non passò dalla sesta potenza, e che conosceva la seguente proprietà. 11 1 a b ab Inoltre, se espresso con la simbologia attuale, Diofanto in pra¬ tica utilizzò proprietà del tipo: 11 1 11 1 — 2 ’ 2 ~ XXX XXX 68 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
Va segnalato che i matematici greci classici respingevano tutti i prodotti che presentassero più di tre fattori, poiché per loro non avevano alcun significato geometrico. In questo modo, «X al quadrato» veniva interpretato come l’area di un quadrato di lato X; da parte sua, «X al cubo» rappresentava il volume di un cubo la cui lunghezza di ogni di ogni lato era di X unità. No¬ nostante queste limitazioni, Diofanto prese in considerazione potenze maggiori di due. Di seguito sarà illustrato come Diofanto scriveva un problema e la sua soluzione. Si tratta del problema 28 del Libro I dell 'Arit¬ metica, che chiede di trovare due numeri tali per cui la somma dei loro quadrati sia 208 e che sommati tra loro diano 20. L’enunciato di Diofanto è il seguente: 1.28. Trovare due numeri per cui la loro somma e la somma dei loro quadrati siano numeri dati. Simbologia di Diofanto Traduzione K ari 1 numeri sono: 20 e 208 ek0. çãp“T p-’upçä Il numero maggiore e quello minore sono dati da: x + 10; 10-x TEXp. A'ãçKp”p ATp°pi|)Ç K Elevandoli al quadrato si ottiene: x2 + 20x + 100; x2-20x-100 (TÚV0. A'ßp”õ i" p‘’õri Sommandoli e uguagliando il numero maggiore 2x2 + 200 = 208 á<J). AYß i” Sottraendo 2x2 = 8 pep. AYã i° p"5 x2 = 4 çã iH p‘-ß CN II Di conseguenza, i numeri sono x+ 10= 12 e 10-;r = 8. La scrittura, la notazione e la simbologia utilizzate da Diofanto erano già state sviluppate da Archimede nel m secolo a.C. e da Eu- tocio di Ascalona nel vi secolo d.C. A partire dalla simbologia usata, si ritiene che Diofanto sia stato il primo matematico greco a ricono¬ scere le frazioni come numeri, usando diversi modi per presentare una frazione. Ha rappresentato la frazione 1/4 indistintamente in tre UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 69
maniere: ô”, ôT e ôx. Si deve ricordare che ò rappresenta il numero 4. Un altro esempio è la rappresentazione della frazione 1/2 come ßT, poiché ß corrisponde al numero 2. Se il numeratore no era l’unità utilizzata abitualmente, la rappresentazione era del tipo «(numerato¬ re) denominatore». In questo modo, Diofanto rappresentava la frazio¬ ne 15/4 come isô. D’altra parte, non utilizzò nessun simbolo speciale per i numeri negativi, nonostante avesse scritto nella definizione IX del Libro I dell'Aritmetica che «il prodotto di ciò che manca per ciò che manca è positivo, quello di ciò che manca per la cosa positiva è mancante». In altre parole, meno moltiplicato per meno è più, e meno per più è meno. Sebbene non abbia mai specificato tutte le proprietà dei numeri con i quali lavorava, la sua opera mette in evidenza l’uso dell’elemento neutro della moltiplicazione, la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione, le operazioni con potenze di base uguale ed esponente diverso, le operazioni con frazioni e, in maniera implicita, la regola dei segni, tra le altre proprietà. L’INCOGNITO IN UNA ESPRESSIONE Sebbene Diofanto abbia utilizzato il simbolo ç per indicare l’inco¬ gnita, con il passare dei secoli sarebbe stato sostituito da x. Ma perché proprio x? L’uso di lettere quali simboli di numeri risale ad Aristotele, che utilizzava una o due lettere maiuscole per indi¬ care numeri. Successivamente, Leonardo Pisano (1175-1235 ca.), meglio noto come Fibonacci, rappresentò i dati con lettere minu¬ scole nel suo Liber abaci (1202). Nel xvi secolo si ebbero alcuni progressi: Cardano ricorse alle lettere a e b per indicare numeri noti, Xylander utilizzò la lettera N (che stava per numerus) e Viète fu il primo a usare lettere per rappresentare incognite in equazioni algebriche. Infine, il merito di aver introdotto la x per indicare «l’incognita in una espressione» spetta a Cartesio (René Descartes, 1596-1650). Nelle parole di Florian Cajori: L’uso di z, y o x per rappresentare incognite si deve a Cartesio, e in particolare alla sua opera Geometria (1637). Senza spiegazioni, intro- 70 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
FOTO IN ALTO A SINISTRA Nel xvii secolo, Cartesio scelse la x come incognita di una equazione e pose fine all’arithmos, creato molti secoli prima da Diofanto. FOTO IN ALTO A DESTRA Bachet de Méziriac creò i metodi di risoluzione generale dei numerosi problemi áe\VAritmetica. FOTO IN BASSO Monumento a Fermat, pioniere nello studio di soluzioni esclusivamente intere per le equazioni diofantee. UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA 71
duce l’utilizzo delle prime lettere dell’alfabeto per esprimere quantità note e l’utilizzo delle ultime lettere dell’alfabeto per esprimere inco¬ gnite. Per indicare le coordinate utilizza solo xey. Nelle equazioni, nel terzo volume della Geometria, la x ha una maggiore rilevanza. L’utilizzo della lettera x creò un problema alla tipografia che aveva l’incarico di stampare la Geometria e la sua appendice, il Di¬ scorso sul metodo, poiché mentre si stava preparando il testo per la stampa le ultime lettere dell’alfabeto iniziarono a scarseggiare. Lo stampatore chiese quindi a Cartesio se sarebbe stato un problema che x, y o z comparissero indistintamente in ogni equazione del libro, e il filosofo e matematico francese disse che non importava. Lo stampatore scelse la x per la maggior parte delle variabili scono¬ sciute, poiché la y e la z erano maggiormente utilizzate in francese. In merito alla notazione, Cartesio aveva raccolto il simboli¬ smo di Diofanto e lo aveva notevolmente arricchito: la prova è il fatto che la sua notazione è ancora oggi utilizzata. Comunque, il matematico scozzese Eric Tempie Bell (1883-1960), autore di The Development Of Mathematics (1940), ha segnalato che ancora più delle soluzioni algebriche ottenute da Diofanto è il fatto che avesse iniziato a operare tramite simboli, un fatto «ancora più notevole se si pensa che la sua annotazione algebrica, paragona¬ ta con quella attuale o con quella del xvn secolo, quando Cartesio la perfezionò dal punto di vista pratico, era quasi altrettanto complessa della logica greca». Infine, Bell ha sottolineato il me¬ rito di Diofanto con queste parole: L’essere riuscito a ottenere tali risultati con la tecnica disponibile all’epoca ne fa, senza alcun dubbio, uno dei più grandi algebristi. 72 UN APPROCCIO ALL'ARITMETICA
CAPITOLO 3 Equazioni diofantee I matematici alessandrini affrontarono le equazioni lineari indeterminate a partire dal m secolo a.C. Diofanto fu il primo a formalizzarle e a strutturarle, ma i suoi metodi generali di risoluzione avrebbero richiesto il successivo intervento di Pierre de Fermat ed Eulero, tra gli altri. Oggi, le equazioni diofantee sono una delle aree più belle e complesse della matematica.
Prima di addentrarci nei problemi, nelle equazioni e nelle soluzioni presenti nell 'Aritmetica, è necessario soffermarsi su uno dei con¬ tributi matematici che è maggiormente associato al protagonista di questa biografia: le equazioni diofantee. Nel capitolo successivo saranno dettagliatamente descritti gli enunciati, gli sviluppi e le conclusioni dell’opera principale di Diofanto, per cui in questo capitolo saranno trattati solo alcuni casi particolari, per il loro interesse storico e le loro applicazioni nella teoria dei numeri, che è la disciplina incaricata di studiarli. È giunto quindi il momento di addentrarci nelle equazioni diofantee più note, come quella presente nell’ultimo teorema di Fermat. Saranno spiegati anche i diversi metodi di risoluzione dell’equazione lineare a due incognite, e verranno dati alcuni esempi per chiarire meglio l’argomento. Inoltre, verrà dato un riassunto dei concetti che sono utilizzati per risolverli e saran¬ no presentate alcune applicazioni delle equazioni diofantee. Il proposito è di affrontarle con semplicità e con un linguaggio semplice, affinché siano di facile comprensione anche per i let¬ tori meno esperti. A tale proposito, si può partire da una situazione della realtà quotidiana, che richiede di essere risolta mediante una semplice equazione diofantea. Per esempio, l’organizzazione di un evento pubblico all’intemo di un complesso, per cui è necessario siste- EQUAZIONI DIOFANTEE 75
mare in base a determinati criteri una certa quantità di tavoli. Per l’esercizio, avremo che i tavoli hanno tra i 5 e 3 i tre metri di lunghezza. Il vincolo è il fatto che lo spazio in cui andranno inse¬ riti dispone di 240 metri utili, e che i tavoli devono essere l’uno di seguito all’altro. Quanti tavoli di 3 metri e quanti di 5 metri sarà possibile collocare? Il primo passo sarà quello di assegnare le incognite. Se se esprime con x la quantità di tavoli di 3 metri e con y la quantità di tavoli di 5 metri, si ha il rapporto: 3#+52/= 240. Nel linguaggio formale, il modello matematico dell’espressio¬ ne presuppone una equazione diofantea che chiede di trovare valo¬ ri di x e y che soddisfino l’uguaglianza. Un semplice ragionamento ci permette di scrivere: 240 - 3x A interessarci qui sono le soluzioni naturali. In questo modo, se x prendesse il valore l,si avrebbe per y il valore 47,40. Questo risultato non sarebbe soddisfacente, poiché stiamo cercando so¬ luzioni intere positive. Di fatto, con il semplice metodo di «trial- and-error» (o dei tentativi ripetuti), una calcolatrice indicherebbe rapidamente le possibili soluzioni considerando diversi valori na¬ turali di x convenientemente scelti per selezionare i valori natura¬ li di 2/. Un altro metodo di risoluzione sarebbe quello di realizzare la tabella con un programma informatico semplice che verifichi che 3x + 52/ = 240, dove 240 sono i metri disponibili, e scegliere solamente le coppie xey intere positive che confermano l’ugua¬ glianza. In questo caso, i valori di x presi di 5 in 5 che vanno dal 5 fino al 75 soddisfano l’equazione, dando un valore positivo a y. A seconda delle necessità e della tipologia e dimensione dei tavoli, è possibile scegliere diverse combinazioni tra i risultati ottenuti. In questo modo, l’espressione 3x + 5y = 240 è un tipo di equa¬ zione diofantea le cui soluzioni esigono di prendere valori interi o, in maniera più ampia, valori razionali. Tuttavia, qual è il suo metodo di risoluzione generale? La risposta non è semplice. Diofanto ave- 76 EQUAZIONI DIOFANTEE
va già dato alcune soluzioni nel m secolo d.C., ma la teoria delle equazioni diofantee, con il passare del tempo, fu annoverata tra le aree più difficili della matematica. In merito, Gauss affermò che «la matematica è la regina delle scienze, e l’aritmetica è la regina della matematica». ANTECEDENTI IN INDIA Malgrado le equazioni diofantee prendano il proprio nome da Dio- fanto, va detto che questo tipo di equazioni era già presente in pro¬ blemi geometrici e algebrici da molti secoli, sebbene i suoi metodi di risoluzione non siano stati formalizzati se non dopo l’importante contributo del matematico alessandrino. Le equazioni diofantee af¬ fondano le loro radici in una regione geografica molto distante dal territorio greco: l’India L’interesse dei matematici indiani per trovare soluzioni intere rimanda all’epoca dei Vedas («conoscenza», in san¬ scrito), i quattro testi più antichi più antichi della letteratura indiana Questi libri religiosi furono composti tra il 1600 e il 700 aC. e rappre¬ sentarono le basi della religione vedica, precedente all’induismo, dal quale alla fine sarebbe stata scalzata. L’ultimo di essi, YAtarva-veda, contiene un’appendice di testi scritti da diversi autori, daU’viii secolo fino al vi secolo a.C., che ha valore matematico: gli Shulba Sutra. In essi viene esposto, per la prima volta, l’uso geometrico delle equa¬ zioni diofantee. Baudhayana, uno degli autori presenti negli Shulba Sutra, nel secolo vii a.C. trovò soluzioni formate da numeri interi positivi a un insieme di equazioni diofantee simultanee (sistema di equa¬ zioni), perfino con più di quattro incognite. Un altro matematico che contribuì ai testi degli Shulba Sutra fu Apastamba, che nel vi secolo a.C. utilizzò equazioni diofantee simultanee con più di cinque incognite. Apastamba scrisse inoltre in merito alla corretta costruzione di altari e alle loro forme, per cui si interessò, tra altri temi, alla conversione di spazi circolari in quadrati aventi la stessa superficie e alla costruzione di quadrati sulla diagonale di un altro quadrato. Ciononostante, lo stile aforistico degli Shulba Sutra for- EQUAZIONI DIOFANTEE 77
nisce solo formule per realizzare determinate costruzioni, e non spiega quindi il procedimento tramite il quale sono state ottenute: non comprendono quella che oggi chiamiamo «dimostrazione». Da ciò si deduce che Baudhayana e Apastamba ottennero i dati effettuando misurazioni, quindi in maniera empirica e senza usare alcuna formula teorica. In ogni caso, Apastamba mostrò comunque ragionamenti paragonabili a una dimostrazione. In questa opera originaria furono aggiunte regole per la co¬ struzione di angoli retti, cosa che probabilmente era un requisito necessario per costruire altari che fossero perfettamente quadrati, come richiesto dai rituali mistici. I matematici indiani ottennero la soluzione desiderata per mezzo di teme di archi. Di altri grandi matematici indiani del periodo, come Aryabhata (476-550 a.C.) e Brahmagupta (598-665 ca.) si parlerà invece più avanti. TIPI DI EQUAZIONI DIOFANTEE A partire dal m secolo a.C., l’aritmetica fu una delle discipline di studio favorite dai matematici greci di Alessandria, che co¬ noscevano il concetto di equazione diofantea per alcuni casi particolari. Fu in questo contesto che sorse la figura del primo matematico ellenistico che studiò a fondo queste espressioni, che le formalizzò e le strutturò: Diofanto. Diofanto andò oltre l’impostazione che i matematici indiani svilupparono in altre epoche e in altri luoghi. In questo senso, stu¬ diò a fondo un metodo che permettesse di trovare soluzioni intere per le equazioni lineari indeterminate, quelle in cui mancano i dati necessari per trovare un insieme unico di numeri interi che veri¬ fichino l’equazione (per esempio, x + y = 5). Diofanto scoprì che molte equazioni indeterminate possono essere ridotte a una forma in cui determinate categorie di soluzioni sono conosciute perfino attraverso una soluzione che non lo è. Si sa per certo, inoltre, che utilizzò i numeri negativi, e gli è attribuita la regola empirica di «meno per meno dà più, e meno per più dà meno», che ancora oggi viene comunemente applicata nell’algebra e nell’aritmetica Inoltre, 78 EQUAZIONI DIOFANTEE
bisogna sottolineare che la notazione algebrica di Diofanto ha un grande valore per la storia della matematica, e che sarebbe stata utilizzata per oltre un millennio. In realtà, sarebbe stata sostituita solo nel xvii secolo, quando venne adottata la notazione proposta da Viète, che è quella che si utilizza ancora oggi, e Cartesio intro¬ dusse il carattere x per indicare l’incognita. Il simbolismo greco, approssimativamente fino al m secolo d.C., a parte l’uso di cifre, si limitava a denotare le quantità usando le lettere dell’alfabeto. Non possedeva formule algebriche, e nessuna classe di algoritmo. Solamente con l’alessandrino Diofanto compaiono alcuni simboli algebrici. — Carl Boyer, storico e matematico statunitense. Sulle equazioni diofantee di ordine 2 e superiori è stata re¬ alizzata una moltitudine di studi. Il primo di essi è relativo alla soluzione dell’equazione quadratica diofantea Ax2 + Bxy + Cy2 + Dx + Ey + F = 0, dove A, B, C, D, E, F sono numeri interi. Nel 1769, Joseph-Louis de Lagrange (1736-1813), un famoso matematico, fisico e astronomo francese di origine italiana, trovò un algoritmo completo per questa equazione. Un anno dopo, La- grange dimostrò il risultato già enunciato da Diofanto e noto come «teorema dei quattro quadrati»: Ogni numero intero positivo può essere espresso come somma di quattro quadrati di numeri interi. Di seguito sono mostrati alcuni esempi che verificano il teorema 5= 22 + l2 + 02 + 02, 18 = 32 + 32 + 02 + 02, 348 = 182 + 42 + 22 + 22, 8 764 = 702 + 622 + 42 + 22. EQUAZIONI DIOFANTEE 79
Tuttavia, questo teorema non si verifica necessariamente in una unica forma Per esempio, il 252 ha dodici diverse scomposizioni come somma di quadrati, delle quali ne sono riportate alcune: 252 = l2 + 72 + 92 + 112, 252 = 22 + 42 + 62 + 142, 252 = 22 + 22 + IO2 + 122, 252 = 12 + l2 + 92+ 132, 252 = 12+ 12 + 52+ 152, 252 = 42 + 62 + IO2 + IO2, 252 = 62 + 62 + 62 +122. EQUAZIONE DI PELL Il secondo studio che esamineremo sulle equazioni diofantee di grado 2 e superiori è relativo alla cosiddetta «equazione di Peli», un caso speciale dell’equazione quadratica diofantea della forma a?-dy2 = n dove de un intero positivo che non è un quadrato perfetto, e n è un intero diverso da zero. Un quadrato perfetto è un numero intero che è il quadrato di un altro numero naturale - una potenza di esponente 2 Per esempio, 9 è un quadrato perfetto, perché può essere scritto come 3 • 3, cioè 32. Questo tipo di equazioni fu studiato verso il 400 a.C. dai ma¬ tematici greci e indiani, che all’inizio riversarono il loro interesse verso l’equazione con n = 2. Trattandosi di un’equazione diofantea, l’obiettivo era di trovare le sue soluzioni intere. In alcuni lavori di Archimede sono state presentate alcune soluzione per il caso d = 3. Ciononostante, le equazioni diofantee furono studiate più approfonditamente dai matematici indiani, i primi a cercare siste¬ maticamente metodi per la determinazione di soluzioni intere. Nel 499 d.C., Aryabhata fece la prima descrizione esplicita della solu¬ zione intera generale dell’equazione diofantea lineare ax-dy = c, che compare nella sua opera Aryabhatiya. L’algoritmo kuttaka - letteralmente, «polverizzare» o «rompere in piccoli pezzi»— è uno dei suoi contributi più significativi alla matematica pura, 80 EQUAZIONI DIOFANTEE
poiché permette di trovare le soluzioni intere di un sistema di equazioni diofantee lineari, un problema che trova importanti applicazioni in astronomia, e che inoltre facilita la soluzione generale dell’equazione generale indeterminata. Il metodo di Aryabhata ha a che fare con un algoritmo ricorsivo per scrivere i fattori originali in numeri più piccoli. Questo algoritmo fu cre¬ ato durante il primo terzo del vii secolo da un altro matematico e astronomo indiano, Bhaskara, e oggi costituisce il metodo stan¬ dard per risolvere equazioni diofantee di primo grado. Da parte sua, il matematico e astronomo indiano Brahmagupta trovò la soluzione più piccola per il caso d = 92. Bisogna inoltre segnalare che Brahmagupta scrisse il Bramasphuta Siddhanta (628), un trattato su aritmetica e numeri negativi - secondo termini ana¬ loghi a quelli della matematica moderna - dove compare per la prima volta il concetto di «zero». Nell’opera, che fu tradotta in arabo nel 773 e in latino nel 1126, utilizzò il metodo chakravala per risolvere le equazioni diofantee quadratiche, comprese quelle della forma 6Lr2 + 1 = y2. Una versione modificata del metodo di Brahmagupta fu uti¬ lizzata da Bhaskara II (1114-1185 ca.) per trovare, nel 1150, la soluzione generale di altre equazioni quadratiche intermedie in¬ determinate ed equazioni diofantee quadratiche. Ottenne anche la soluzione di altre equazioni quadratiche indeterminate, cubiche, quartiche e polinomiche di gradi maggiori. Verso la metà del xiv secolo, un altro matematico indiano, Narayana Pandit (1340-1400 ca.), perfezionò le restanti equazioni quadratiche indeterminate per le equazioni di gradi superiori. Più tardi, Pierre de Fermat avrebbe approfondito le equazio¬ ni diofantee e, per esempio, propose come problema l’equazione 6LT2 + 1 = y2 creata da Bhramagupta. Nel 1657, ormai alla fine della sua carriera, Fermat lanciò la seguente sfida alla comunità mate¬ matica d’Inghilterra: Dato un numero qualsiasi che non sia un quadrato, esiste un nu¬ mero infinito di quadrati tali per cui se il quadrato è moltiplicato per il numero dato e l’unità è aggiunta al prodotto, il risultato è un quadrato. EQUAZIONI DIOFANTEE 81
Cioè dato d, che non è un quadrato, esistono infiniti quadrati, x2, tali per cui se si moltiplicano per de si aggiunge 1 a questo prodotto, il risultato è un quadrato che viene indicato con y2. Questo conduce all’equazione d -x2 + 1 = y2, che è precisamente l’equazione di Peli. Dato che all’epoca di Diofanto le soluzioni razionali erano prese come quelle valide per queste equazioni, gli inglesi risolsero molto presto la sfida di Fermat. Tuttavia, questi aveva incluso un preambolo, che non arrivò ai suoi destinatari, dove chiariva che si chiedevano soluzioni intere. I matematici inglesi, ben lontani dal farsi scoraggiare dalla difficoltà, raddop¬ piarono i loro sforzi, e non solo riuscirono a risolvere i casi particolari, ma offrirono anche un procedimento generale per ottenere la soluzione di qualsiasi valore di d. Alla fine, il metodo generale per calcolare soluzioni di questo tipo fu attribuito al matematico inglese John Peli (1611-1685), dal quale prende il nome questa equazione. A tale proposito esiste un’aspra controversia, perché probabilmente il merito sarebbe dovuto andare al matematico irlandese William Brouncker (1620- 1684), cui un malaugurato errore, che si è mantenuto per molto tempo, aveva tolto la gloria matematica. TECNICHE PER RISOLVERE EQUAZIONI LINEARI Le tecniche odierne per risolvere ciascuna delle equazioni dio- fantee in precedenza descritte implicano una serie di teoremi di grande importanza. Questi servono per risolvere inizialmente le equazioni diofantee lineari, cosa che verrà debitamente illustrata con esempi, e sono formulati di seguito. Si tratta, da una parte, del concetto e del calcolo del cosiddetto «massimo comune di¬ visore», che si ottiene attraverso l’algoritmo di Euclide, e dall’al¬ tro della cosiddetta «identità di Bézout». Il massimo comune divisore di due numeri a e b viene indicato come «mcd(a, b)» e deve essere inteso come il più grande dei numeri interi naturali che divide entrambi senza lasciare resto. Per esempio, si abbia per a = 30 e per ò = 18. Il 3 è il divisore comune, ma non il più 82 EQUAZIONI DIOFANTEE
L'ERRORE A DISCAPITO DI WILLIAM BROUNCKER William Brouncker è stato un eminente matematico irlandese del xvm secolo e il primo presidente della Royal Society, fondata a Londra il 28 novembre 1660. Si distinse soprattutto per la sua notevole capacità nel risolvere problemi mate¬ matici. In effetti, ideò un metodo per calcolare soluzioni intere di equazioni della forma x2-dy2 = n dove d è un intero positivo che non è un quadrato perfetto e n è un intero diverso da zero. Tuttavia, il matematico svizzero Eulero (Leonhard Euler, 1707-1783) nelle sue opere scrisse che, per questo tipo di equazioni, il me¬ todo per calcolare le soluzioni era stato ottenuto dal matematico inglese John Peli (1611-1685). Il prestigio di Eulero fece sì che l'errore, frutto di una malaugurata confusione, avesse una grande diffusio¬ ne e che la comunità matematica la rite¬ nesse un fatto assodato, portando come conclusione il fatto che le equazioni che hanno la forma x2-dy2-n siano chiamate «di Peli», e non «di Brouncker». L’espres¬ sione «equazione di Peli» è ancora oggi in vigore in matematica. Si ritiene che William Brouncker sia stato il vero scopritore del metodo generale per risolvere le «equazioni di Peli». grande, che è il 6. Ciò viene espresso nella seguente maniera: mcd(18, 30) = 6. Come si ottiene questo risultato? Mediante il già citato algoritmo di Euclide, che consiste nel dividere entrambi i numeri e, successivamente, realizzare divisioni tra il quoziente precedente e il nuovo resto. Il processo termina quando qual¬ che resto è 0. Il divisore di quest’ultima divisione rappresenta, allora, il massimo comune divisore di entrambi i numeri. Per esempio, il processo per trovare la soluzione a mcd(48,30) è il seguente. Prima si divide 48 per 30, ottenendo come resto 18 e di quoziente 1. Poi, si divide 30 per 18, che dà un resto di 12 e di quoziente 1. Quindi si divide 18 per 12, ottenendo come resto 6 e di quoziente 1. Infine, dividendo 12 per 6, si ottiene come resto EQUAZIONI DIOFANTEE 83
0 e di quoziente 2. Per questo, la soluzione a mcd(48, 30) è 6. Nel caso in cui il mcd(a, ft) = 1, si dice che a e b sono primi tra loro. Da parte sua, l’identità di Bézout stabilisce che: Se a e ft sono interi maggiori di 0, esistono interi x e y tali per cui se mcd(a, ft) = d, allora d = ax + by. Di seguito viene presentato un esempio di come si usa l’i¬ dentità di Bézout con il seguente enunciato: dati i numeri 1.769 e 551, trovare i valori xey che verificano che se d = mcd(1769, 551), allora d = 1769 x + 551 • y. La prima cosa da fare sarà calcolare il mcd(1769, 551). Se si applica l’algoritmo di Euclide e si realizzano le successive divisioni, si ottiene: 1769 = 3-551 + 116, 551 = 116-4 + 87, 116 = 87-1 + 29, 87 = 3-29 + 0. Per cui la soluzione cercata è: mcd(1769, 551) = 29. L’identità di Bézout afferma che vi sono valori xey che verificano 29= 1769-^ + 551-2/. A partire dalle espressioni precedenti, il 29 si scrive come la combinazione di 1.769 e 551. In questo modo: 29 = 116-87 - 1 = 116-(551 - 116 - 4) = (1 769 - 3 ■ 551)- -(551-(1769-3-551)-4) = (1769-3-551)-551 + 4-1769- -12-551= 5-1-69+ (-16). 551. Da cui si ottiene: 29= 1769-(5)+ 551-(-16). 84 EQUAZIONI DIOFANTEE
Si deve osservare che dell’espressione 1.769 a:+ 551 2/= 29 sono state trovate due soluzioni intere: x = 5, y = —16. Per calcolare le soluzioni delle equazioni diofantee lineari si deve in primo luogo enunciare un risultato o un teorema aventi le condizioni che determinano quando un’equazione diofantea lineare è risolvibile, e, a sua volta, come si calcola la soluzione generale. Per esempio, si consideri l’equazione diofantea generale ax+by = c. Se d = mcd (a, b) è tale per cui d divide c - cioè il resto risultante dal dividere c per d è zero -, e se si conoscono x0 e y0 soluzioni particolari dell’equazione, allora le soluzioni sono date da a , y=yQ--t, d dove t è un numero intero, cioè per ogni valore di t si avrà una soluzione. Di fatto, il teorema stabilisce che: Una equazione diofantea della forma ax + by = c ha soluzione intera se, e solamente se, d divide c essendo d = mcd(a, b). In questo modo, l’equazione 2x + 1C\y =17 non ha soluzione per¬ ché 2 = mcd(2, 10) non divide 17. Un altro esempio sarebbe 1.769a:+ 551 y = 29. Mediante l’al¬ goritmo di Euclide e l’identità di Bézout si ottiene che nell’equazio¬ ne diofantea 29= 1.769 -x+ 551 y, i valori a:0 = 5e i/0 = —16 saranno soluzioni particolari. Cioè: 29 =1769-(5)+ 551-(-16). Pertanto, l’insieme di soluzioni dell’equazione diofantea sa¬ rebbe quella che genera i diversi valori interi di t. x = 5 + ——t = 5+ 19 t, 29 EQUAZIONI DIOFANTEE 85
1769, 1ß ßl ♦ y = -16 1 = -16 + 61 t. 29 È necessario insistere sul fatto che per garantire 1’esistenza di soluzioni è necessario che d divida c. In caso contrario, l’equazione non ha una soluzione. Con questo risultato, basta conoscere x0 e y0 per generare tutte le soluzioni. L’identità di Bézout ci aiuterà a calcolare x0 e y0 A tal fine, di seguito sarà presentato un esempio di soluzione per visualizzarlo in modo più chiaro. UNA SOLUZIONE PARTICOLARE L’obiettivo è cercare la soluzione particolare di un’equazione diofan- tea lineare con due incognite. Il teorema che useremo afferma che: Siano a, b, c tre numeri interi. L’equazione lineare ax + by = c ha soluzione intera se, e solo se, il massimo comune divisore di a e b divide c. La dimostrazione avviene in questo modo. Supponiamo che gli interi xQ e y0 siano soluzioni dell’equazione ax + by = c, cioè axQ+ by0 = c. Ebbene, se d = mcd (a, b), allora d = mcd (a, b) => d\a e d\b => dl(aa:0+ by0) => die. In maniera reciproca, supponiamo che d = mcd (a, b) sia divi¬ sore di c. Allora, mcd (a, b) = d mcd(a/d, b/d)=1 ^>3 p,gEZ:— p +—q = l= “d d d essendo c/d intero poiché, per ipotesi, d è divisore di c. Ora baste¬ rebbe prendere x0 = cp/d e yfì = cq/d 86 EQUAZIONI DIOFANTEE
e si avrà che ax() + by0 = c. Cioè gli interi x0 e y0 sono soluzioni dell’e¬ quazione. La soluzione che abbiamo trovato deve essere conside¬ rata, quindi, la «soluzione particolare» del sistema. Si deve con¬ siderare che questo teorema assicura 1’esistenza di una soluzione per una equazione di questo tipo e, inoltre, offre un metodo per calcolarla. L’esempio successivo chiarirà la questione. Si tratta di trovare una soluzione per l’equazione diofantea 525#+ 100?/ = 50. Come prima cosa si calcola il massimo comune divisore di 525 e 100 mediante l’algoritmo di Euclide: 525 = 5(100)+ 25 100 = 4(25)+ 0. Cioè mcd(525,100) = 25. Poiché 25 divide 50, il teorema prece¬ dente garantisce 1’esistenza di una soluzione intera per l’equazione. Ora, seguendo il metodo esposto nella dimostrazione del teorema, bisogna trovare i coefficienti della combinazione lineare del mas¬ simo comune divisore di 525 e 100. Basterebbe seguire a ritroso l’algoritmo di Euclide: 25 =1(525)+ (-5)100. Pertanto, i coefficienti che cerchiamo sono p = 1 e q = -5. Per cui, secondo il teorema, una soluzione per l’equazione sarà: x0 = cp/d e yQ = cq/d, dove c è il termine indipendente dell’equazione e d il massimo comune divisore dei coefficienti di x e y. Di conseguenza: *o = ^ = 2 2/o = 25 50(-5) 25 = -10. Riassumendo, è possibile concludere che una equazione dio- fantea lineare ha la forma generale: EQUAZIONI DIOFANTEE 87
alxl+a^c2 + ... + anxn = ft, dove ava2,...,ati sono interi, non tutti nulli, e sono necessarie soluzioni anch’esse intere. Ha soluzione se, e solamente se, mcd(aj, a2,..., an) divide b. La più semplice equazione diofantea è quella diofantea lineare con due incognite, ax+by=c, dove a e b sono interi dati, ed entrambi non possono essere zero. EQUAZIONI NON LINEARI Nei casi precedenti sono state spiegate le equazioni diofantee lineari e alcuni metodi per risolverle. Tuttavia, la questione si complica enormemente nel caso delle equazioni non lineari. In realtà, la loro difficoltà ha fatto sì che il matematico tedesco David Hilbert (1862-1943) le includesse nel suo celebre elenco di 23 problemi ancora non risolti, che presentò alla comunità matematica nel 1900, durante il II Congresso Mondiale dei Ma¬ tematici, tenutosi a Parigi. In sostanza, il decimo problema espo¬ neva quanto segue: Trovare un algoritmo che determini se una equazione diofantea polinomica data con coefficienti interi ha soluzione intera. Il suo sviluppo e la sua dimostrazione hanno un grande va¬ lore per la matematica moderna, poiché include concetti della teoria dei numeri e della logica matematica, e fece aumentare l’interesse per questa e altre equazioni diofantee. Bisogna cita¬ re, per esempio, il matematico statunitense John Forbes Nash (1928-2015), che durante i suoi studi presso il Carnegie Tech si appassionò alle equazioni diofantee prima di rivoluzionare la te¬ oria dei giochi con la sua soluzione di equilibrio. Alla fine, il matematico russo Jurij Matijasevich (San Pietro¬ burgo, 1947), nel 1970 ha dimostrato l’impossibilità di risolverlo: non c’è alcun algoritmo capace di determinare se un’equazione diofantea polinomica sia risolvibile. Pertanto, non è neppure 88 EQUAZIONI DIOFANTEE
DIOFANTO E I 23 PROBLEMI DI DAVID HILBERT Il giorno 8 agosto del 1900, sedici secoli dopo la morte di Diofanto, il matematico tedesco David Hilbert (1862-1943) tenne una conferenza al Congresso Internazio¬ nale dei Matematici, dal titolo «Proble¬ mi matematici». Durante la conferenza, presentò una lista di 23 sfide matema¬ tiche la cui risoluzione avrebbe rappre¬ sentato un significativo avanzamento per diversi rami della matematica. Il decimo problema chiedeva di provare l’esistenza di un algoritmo universale che indicasse se era possibile risolvere qualsiasi tipo di equazione diofantea. La risposta si fece attendere 70 anni e ven¬ ne data dal matematico russo Jurij Vla¬ dimirovich Matijasevich. Nato nel 1947 a San Pietroburgo, Matijasevich si era già reso protagonista di una folgorante carriera scientifica, laureandosi campio¬ ne nella VI Olimpiade Internazionale di Matematica a Mosca a soli diciassette anni. Nel 1969 si laureò all’Università Statale di San Pietroburgo (all’epoca ancora Leningrado) con una tesi dottorale che dimostrava che non c’è al¬ cun algoritmo generico che fornisca criteri generali per risolvere qualsiasi equazione diofantea. Con questo risultato venne definitivamente chiusa una questione della cui possibile soluzione dubitava lo stesso Hilbert, che previ¬ de che non esisteva alcun algoritmo ancora prima di presentare la lista dei problemi: «Talvolta accade che cerchiamo la soluzione basandoci su ipotesi insufficienti, o su un senso scorretto, e per questo motivo falliamo. Allora sorge il problema: dimostrare l’impossibilità di ottenere una soluzione con tale ipotesi o nel senso preso in considerazione». possibile trovare un metodo generale che ottenga le soluzioni. Questa impossibilità giustifica il fatto che qui vengano trattati casi particolari di equazioni che ammettono un metodo semplice per risolverle, che abbondano nell’opera di Diofanto. Nel caso di equazioni indeterminate di secondo grado, e sulla base dell’analisi del Libro II dell’Aritmetica, emerge il seguente risultato: EQUAZIONI DIOFANTEE 89
Ogni equazione indeterminata di secondo grado a due variabili o non ha soluzioni razionali, oppure ha una quantità infinita di solu¬ zioni. Nell’ultimo caso, tutte le soluzioni si esprimono come fun¬ zioni di un parametro che si indica con k, in modo che x = cp (/c); y = (k). Pertanto, cp e sono funzioni che dipendono da k. Diofanto, per esempio, propose nell’ottavo problema del Li¬ bro II áe\Y Aritmetica di scomporre il 16 - un quadrato - come somma di due quadrati, oppure, che è la stessa cosa, trovare x e y in modo tale che x2 + y2 = 16. Per risolverlo, il matematico alessandrino prese in considerazione l’intersezione della famiglia di rette della forma y = k x-4(k parametro) che passano per il punto (0,-4) intersecate con la circonferenza x2 + y2= 16, così come si vede nella figura 1. Le soluzioni sono della forma: x = 8 k /c2+r y = 4- k2-1 k2 + l' essendo k un parametro. In questo modo, assegnando valori a k si ottengono le solu¬ zioni. Per esempio, per k = 0 si ottiene x = 0 e y = -4. Nel caso di k=l, si ha a? = 4 e t/ = 0. Per k = 2 si ha x - 16/5 ey = 12/5. Per k = 3 si ottiene x = 12/5 e y = 16/5 ecc. Con questo è possibile genera¬ re tutti i punti che verificano x2 + y2 = 16. Nel caso generale di x? + y2 = a2, si tratta dell’equazione di una circonferenza con cen¬ tro nel punto (0,0) e raggio a, per cui basta considerare la fami¬ glia di rette della forma y = k-x-a, dove A: è il parametro, e trovare l’intersezione delle rette con la cir¬ conferenza. Nel trattamento geometrico, si stanno caratterizzando tali punti, che sono generati dai valori: 2 ak k2 -1 x = —— y = a • ——. k2 +1 k2 +1 Così, a ogni valore razionale di k corrisponde un unico punto di coordinate razionali della curva x2 + y2 = a2. 90 EQUAZIONI DIOFANTEE
EQUAZIONI DEL TIPO x2-dy2 = 1 In generale, una equazione di Peli, così come è stato indicato nei paragrafi precedenti, è della forma aP-d- y2=n. A titolo illustrativo si include un esempio dell’equazione di Peli ^—29z/2 = 7. È possibi¬ le dimostrare facilmente che le coppie (-6,1), (-6,-1), (6,1), (6,-1) sono soluzioni intere dell’equazione. Un buon risultato stabilisce che se la coppia (xvyt) è una soluzione, allora le successive so¬ luzioni (xk, yk) verificano la relazione xk + yk\fd = (x{ + yx-4d)k. Nell’ambito della teoria dei numeri, risultano particolarmente interessanti le equazioni di Peli di aspetto x2-dy2=n, in cui n divide d e che, denotando il quoziente tra den con il carattere a, cioè d/n = a, assumono l’aspetto di x2-ay2= 1. In precedenza è stato spiegato che l’equazione x2-ay2= 1, dove a è un numero intero che non è un quadrato perfetto, è nota come equazione di Peli. L’importanza della stessa risiede nel fatto EQUAZIONI DIOFANTEE 91
che qualsiasi altra equazione di secondo grado a due incognite può essere ridotta a una equazione di Peli del tipo mostrato. Chiaramente, qualsiasi equazione di questo tipo ha per soluzione (X, 2/) = (1,0), il che può essere osservato mediante una semplice sostituzione. Nel caso in cui si trovasse un’altra soluzione diversa da que¬ sto, esiste un metodo complesso basato sulla teoria delle «frazioni continue», con cui si generano le restanti soluzioni, ma che qui non verrà sviluppato per mancanza di spazio. Per l’ipotesi in cui a invece sia un quadrato perfetto, basterà scrivere x2 - ay2 = (x- yfãy) • (x + 4ãy\ per poi denotare x + yfãy = m x-y/ãy = n, e infine ottenere che: m + n m-n 2 y 2Æ Con ciò, l’equazione diventa m • n = 1. In tale ambito è necessario sottolineare l’importanza di un esponente. Per esempio, è possibile osservare una certa analo¬ gia tra oc2 = 2y4-ì e l’equazione di Peli x1 = 2y2 + 1. Effettivamente, la differenza risiede nell’esponente, il che rappresenta una dif¬ ferenza visiva minima, e tuttavia decisiva. Così, nell’equazione oc2 = 2y*-\ si è ottenuto in forma naturale che la coppia x = 1 e y = 1 era una soluzione. Successivamente, nel 1942, è stato trovato che anche la coppia x = 239 e y = 13 era una soluzione, ed è stato di¬ mostrato che tale equazione non ha altre soluzioni intere. Invece, l’equazione x2 = 2yl +1 ha infinite soluzioni intere: x=3,y = 2, x= 17, y= 12, 3?=99, y = 70, 92 EQUAZIONI DIOFANTEE
La spiegazione a questa disparità di risultati tra entrambe le equazioni venne offerta dal matematico norvegese Axel Thue (1863-1922), che stabilì il seguente risultato: Le equazioni diofantee irriducibili a due variabili con grado maggiore o uguale a tre possono solo avere un numero finito di soluzioni. EQUAZIONE DEL TIPO x2-y2 = a Si tratta di un caso particolare dell’equazione di Peli nella quale si verifica il seguente risultato: L’equazione x2-y2 = a, dove a è un numero naturale, ha soluzioni intere se, e solamente se, a può essere scomposto nel prodotto di numeri della stessa parità. Semen sono due di tali numeri della . v , N , . m + n m-n v stessa panta (m • n = a), la coppia x = ew = e una solu- 2 2 zione dell’equazione. Bisogna scomporre l’equazione oc?-y2, che può essere scritta oc1-y2 = (x + y)-(x-y'), e denominando allora risulta x+y = m, x-y=n mn = a. Si osservi che men devono avere la stessa parità, in modo tale che xey siano interi. Dall’espressione precedente si ottiene: m+n m-n Un esempio di ciò si ha dal risolvere l’equazione x2-y2- 8. Cioè m-n = 8, con cui si ottengono le seguenti possibilità per men: EQUAZIONI DIOFANTEE 93
(1, 8), (8, 1), (-1, -8), (-8, -1), (2, 4), (4, 2), (-2, -4), (-4, -2). Scartando quelle che non hanno la stessa parità, rimangono: (2, 4), (4, 2), (-2, -4), (-4, -2). I valori possibili per x e y sono mostrati nella seguente tabella: m n m + n x = 2 m-n y- 2 2 4 3 -1 4 2 3 1 -2 -4 -3 1 -4 -2 -3 -1 Si noti che se (a, b) è una soluzione, lo è anche (±a,±b). EQUAZIONE DI FERMAT xn + yn=zn È la più classica delle equazioni diofantee di grado maggiore di 1 e con tre variabili (quella di grado 2 rappresenta il teorema di Pitago¬ ra). La più famosa è quella presente nell’ultimo teorema di Fermat. Data l’equazione diofantea x” + y" = z”, con n > 3, non ha soluzione nei numeri interi positivi x, y, z. Particolarmente interessante è il caso n- 2, noto come«e- quazione pitagorica», che si esprime oc1 + y2 = z1. Le soluzioni sono chiamate «teme pitagoriche» e si accerta che è possibile generare soluzioni mediante x = 2 mn, y = m2-n2, z = ri1 + m2, 94 EQUAZIONI DIOFANTEE
se assumono valori interi di m maggiori di n. Nella seguente tabella sono illustrate alcune soluzioni. m n x-2 mn y-m7-n7 z=n7 + m7 x2+y2 = z2 2 1 4 . 3 5 16 + 9 = 25 4 2 16 12 20 162+122 =202 5 2 20 21 29 202 + 212 =292 Per il lettore più esperto in la matematica, presentiamo il ragionamento che stabilisce l’uguaglianza mostrata. Il metodo di risoluzione consiste nello scomporre l’equazione come due quozienti, dove il numeratore e il denominatore sono funzioni lineari. In questa forma, xl + y2 = 22 equivarrebbe all’espressione x1 = z2-y2= (z-y)-(z + y). Quindi è possibile scrivere: x _ z+y_m z-y x n ’ per cui si ha nx=m-z-m-y, mx = nz + ny, e riducendo il sistema a una equazione che non contenga x, cosa che si ottiene moltiplicando la prima equazione per m, la seconda per n e quindi sottraendo, si arriva a: (m2 -n2) • z- (n2 + m2) • y. Pertanto: z = n2 + m2, y = ml-rìl, x = 2mn. Si può osservare che esistono infinite soluzioni dell’equa¬ zione che dipendono da men. Pertanto, se si ha una soluzione (X, ?/, z) = (a, by c)y anche qualsiasi tema della forma (ka, kb, kc) sarà una soluzione. Come si già affermato in precedenza, si tratta EQUAZIONI DIOFANTEE 95
delle teme pitagoriche, che sono le lunghezze dei lati di un trian¬ golo rettangolo in termini geometrici. EQUAZIONI DELLA FORMA y* = x3 + a Questa equazione, nella quale compare a come numero naturale, è chiamata «equazione di Mordell» in onore del matematico britan¬ nico, naturalizzato statunitense, Louis Mordell (1888-1972), che tenne numerose conferenze sui lavori di Diofanto e le raccol¬ se in un’opera di riferimento, Equazioni diofantee (1969). La rappresentazione gra¬ fica dell’equazione di Mordell è una curva denominata «ellit¬ tica» sul piano reale. Per ogni a possiede un numero finito di soluzioni intere, e il calcolo del¬ le stesse fa parte di sofisticati studi della teoria dei numeri. Nella figura 2 viene mostrato il grafico della curva ellittica y2=a? + 4. EQUAZIONI DELLA FORMA y* + x3 = a In questo tipo di equazioni, se a è un cubo perfetto - a della forma a = b3- risulta evidente che ha per soluzioni (0, ò) e (ò, 0). Colpi¬ sce il caso in cui a= 1729, essendo dunque y3+x3 = 1.729. Questa equazione si chiama «cubica di Ramanujan», dal nome del mate¬ matico indiano Srinivasa Ramanujan (1887-1920), che, mentre era in ospedale, gravemente malato, ricevette la visita del suo unico 96 EQUAZIONI DIOHANTEE
protettore all’Università di Cambridge, il professore e matematico britannico Godfrey Harold Hardy (1877-1947). Questi disse che era venuto in taxi il cui numero era 1.729, e Ramanujan, dotato di una prodigiosa velocità di calcolo, rispose che 1.729 era il numero più piccolo che si potesse esprimere come la somma di due cubi di due forme diverse. Aveva ragione, poiché 1.729= 13+ 123 = 93 + IO3. In seguito, Hardy gli chiese se conosceva la risposta per le quarte potenze, e Ramanujan rispose che doveva trattarsi di un numero estremamente grande. Di fatto, la risposta, che chiarì il suo otte¬ nimento mediante calcoli al computer, è: 635.318.657 = 1344 +1334 = 1584 + 594 In altri ordini, Ramanujan scoprì una identità, che permette di costruire esempi della soma di tre cubi equivalente a un quarto cubo: (3z2 + 5 xy - 5 y2y] + (4z2 - 4xy + 6?/2)3 + (5oc2 - 5xy - 3 ?/2)3 = (6x2-4xy + 4y2y\ Questa uguaglianza, che generalizza la coincidenza numerica per cui 33 + 43 + 53 = 63 = 216, viene verificata mediante un semplice sviluppo algebrico, ma sembra impossibile da ottenere senza di¬ sporre di una teoria generale. Tuttavia, Ramanujan vi riuscì. EQUAZIONE DEL TIPO xz + y* = z* Questo è un altro problema interessante, che chiede di trovare una tema di numeri tali per cui la somma di due cubi dia un quadrato. Le soluzioni vengono generate stabilendo valori per i parametri s e t per, di seguito, fare: x=s4+6s2 y- -s4 + 6s212 + 3t4, z = 6st(s4 + 3t4). EQUAZIONI DIOFANTEE 97
Prendendo il valore s = 3 e t = 2, si ottiene: 2493 + 1833 = 46442. Se si prende il valore s = 4 e t = 5, si ricava 7813+ 40193 = 255 7202. EQUAZIONE DEL TIPO x4 + y2 = z3 La bellezza di questa equazione risiede nel fatto che appaiono tre potenze diverse, quadrati, cubi e di quarto grado. La soluzione si genera assegnando valori arbitrari ai parametri set, in modo tale che i valori di x, y, z che verificano l’equazione sono: x=6st(3s4-4t4), y= (3s4+ 414) ■ (9s8-408s4£4 + 16«8), z= 9s8+ 168s4^4 + 16£8. Prendendo s = 3 e t = 2 si ha la relazione 64444+ 1429462612 = 2808733. Per s=ì e t=ì si ottiene la scomposizione 64 +2 6812= 1933. EQUAZIONE DEL TIPO x8 + y8 + z8 = fB Questo problema propone di trovare quattro cubi in modo tale che la somma di tre di essi sia il quarto cubo. Nel 1591, François Viète ottenne una formula che facilitò la generazione di soluzioni per questo tipo di equazione, per la quale considerò valori per men qualsiasi. In tal caso, i valori definiti generano soluzioni della seguente equazione: 98 EQUAZIONI DIOFANTEE
FOTO IN ALTO A SINISTRA Eulero trovò metodi di risoluzione generale per diversi problemi dellVAr/f/nef/ca di Diofanto. FOTO IN ALTO A DESTRA Monumento a Joseph-Louis de Lagrange, creatore di un algoritmo per risolvere equazioni diofantee non lineari di un tipo particolare. FOTO IN BASSO: John Forbes Nash studiò a fondo le equazioni diofantee alla Carnegie Tech prima di rivoluzionare la teoria dei giochi. 99 EQUAZIONI DIOFANTEE
xi + y3+z3= t3, x=m(m3-2n3), y = n(2m3-n3)) z = n{m3+n3), t = m(m3 + n3). Per esempio, se si prende m = 2en=lsi ottiene che x= 12, y= 15, z-9, t- 18. Cioè 123 + 153 + 93 = 183. Se si prende m = 3 e n = 2, si ottiene 333 + 703 + 923 = 105:). In merito a questo tipo di equazione, Diofanto affermò che «la differenza di qualsiasi di due cubi è la somma di due cubi». Di fatto, faceva riferimento alla soluzione dell’equazione x'+ yl= à3-b3t con a > b > 0 e con x e y positivi. L’equazione x'+ y'+ z3 = t3 rimanda, per analogia, a Platone, cui si attribuisce la soma di tre cubi di numeri a, b, c che danno un cubo di un quarto numero: a3+ b3+ c3 = d\ Si basò sul fatto che il cubo, in termini di volume, il cui lato sono 6 unità - cioè 6:* -, equivale alla somma dei volumi di tre cubi i cui lati siano 3, 4 e 5 unità, cioè 3:) + 43+ 53 = 6:}. IL CONTRIBUTO DI EULERO Il matematico svizzero Eulero diede preziosi contributi ai lavori di Diofanto sulle equazioni indeterminate di secondo e terzo grado, soprattutto perché analizzò in maniera sistematica la risoluzione in numeri razionali. Inoltre, ampliò tanto il campo dei numeri interi quanto quello di quelle equazioni indeterminate la cui forma non ha sempre soluzioni intere: 100 EQUAZIONI DIOFANTEE
y2 = aoc2 + bx+c, y3=ox? + boc2 + ex + d. La figura 3 mostra che le soluzioni intere per y2=x?+x+ 1 sono i punti A (-1,1), B (-1,-1), C (0,-1), D (0,1)- Inquanto all’equazione ?/3= ax?+bx2+cx+dì Eulero affermò che «non è possibile trovare la soluzione generale, né l’insieme infinito di tutte le soluzioni». Inol¬ tre, notò che in alcune curve di terzo grado, non tutte, era possibile trovare una espressione per x e per y che generasse le soluzioni a partire da un parametro. In questo senso, lavorò al problema sesto del Libro IV di Diofanto, y3 = x3+ 16#2, le cui soluzioni per valori arbitrari di a diversi da 1 sono della forma: 16 16-a y = a'X = ^~T a — 1 Eulero realizzò i suoi ragionamenti mediante strumenti alge¬ brici, non geometrici: proprio come il suo predecessore Diofanto. EQUAZIONI DIOFANTEE 101
CAPITOLO 4 Problemi e soluzioni d e\YAritmetica Nella sua Aritmetica, Diofanto affrontò la risoluzione di equazioni indeterminate, quelle che possiedono un numero infinito di soluzioni e che sarebbero state chiamate «equazioni diofantee». A tale scopo utilizzò una simbologia e una notazione proprie, e dimostrò che era possibile operare tra aree e volumi senza ricorrere alla geometria, un’innovazione assoluta per la costruzione dell’algebra.
In questo capitolo, dedicato alla presentazione dell’opera di Diofanto, V Aritmetica, i principali protagonisti saranno i proble¬ mi in essa contenuti. Si cercherà di stabilire con il lettore una serie di «dialoghi», tramite i quali spiegare i problemi e le soluzio¬ ni che caratterizzano l’opera principale di Diofanto, dal momento che i suoi esercizi sono i veri protagonisti dell’eredità scritta che il matematico alessandrino ci ha lasciato. Una delle principali ca¬ ratteristiche degli stessi è il fatto di essere scritti in una forma generica, sebbene nella loro risoluzione Diofanto abbia utilizzato numeri concreti. In realtà, esponeva un caso generale e risolveva un caso particolare con abilità non sempre giustificate, e perfino con ragionamenti talvolta contorti. Ciononostante, le soluzioni soddisfanno sempre le condizioni proposte nel problema. Nel capitolo, gli enunciati e la soluzione generale sono interpre¬ tati con il linguaggio matematico attuale, rispettando, per quanto possibile, l’originale di Diofanto. Perciò, in alcuni casi sarà mantenu¬ to il termine arithmos per indicare l’incognita o un gruppo di inco¬ gnite, così come avveniva nel linguaggio algebrico sincopato usato dal matematico alessandrino, che costituisce, senza alcun dubbio, uno dei suoi principali tratti distintivi. Si deve segnalare che Varith¬ mos sarà qui denotato con il simbolo a, sebbene Diofanto utilizzasse il simbolo ç. Inoltre, si sottolinea che la maggior parte delle soluzio¬ ni generiche sono state date da Bachet de Méziriac. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 105
PROBLEMI DEL LIBRO I I 39 problemi compresi nel Libro I de\YAritmetica rappresenta¬ no l’avvio di una vera e propria pietra miliare della matematica, nella quale Diofanto aumentò la difficoltà delle sfide con il pro¬ gressivo avanzare dell’opera. Di seguito sono enumerati i prin¬ cipali problemi presenti nel primo volume, sottolineando i loro corrispondenti sviluppi e le conclusioni, con una maggiore o minore estensione a seconda dell’interesse che offrono e della loro semplicità o complessità. 1.1. Scomporre un numero dato in due parti, di cui sia data la dif¬ ferenza. Questo problema, esposto in forma generale, nel linguaggio matematico odierno si traduce in questo modo: dati due valori a e ö, trovare i valori di x e y in modo tale che x+y=aI y-x = b\ In origine, Diofanto lo aveva risolto prendendo a = 100 e b= 40. Considerò come arithmos la parte piccola x e la chiamò a, per cui la parte maggiore è y = a + 40. Di seguito considerò a + a + 40 = 100, cioè 2a + 40 = 100. In questo modo, a = 30 e la parte maggiore è 70. Oggi si risolverebbe come y = a + b ~2~ x- a-b ~2~' Sostituendo questi valori nel sistema si verificano in maniera simultanea le uguaglianze. Affinché le soluzioni siano intere è ne¬ cessario che a e b abbiano la stessa parità. 1.2. Scomporre un numero dato in due parti che siano in un rap¬ porto dato. 106 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
Con la simbologia odierna, il problema risulterebbe così: dati due valori a era maggiori di 1, trovare due valori x e y in maniera tale che x + y = a, x = my. Diofanto lo risolse per il caso particolare in cui a = 60 e ra = 3 («rapporto di 3 a 1»). Se x=3y, si ha che 3y +y = 60, 4y = 60. Quindi y = 15, per cui x = 45. Oggi, in maniera generale, si hanno i valori x - am ; y = a come soluzioni, ra+l’ ra+1 1.3. Scomporre un numero dato in due parti tali per cui la differen¬ za tra la maggiore e un multiplo dato della minore sia data. Cioè, dati a, ö, ra>l, si tratta di trovare due valori x e y tali per cui x + y = a I x = my + b\‘ Diofanto scelse di prendere valori concreti e optò per a = 80, m = 3 e b = 4. Proponendo y- a come la parte piccola, quella più grande è 3a+4, per cui ottenne 4a+4=80. Pertanto, a= 19, e allo¬ ra y= 19, ,r = 61. Nei termini attuali, la soluzione generale è: a-b ma+b y = , x = . m +1 m +1 Questo problema, risolto con notevole abilità da Diofanto, serve per sottolineare uno dei fattori fondamentali per cui l’A¬ ritmetica costituisce un elemento essenziale nella storia della matematica: l’uso da parte di Diofanto del linguaggio algebrico sincopato. Nella tabella riportata di seguito è illustrata la sua equivalenza rispetto al linguaggio attuale. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 107
Sia il numero 80 e lo si scomponga in due parti, tali per cui la maggiore sia tripla di quella minore e, inoltre, la superi di 4 unità Se x rappresenta la parte maggiore ey la minore, allora x+y=80, x=3y+4. Se la parte minore è un ahthmos, la maggiore sarà 3 ahthmos più 4 unità y=a x-3a +4 E poiché la somma di entrambe deve essere uguale a 80 unità e quella delle due parti è 4 arihmos e 4 unità, risulta che 4 ahthmos e 4 unità valgono 80 unità Sommando x+y=4a +4, 4a + 4 = 80 Sottraendo i termini simili dei simili, le 76 unità Riducendo rimanenti equivalgono a 4 ahthmos 4a = 76 E, pertanto, 1 ahthmos vale 19 unità, che è la parte minore a = 19 Quindi la maggiore è 61 3a + 4=3-19 + 4 = 61 1.4. Trovare due numeri in un rapporto dato, e la cui differenza sia anch’essa data. Cioè dati m > 1 e a, trovare x e y tali per cui x-y = a] x = my [' Diofanto considerò il rapporto di 5 a 1 e la differenza 20 (m=5, a = 20). La parte maggiore è x = 5a e denominò la minore y = a. In questo modo, considerò 4a = 20, cioè a = 5, e concluse che x = 25 e y- 5. Attualmente è possibile considerare i valori a am che verificano le condizioni. 1.5. Scomporre un numero dato in due parti tali per cui la somma di differenti frazioni date di ciascuna delle parti sia un altro nume¬ ro dato. 108 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL’ARITMETICA
Detto in altri termini, dati i valori a, ò, m, n (m * n), bisogna risolvere il sistema a = x + y o^+y m n = b Diofanto prese come valori particolari a = 100 e ò = 30, m = 3e n = 5. Designò come arithmos y/5 = a, per cui si aveva y = 5a e x = 90-3a. Dedusse quindi che a = 5. Con ciò, y = 25 e x - 75. Nella notazione odierna, è facile dimostrare che i valori che verificano la condizione sono m(bn-a) n§ n(a-bm) x = , y = n-m n-m con la restrizione a/n<b<a/m. Il problema I.6., che chiede di scomporre un numero dato in due parti tali per cui la differenza di diverse frazioni date di ciascuna delle parti sia un altro numero dato, è analogo al pre¬ cedente, considerando tuttavia la differenza. In questo caso, le soluzioni sono: m(bn + a) x -, y = n + m n(a-bm) n + m Come è possibile osservare nella tabella successiva, i primi sei problemi presentati sono casi particolari di un sistema di equa¬ zioni lineari con due equazioni e due incognite della forma: lx + ay = a1 $'X + ry = bì’ Problema Problema Problema Problema Problema Problema 1 O il -Q 3 Ob = 0) 5 6 a 1 1 1 -1 1 1 ß 1 1 1 1 /m 1 /m 1 /m Y -1 -m -m -m/n 1 /n -1 /n PROBLEMI E SOLUZIONI DELL’ARITMETICA 109
Per questo motivo, le soluzioni dei primi sei problemi possono essere riassunte come: av-ba x =— Y-crß b-aß y = -. Y-a-ß In termini attuali si tratta, dunque, dello stesso problema. In termini geometrici, un’espressione della forma Ax+By=C rappre¬ senta una retta, e i casi che sono stati esposti cercano i punti co¬ muni. Per esempio, come viene mostrato nella figura 1, il sistema del problema 1.4 può essere rappresentato graficamente: x-y = 201 x = 5 y ]' È giunto il momento di aprire una parentesi e di spiegare che un sistema lineare a due equazioni e a incognite è, in generale, un’espressione della forma xl'X + yl'y = a x2‘X + y2-y = b no PROBLEMI E SOLUZIONI DELL’ARITMETICA
I valori numerici xv xv yv y2 sono noti come «coefficienti del sistema», e i caratteri x e y, come «incognite». Risolvere il sistema implica calcolare i valori numerici di x e y in maniera tale che sostituendoli verifichino le uguaglianze e i valori trovati siano so¬ luzioni. Non tutti i sistemi hanno una soluzione. Se ce l’hanno, si classificano come «compatibili»; se la soluzione è unica, come «compatibili determinati»; e se non hanno soluzione, come «in¬ compatibili». Una condizione necessaria e sufficiente affinché ab¬ biano soluzione unica è che xì • y2-x2 • y1 *0. In tal caso, la soluzio¬ ne viene determinata dai valori a-y9 - b y, x,‘b-x.}-a X ^y ! è , xx-y.,-x.,- y, x^y.-x,- yt come, per esempio: 3x+y=9 1 2x + 3y = 13 J‘ In questo caso si ha: 9-3-1 13 _ 13-3-9-2 = 2, y = 3-3-1-2 * 3-3-1-2 = 3. Nella sua trasposizione geometrica, la soluzione è il punto co¬ mune che è verificato dalle due soluzioni, che rappresentano rette. 1.7. Sottrarre due numeri dati di un stesso numero in modo tale che le differenze siano in un rapporto dato. Cioè se si considera a eb con a < b y m > 1, trovare x tale per cui x-a=m(x-b). Come d’abitudine, Diofanto affrontò valori con¬ creti: a = 20, b = 100 e m = 3. Ottenne così x = 140. Si tratta di una equazione di primo grado, per cui il valore generico che verifica l’uguaglianza è mb-a x = . m-1 Anche questa forma di esprimere la soluzione coincide con quella proposta da Bachet de Méziriac, che come si è già segna¬ PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'>*/?/rM£77C4 111
lato andò oltre l’edizione pura dell'Aritmetica: incluse infatti una serie di proposizioni, sviluppi e risultati che, senza dubbio, contri¬ buirono in maniera decisiva alla diffusione dell’opera, così come all’impatto di questa versione commentata all’interno della comu¬ nità matematica intemazionale. Da parte sua, François Viète, uno dei più grandi rinnovatori del linguaggio algebrico, scrisse l’espres¬ sione proposta da Bachet de Méziriac nella forma , b-a x = b + . m-1 Se si eseguono queste operazioni, è possibile dimostrare facilmen¬ te che sono lo stesso valore. 1.12. Scomporre per due volte un numero dato in due numeri in modo tale che un numero della prima scomposizione si trovi in un rappor¬ to dato con una della seconda e il numero risultante di questa secon¬ da scomposizione si trovi in un rapporto dato con il numero risul¬ tante della prima scomposizione. Formalmente, è possibile scrivere: dati a, m, n (m> 1, n> 1), trovare xv x2, yv y2 in modo tale che xx >x2, yx >y2 tali per cui a=xl+x2=yl + y2, conxx = my2, yx = nx2. Diofanto affermò che se si scomponeva due volte il numero 100, in modo che il numero maggiore della prima scomposizione fosse il doppio del minore della seconda, il maggiore della secon¬ da fosse il triplo del minore della prima, e il minore della seconda y2 = a, allora il maggiore della prima (a^) sarebbe stato x{ = 2a e, chiamando x2 il minore della prima, sarebbe stato x2 = 100-2a. Il numero maggiore della seconda sarebbe stato yx = 3x2 = 300-6a. Dato che la somma dei numeri della seconda scomposizione era anch’essa 100, questa somma equivaleva a 300 unità meno 5 ari- thmos, cioè 300-5a= 100. In sintesi, Diofanto ottenne il numero a= 40, per cui la scomposizione di 100 è: 100 = 80 + 20 = 60 + 40. La soluzione generale è stata data da Bachet de Méziriac: am(n-1) _ a(ra-l) _ an(m-1) _ a(n-1) x\= \ > > Vi ~ i » y > ~ ■ nm -1 nm -1 nm -1 nm -1 112 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
L’IMPORTANZA DEL LIBRO II Il Libro II raccoglie 35 problemi, e di essi tratteremo se i primi sette sono originali. Paul Tannery ha infatti sostenuto che non lo fossero, e altri storici hanno avanzato l’ipotesi che furono scritti da qualche commentatore o traduttore di autori greci o latini, sem¬ pre di epoca antica ma comunque posteriore a Diofanto. Per que¬ ste ragioni passeremo direttamente all’ottavo problema. II.8. Scomporre un quadrato dato in due quadrati. Cioè dato a, trovare x, y tali per cui x2 + y2 = a2. Questo è il problema che ha dato origine all’ultimo teorema di Fermat: l’e¬ quazione x" + y" = z" non ha soluzioni intere non nulle per n, fat¬ ta eccezione per n = 2. Lo stesso Fermat ha lasciato una nota sul margine della sua copia dell'Aritmetica affermando che non poteva riportare la dimostrazione per mancanza di spazio. Diofanto risolse il problema con a = 4. Con la retorica che lo caratterizzava, espose il procedimento in questa forma: Se vogliamo scomporre 16 in due quadrati e supponiamo che il primo è 1 arithmos, l’altro avrà 16 unità meno 1 quadrato di arithmos, e, pertanto, 16 unità meno 1 quadrato di arithmos sono un quadrato. Formiamo il quadrato di un insieme qualsiasi di arithmos diminuito di tante unità quante ne ha la radice di 16 unità, e sia il quadrato di 2 aiithmos meno 4 unità. Questo quadrato avrà, dunque, 4 quadrati di arithmos e 16 unità meno 16 arithmos, che uguagliamo a 16 unità meno 1 quadrato di arithmos, e, aggiungendo all’uno e all’altro lato i termini negativi e sottraendo quelli simili, risulta che 5 quadrati di arithmos equivalgono a 16 arithmos, e, pertanto, 1 arithmos vale 16/5; quindi uno dei numeri è 256/25 e l’altro 400/25, numeri la cui somma è 144/25. Cioè: 16 unità, e ciascuna di esse è un quadrato. Per risolvere l’equazione oc2 +y2 = 16, Diofanto prese come in¬ cognita x=a. Pertanto, è y2 = 16-a2, che identifica con una espres¬ sione avente la forma ( ma - Vl6 ) . Questa, per m = 2, è PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 113
(2a-4)2 = 4a2 + 16-16a = 16 -a2 e, semplificando, 5a2=16a, a = 16/5. Pertanto, per cui risulta 400 25 16 = 42. Un bellissimo ragionamento geometrico per risolvere questo problema si basa, da un lato, su teme pitagoriche, e dall’altro sul fatto che a partire dall’osservazione di triangoli rettangoli è possibi¬ le stabilire una relazione di proporzionalità. Per esempio, conside¬ riamo ima coppia di triangoli rettangoli, n primo di essi è il classico triangolo pitagorico: (3)2+ (4)2 =52, e il problema da risolvere è (x)2+ (y)2=42= 16. È possibile osservare le loro rispettive raffigu¬ razioni grafiche nella figura 2. A partire dai due triangoli, è possibile stabilire che la tema (oc, y, 4) deve essere proporzionale alla tema (3, 4, 5). Quindi Or, 2/, 4)=k(3,4,5). Confrontandoli, si ha che x=3k ey=4k, 4=5/c. Risolvendo k dà k=4/5, per cui si stabilisce che (X, y, 4)=4/5 (3,4, 5) = (12/5,16/5, 4), FIG. 2 114 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
con cui, effettivamente, si verifica (12/5)2 + (16/5)2 = 42 = 16. Bachet de Méziriac presentò una soluzione generale per scomporre un quadrato come somma di due: Sia a > 0, m > n. Da questo, si ha x = che verifica che x1 + y2 = a2. 2 mn ——7^ y = m +n~ (ra2 - n2 2 ~ ^ ’ m +n~ Per esempio, se si considera a=7 e si desidera scomporlo come somma di due quadrati, si prendono in maniera arbitraria valori per m, n, come possono essere m - 3, n=2, e allora si ottiene il che produce 12 7 x =— -7, y = 13 II.9. Scomporre un numero dato che è una somma di due quadrati in altri due quadrati. Cioè dato a2 + ò2, trovare x, y tali per cui a2 + ò2=x? + y2. Fede¬ le al suo stile, Diofanto commentò: Sia 13, soma di due quadrati, 4 e 9, il numero che desideriamo scomporre in altri due quadrati. Prendiamo le radici 2 e 3 di questi supposti quadrati, ipotizziamo che il lato di uno dei quadrati sia i=a + 2e che il lato dell’altro sia ma-3 con m arbitrario; per esem¬ pio, y = 2ct — 3. Allora uno dei quadrati è xl = a2 + 4a + 4 e l’altro 4a2 + 9 - 12a; poiché la somma di questi quadrati è uguale a 13, ri¬ sulta 5a2 + 13-8a= 13, da dove a= 8/5. Tornando alle posizioni, il lato del primo quadrato è x = a + 2= 18/5 e il lato del secondo y = 2ct—3= 1/5; quindi i quadrati sono a:2=324/25, y2= 1/25, la cui som¬ ma è 325/25, il numero dato. Questo problema attirò l’attenzione del matematico svizzero Eulero, che vi apportò un notevole miglioramento. Eulero stabilì PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 115
che se si prendono men come numeri razionali arbitrari, allora i valori x e y che verificano la scomposizione sono: x = 2nmb + a(m2 - n2) 2nma + b(n2-m2) * -, y = * - 2 2 n +m 2 2 n + m Eulero chiarì che sem = n, oppure m = a-b, n=a+b, la scom¬ posizione proposta è quella di partenza. II. 10. Trovare due numeri quadrati che abbiano una differenza data. Cioè dato d, trovare x, y tali per cui oc2-y2 = d. Come esempi, si ha 60 = 82-22 = 162-142, il che mostra che la scomposizione in differenza di quadrati di uno stesso numero non è unica. Se si esamina l’equazione diofantea proposta e si soddisfano i metodi di risoluzione, dato un valore m arbitrario si ha che m2 + d x = 2 m y- m2 -d 2 m con la restrizione per cui d < ni2. Il problema non ammette soluzioni intere sedè della forma 4n + 2, dato che x2 - y2 = {x + y)(x-y) - dove entrambi i fattori hanno la stessa parità se x e y sono interi - e un numero pari moltiplicato per un altro numero pari è multiplo di 4; mentre un numero dispari moltiplicato per un altro numero dispari è dispa¬ ri. Invece, se d è dispari o un multiplo di 4 maggiore di 4, il problema avrà sempre soluzioni intere, come si è visto nel capi¬ tolo precedente. II. 19. Trovare tre quadrati tali per cui la differenza tra il maggiore e quello medio si trova in un rapporto dato con quello tra il medio e il minore. Cioè, dato m> 1, trovare x, y, z, con x>y>z, tali per cui oc2-y2 =m(y2- z2). Per il caso m = 3 si ottiene x= 11, y= 7, z-5. Si osserva inoltre che per m = 1 risultano tre quadrati in progressione aritmetica Alla luce di questo risultato, è possibile enunciare: 116 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
JACQUES DE BILLY Il matematico e astronomo francese Jacques de Billy (1602-1679) mostrò un talento naturale per l’aritmetica, sebbene provasse una speciale predi- lezione per l’elaborazione di tavole astronomiche. Le sue doti per l’inse¬ gnamento lo portarono a impartire lezioni in diverse scuole gesuite fran¬ cesi, da Reims fino a Pigione e Grenoble, e infine sarebbe divenuto rettore delle scuole gesuite di Sens e Langres. Tra i suoi alunni più noti va citato Claude Gaspard Bachet de Méz- iriac, il principale traduttore e divulga¬ tore dell’opera di Diofanto. Inoltre, mantenne anche una corrispondenza epistolare con Pierre de Fermat. Con loro condivise una passione assoluta per i contenuti de\YAritmetica, alla cui diffusione contribuì attraverso diversi commenti e con la dimostrazione di un problema concreto. Oggi, il prezioso lascito di Jacques de Billy fa parte del¬ la teoria dei numeri. Il gesuita francese Jacques de Billy dimostrò il risultato del problema 11.19 de\VAritmetica. È impossibile trovare quattro quadrati in progressione aritmetica. Questo risultato è stato dimostrato dal matematico e astrono¬ mo francese Jacques de Billy (1602-1679). 11.20. Trovare due numeri tali per cui il quadrato di ognuno di essi aumentato nell’altro numero formi un quadrato. Cioè trovare x, y tali per cui x2 + y = «un quadrato», y2+x= «un quadrato». Con le equazioni, risulta essere un problema indeterminato di secondo grado oc2 + y=a2J y2+x=b2. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 117
Diofanto lo risolse mediante la relazione lineare y= 2+x, che impose affinché il problema fosse risolvibile, cioè determinato. La sua soluzione era: *=3/13, y= 19/13, a= 16/13, 6 = 20/13, Eulero, da parte sua, risolse il problema in maniera più gene¬ ralizzata nel suo libro Algebra, dove affrontò l’equazione x2+y = (p-x)2, y2+x = (q-y)2 e realizzò diverse operazioni, fino a concludere che: 2qp2 - q2 2pq2 - p2 x = —, y = —^. 4 pq - 1 4 pq - 1 Per esempio, nel caso dip=2 eq=3 si ottenne x= 15/23 e y=32/23. 11.30. Trovare due numeri tali per cui il loro prodotto aumentato o diminuito in una somma formi un quadrato. Cioè trovare x, y tali per cui xy + (x + y) = «quadrato», xy-(x + y) = «un altro quadrato». Diofanto ragionò in maniera molto elegante considerando i numeri 2 e 3, e osservando che 22 + 32 = 13, che 13 + 12 = 52 e che 13 - 12 = l2. Scisse allora xy= 13a2, in modo tale che se uno dei numeri è x- a, l’altro sia 13a. Poiché si verifica che 13a2± 12a2 è un quadrato, identificò 12a2 con la somma dei numeri, cioè scrisse che x + y= 12a2. Al¬ lora, 12a2 = 14a, da dove risulta a = 14/12 = 7/6, e i numeri sono x= 7/6, ?/= 91/6. UNA BREVE ESCURSIONE NEL LIBRO III I primi quattro problemi del Libro III sono analoghi agli ultimi due del libro precedente, il che diede adito allo storico Paul Tannery di speculare su una possibilità: che neppure questi problemi fos- 118 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
sero del tutto originali di Diofanto, ma che sarebbero stati intro¬ dotti nelle traduzioni a partire da documenti precedenti ai lavori del matematico alessandrino. Per questo motivo, in questo para¬ grafo passeremo direttamente al quinto problema III.5. Trovare tre numeri la cui somma sia un quadrato e tali per cui la somma di ogni due di essi superi l’altro di un quadrato. Cioè trovare x, y, z tali per cui le espressioni successive siano un quadrato: x+y + z, x+y-z, y + z-x, z + x-y. Diofanto propose come soluzione x=ì7/2, y= 65/2, z =40. III.6. Trovare tre numeri la cui somma sia un quadrato e tali per cui la somma di ogni due di essi sia anch’essa un quadrato. Cioè trovare x, y, z di forma tale per cui le espressioni che sono indicate siano quadrati: x + y + z, x + y, y + z, z + x. Diofanto ragionò nella maniera seguente. Come era solito fare, introdusse Yarithmos a in modo che x + y + z=(a+ì)2 e che la somma dei primi fosse x+y=á2, per cui il terzo sarà z = 2a + 1. Dato che la condizione è che y + z sia «un quadrato», scrisse: y + z- (a—1)2= a2+ l-2a. Così, x=(x + y + z)-(y + z) = 4a, y=(x + y)-x = a2-4a. Risulta tuttavia che x + z - 6a + 1 sia «un quadrato». Diofanto impose che questo quadrato fosse 121. Con ciò, a = 20, e i numeri sono x=80, y=320, z = 41. III.8. Dato un numero, trovarne altri tre in modo tale che la somma di due qualsiasi di questi numeri aumentata nel numero dato formi PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 119
un quadrato, e che la somma dei tre numeri aumentata nel nume¬ ro dato formi anch’essa un quadrato. Cioè dato a, trovare x, y, z in modo tale che le seguenti espres¬ sioni siano un quadrato: x + y + z + a, x+y + a, y + z + a, x + z + a. Diofanto lo risolse per il caso a = 3. Scrisse la somma dei primi due numeri come # + ?/=a2 + 4a + 1, Affinché aggiungendo 3 unità risulti un quadrato; per la somma del secondo e del terzo, y + z = a2 + 6a + 6, e per quella dei tre numeri x+y+z= a2 +8a + 13 in modo tale che queste somme, aumentate di tre unità, formino anch’esse quadrati. Cioè, rispettivamente, x + y + 3 = (a + 2)2, y+z+3 = (a + 3)2, x+y+z+3=(a+ 4)2. Si deduce allora che il terzo numero è z = (x+y+z) - (x+y) = 4a + 12, che il primo è x = (pc+y+z) - (y+z) = 2a + 7 e che al¬ lora il secondo è y = {x+y)-x = a2 + 2a - 6. Rimane da soddisfare chex+z+3 sia «un quadrato». Uguaglian¬ do questa somma, che è 6a + 22, a un quadrato numerico come 100, come propose Diofanto, risulta a = 13.1 numeri saranno quindi: x = 33,y = 189, 2 = 64. Il problema III.9 è analogo al precedente, poiché chiede che il numero dato sia diminuito e non aumentato, cioè sottraendo a. Con un ragionamento simile, Diofanto giunse al risultato x = 23, y = 80, z = 44 per a = 3. III. 15. Trovare tre numeri tali per cui il prodotto di due qualsiasi di essi, aumentato nella somma di questi due, formi un quadrato. Si noti che il prodotto di due quadrati qualsiasi consecutivi aumentato nella sua somma è un quadrato. Supponiamo che il 120 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
primo numero sia 4 e il secondo 9, il cui prodotto 36, aumentato nella sua somma, forma un quadrato. Si ha l’identità a2 (a+1)2+a2 +(a+l)2=(a2 +a+1)2. Per a2=4, (a+l)2=9 si ottiene, effettivamente, 36+ 4 + 9 = 49 = 72 = (4+ 2 + l)2. Diofanto lo sviluppò in questo modo: È necessario che il prodotto del secondo per il terzo, aumentato nel¬ la sua somma, e quello del terzo per il primo, aumentato anch’esso nella sua somma, siano numeri quadrati. Se il terzo è 1 arithmos, il prodotto del secondo per il terzo, aumentato nella sua somma, avrà 10 arithmos e 9 unità uguali a un quadrato, e il prodotto del terzo per 11 primo, aumentato nella sua somma, 5 arithmos e 4 unità, uguali ad un quadrato, dando quindi come risultato una doppia equazione la cui differenza è 5 arithmos e 5 unità. Due numeri il cui prodotto sia 5 arithmos e 5 unità (cioè: questa differenza) sono: 1 arithmos più 1 unità e 5 unità; quindi si avrà, come prima, che la semisomma di questi numeri, moltiplicata per se stessa, è il quadrato maggiore, e la semidifferenza, moltiplicata per se stessa, il quadrato minore, e poiché 1 arithmos vale 28 unità, il primo numero è 4, il secondo 9 e il terzo 28. Espresso per mezzo di equazioni, si ha: xy + (x+y) = a2, yz+(y + z) = b2, zx + (z + x) = c2. E tenendo presente la nota precedente, se si ipotizza z- a, la seconda e la terza equazione diventano 10a + 9 = ò2, 5a + 4 = c2, da cui deriva 62-c2=(ò + c) (ò-c) = 5(a+vl), e, postulando b + c= a + 1, b-c- 5, si ha: PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 121
2 a- 4 2 E, pertanto, 10ct + 9 = ^y^ , 5a + 4 = | entrambe equazioni che danno lo stesso valore, a = 28. Di conse¬ guenza, x - 4, y = 9, z = 28. Fermat, in merito a questo problema, affermò che era possi¬ bile andare maggiormente in profondità: Così, io posso fornire infinite soluzioni del seguente problema: trovare quattro numeri tali per cui il prodotto di due qualsiasi di essi, aumentato nella somma degli stessi due, sia un quadrato. Il matematico francese propose i primi tre numeri in modo identico a quello in cui sono presenti nel problema V.5: 25/9, 64/9, 196/9,... Per il quarto numero, Thomas Little Heath trovò una so¬ luzione negativa. Attualmente è stato rilevato che esiste un quarto numero razionale dell’ordine di 120 cifre nel numeratore e di 118 nel denominatore. Eulero considerò l’identitàxy + x+y = (x+Y)(y+l)-\e: rifor¬ mulò il problema di Diofanto e il commento di Fermat chiedendo di trovare tre numeri A, B, C - o quattro numeri, A, B,C,D- tali per cui il prodotto di ciascuno dei due diminuito di una unità fosse un quadrato perfetto. III. 16. Trovare tre numeri tali per cui il prodotto di due qualsiasi di essi, diminuito nella somma di questi due numeri, formi un quadrato. Come d’abitudine, i quadrati sono denotati come a2, b2, c2 per risolvere il sistema: xy-(x + y) = a2, yz-(y + z) = ò2, zx-(z + x) = c2. 122 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'/4/?/7A/£T/G4
Diofanto diede sfoggio della sua abilità e trovò due numeri ausiliari x' e y' che soddisfano le condizioni x'y'-(x'+y') = p\ x'-l y-1 La seconda delle quali viene soddisfatta da x',=y+ 1, ?/’=4?/+l, dal momento che è y +1-1 11 4?/ + l-l_4_22 Impostando P2 = (2y-2f, la prima condizione diventa (y + 1) (4y + 1)- (y + 1 + 4y + 1) = (2y - 2)2 da cui y = 5/8. Pertanto, x' 13 , 28 Ty=-s 7 2 Questi valori soddisfano la prima equazione del sistema, che è identica alla prima condizione. Eseguendo 13 7 X = , .V = - , 2 = 0L 8 y 2 la seconda e la terza equazione del sistema diventano: 5 7 2 5a 13 2 -a — = b, = c. 2 2 8 8 Moltiplicando per 4 e 16: 10a-14 = 4ò2 = ò’2, 10a-26= 16c2 = c’2 sottraendo: ò’2-c’2= (ò’+c’) (6-c’) = 12 = 2-6, PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 123
e scrivendo ò’ + c’ = 6, 6’ -c' = 2, si ottiene 6’2 = (8/2 )2 = 64/4, 10a-14 = 16, da cui a = 3, per cui allora, z = 3 = 24/8, x = 13/8, y = 28/8. III. 19. Trovare quattro numeri tali per cui il quadrato della loro som¬ ma, aumentato o diminuito di ciascuno di essi, formi un quadrato. Cioè trovare x, y, z, t tali per cui (x+ y + z + i)2 ±x = á2, (x + y + z +1)2 ±y = b2, (x + y + z +1)2 ±z = c2, (x + y + z +1)2± t = d2. Per risolverlo, Diofanto applicò, eccezionalmente, un bel ri¬ sultato di geometria su triangoli rettangoli, basato sul teore¬ ma di Pitagora, dove si afferma che «il quadrato dell’ipotenusa di ogni triangolo rettangolo aumentato o diminuito del dop¬ pio del prodotto dei cateti forma un quadrato». Se si deno¬ ta l’ipotenusa con h e i cateti con p e q, il risultato stabilisce: h2 ± 2pq = «un quadrato». Per il teorema di Pitagora si ha che k2=p2 + q2. Allora, sosti¬ tuendo nell’espressione precedente si può impostare p2 + q2± 2pq = «un quadrato» = (p ± q)2. Fermat realizzò un commento a tale risultato: Ogni numero primo della forma 4n + 1 è l'ipotenusa di un triangolo rettangolo una sola volta; il suo quadrato lo è due volte; il suo cubo lo è tre volte; il suo biquadrato quattro volte, e così di seguito. Per esempio, per n=lsiha4n+l = 41 + l = 5, i cateti saranno 3 e 4, e si avrà: 32 + 42 = 52. Per n = 2siha4tt+l=4-2+l = 9, che non è primo e, pertanto, il risultato non è valido. 124 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
Ç> f *òì>7«ß7TVf»>>Ç-tTi/^CvVeì-x- V:^^>û^7e^-X ^^V*'C<*A>vaùr’»W«|>> yyf^Caontf. >CUv’À>7À{tìOji^>»JJi(-i(o/r<>i--t-[3 tÛ|j£, A - (&*».£ ^orfry t» C^**iS*vt <«»-t ®tòXy-irOu,t «*ì"r»< V>>r< f* ^/xì7o|LiCA’ttÌViTou <J<; 1° £ <^Ç' I ■“*' *yn(T^ì-J- aU»\M£4v T»7»*/Ì6,r«»-pl>^oì »»AJ»i,-»Jka^<Ji<^<tV>ìVAr^Alt» (liAJtK I. ui?lijÌAtf <7v-3<- i^juc^I ò4^Ao<^fn7^T^rov60rcy^/ È CyVA«/<r\r» vi7**£byvSit*jL -7^*y»t *V ÇfñìTovJtxxAlôt'ml CÌtìT^ò. fa& ne»- v‘«jV ✓ÇO*' |ct,aXTf*«Ai«M rxAc ~Yj ju»^/W> >» *♦ Ò^’i 4 v'VofJ <_t9i/» A*>v^ ^Vq7^yw’i<TtJm»^^jÌjL-(>j^j'ili.À/a^cM-^ri v<TOti O |Wc A |^v<ra*V^7o'^ i7ao»0* ( £ Lf K *<ìt JuiVjcr^ '—• . . ^ f./T< /-w ! a rJ ~ r«*5 > /•_ , V o'r—lorTó fj£{. 7i7a/^iccioL,Ç^^XfJum xmri**7owo^ci^joAr* *. *cu*âo,r * -T>7çA /*»vo> Jr<w7J?Äjilf^«vTt^o^,yãor«i(^V-T?«»/Ìu>>,-Mie*%«jr* ot/o-^i5-ju#\jul cA^ {jj’ jmJp»® —pi vì/«fe£)^*c* •nlg/i'faz r » c cj veç • «avW'Sv^ob j£fa *TllßAToo *• vAvi'v^ku jr yr oi'v ^otef>Xj~»j liaoy £ Afr« V^‘Æf fl a£ i’Tcì^ «' &Tf 24 ßo ra> £tuJ3t 'AiA JU-fC^Ç Ç-f ^ujjpico7uZ^xtjSLjttÁt-i-i A jlL x^f A* \|^ciV»> A,outf»Ç* ^c«/ì\ì}»6io^f'--t£ 1^ ty JUS pV od/Lj A x/j/kuA>i>C^ 5 vi*t TtJfi',«pJUSV^Jhsl/aÇ- ffJ&vìçCy SL -pii «W «uüT® • ♦\'i«v7Qyi/?/^ •JiWiit ■)*> « C_aVOüV«^«» vtJtf\ 7d ?e vJ^v'fcldi- r. w ü / i .£ Jk‘ .Åà"«U5 ?" TI OÙ JLo i^ji. « i m^o «ir. 2L^ pmxf'-iS-t Particolare di una pagina in greco dei preziosi testi di Diofanto, conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Busto di Pitagora, il cui teorema venne utilizzato in maniera eccezionale da Diofanto per risolvere un problema del Libro III dell’Ar/tmet/ca. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 125
Per n = 3 si ha 4n+1= 4-3+1=13, che è invece primo e, pertan¬ to, il risultato è valido. In questo caso si ha 52+122=132. Diofanto realizzò diversi calcoli, fino a ottenere che 1 713 600 _ 12 675 000 _ 15 615 600 8 517 600 X 163 021 824 ’ V 163 021 824 ’ Z 163 021 824 ’ 163 021 824 ' ALCUNI ASPETTI DEL LIBRO IV Il Libro IV offre 40 problemi, dei quali, per motivi di spazio, sono stati scelti i principali. Tra loro sottolineano quelli in cui si ri¬ corre a una «falsa posizione», come i problemi IV.8 e IV.9, come il problema IV.29, sul quale Bachet de Méziriac avrebbe realizza¬ to un prezioso contributo. Emergono anche alcuni problemi, nei quali Diofanto ottenne le soluzioni in maniera confusa, ma tuttavia meritoria, come il pro¬ blema IV.31. IV.3. Moltiplicare uno stesso numero per un quadrato e per la radice di questo [il suo lato] in modo tale che il prodotto per il lato sia un cubo e il prodotto per il quadrato dia il lato di questo cubo. Cioè trovare x, y tali per cui xy = l3 y x?y = l.È facile osservare che X- ì/l2, y = l5. Il problema può essere impostato in maniera più generale nel modo seguente: dato l, trovare x, y in modo che xl-y, xnl = yn+l. La soluzione è: x=l/V\ y= 1 /ln-\ IV. 19. Trovare tre numeri indeterminati tali per cui il prodotto di due qualsiasi di essi, aumentato di una unità, formi un quadrato. 126 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
In questo caso l’enunciato, nel quale i quadrati sono denotati come a2, b2, c2, chiede di trovare x> y, z tali per cui xy + 1 = a2, yz + 1 = b\ zx + 1 = c2. Il problema è indeterminato - possiede infinite soluzioni - e Diofanto propose di generare le soluzioni a partire dai valori arbi¬ trari a, m della forma x = m2a + 2ra, y = a, z =v(m+1)2 a + 2(m + 1). IV.29. Trovare quattro numeri [quadrati] la cui somma aumentata di quella dei suoi lati formi un numero dato. Dato a, trovare x, y, z, t tali per cui x2 + y2 +z2 + t2 +(x + y + z + t) = a. Diofanto optò per il 12 come «numero dato». Dal momento che ogni quadrato (m2), aumentato della sua radice e di 1/4 di unità, for¬ ma un quadrato la cui radice diminuita di 1/2 unità è la radice del quadrato originario; cioè ra2+ra+1/4 = (ra +1/2)2, identità che appli¬ cata all’equazione oc2 +y2 + z2 + t2 + (x+y+z+t) = 12 risulta x2 + x + 1/4 + y2 + y + 1/4 + zr + z + 1/4 +12 +1 + 1/4 = = 12+4 -1/4 =13, che può essere raggruppata come fix + 1/2)2 + (y + 1/2)2 + O + 1/2)2 + (t + 1/2)2 = 13 = = 64/25 + 36/25 + 144/25 + 81/25; identificando i termini, è: x + 1/2 = 8/5, y + 1/2 = 6/5, z + 1/2 = 12/5, t + 1/2 = 9/5, da cui x = 11/10, y = 7/10, z = 19/10, t = 13/10. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 127
Diofanto scrisse le operazioni precedenti in questa forma: La somma dei quattro numeri aumentata delle sue radici vale 12 unità, e aumentata, inoltre, di 4 quarti, cioè: 1 unità, avrà valore 13, numero che dovremo scomporre in quattro quadrati, in modo tale che se sottraiamo 1/2 unità dalla radice di ciascuno di questi quadrati avremo le radici dei quattro quadrati. Scomponendo 13 in 4 e 9, e ciascuno di questi quadrati in due: 13 = 4+ 9 = (64/25+ 36/25) (144/25 + 81/25). E prendendo le radici di questi quadrati si ha: 8/5, 6/5, 12/5, 9/5. Sottraendo 1/2 unità di questi, le radici dei quadrati richiesti sono 11/10,7/10, 19/10, 13/10, e la soluzione è: x1- 121/100,2/2 = 49/100, 22 = 361/100, *2= 169/100. Rispetto a questo problema, Bachet de Méziriac realizzò una tabella in cui viene illustrata la scomposizione in uno, due, tre o quattro quadrati interi di tutti i numeri tra 1 e 120, ed enunciò un teorema: Ogni numero intero [positivo] è un quadrato, o somma di due, tre o al massimo di quattro quadrati. Come è possibile osservare, Diofanto era abbastanza «creativo» e realizzò varie ipotesi che, apparentemente, non sono giustificate. IV.38. Trovare tre numeri tali per cui il prodotto della loro somma per il primo, per il secondo e per il terzo sia un numero triangolare, quadrato e cubico, rispettivamente. 128 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
In questo enunciato, «triangolare» significa che ha forma n(n +1) 2 per n naturale, come sarà spiegato nel prossimo capitolo. In lin¬ guaggio algebrico equivale a trovare x, y, z in modo tale che (x+y+z) x = n(n + ^) > 2 (x+y+z) y = «numero quadrato», (x+y+z) z=«\m cubo». «Confesso che non sono ancora riuscito a ottenere una dimostrazione, cosa per cui sarò molto grato a chi vi riesca, perché non solo in questo problema, ma anche in alcuni del Libro V, si vede che Diofanto la dava per scontata.» — Bachet de Méziriac. Diofanto realizzò i calcoli pertinenti e propose i seguenti valori: x= 153/81, y = 6400/81, z = 8/81. Per la sua soluzione, il matematico alessandrino utilizzò un bellissimo risultato: Ogni numero triangolare preso otto volte e aumentato di 1 unità è un quadrato. Cioè 1/2 n(n+1)8 +1 = (2n+1)2. Diofanto, inoltre, presuppose, sebbene non lo avesse indicato in maniera esplicita nell’enunciato, che x+y+z fosse un numero quadrato. In questo senso, i valori proposti verificavano che la sua somma fosse 81, cioè 92. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 129
LA COMPLESSITÀ DEL LIBRO V Il Libro V propone 30 problemi. Per via del suo elevato li¬ vello di difficoltà, in alcuni casi verrà esposto solo l’enun¬ ciato e la soluzione corrispondente, omettendo il proces¬ so di risoluzione. Bisogna segnalare che Bachet de Méziriac inserì alcune soluzioni e rifletté soprattutto su un problema di cui si è già parlato in queste pagine, il V.30, legato ai prezzi del vino. V.l. Trovare tre numeri in proporzione geometrica, tali per cui, sot¬ traendo da ognuno di essi un numero dato, risulti un quadrato. Come prima cosa si deve specificare che una successione di numeri av a2, a3, ... è una progressione geometrica quando ogni termine è ottenuto moltiplicando il precedente per un numero fisso, chiamato «rapporto» della progressione. Pertanto, in una progres¬ sione geometrica il quoziente tra due termini consecutivi è sempre uguale al rapporto. Di conseguenza, una progressione geometrica risulta essere determinata dando qualsiasi termine e il rapporto. Se il primo termine di una progressione geometrica è a{ e il rapporto è r, la progressione sarà: a, a =a,r a =a.,r a =a.,r a =a .r 12 1 3 2 4 3 N H-l a2 = axr a3 = a{ri a4 = alri an = alrH~l Il «termine generale» della progressione geometrica è: an = aìr"-1. Si noti che a{ -a;t = (a2)2. Esempio: La successione 1, 2, 4, 8, 16, 32,... è una progressione geometrica di rapporto r=2. In quanto alla somma di n termini consecutivi di una progres¬ sione geometrica, sia una progressione geometrica di primo ter¬ mine dj e di rapporto r. Per trovare il valore della somma degli n primi termini S = a, + a2 + a3 + a4 +... + a,M + an si utilizza: s Q|(l-r") -1) 1 - r r -1 Per esempio, la somma dei primi 10 termini della progressione 1, 2, 4, 8, ...è: 130 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
s = 2-1 = 1023. Nel caso della somma di infiniti termini, è possibile realizzare solamente se il rapporto verifica -1 <r< 1. Questa condizione si scrive come I r k 1, e il suo valore è s ai(-i) «i r -1 1 - r Per esempio, la somma 100 + 50 + 25 +12,5 +... - infiniti termi¬ ni, con r= 1/2 -, vale: 1-1/2 Una volta dati questi chiarimenti, per il problema V. 1 i quadra¬ ti saranno denotati come b2, c2, d2. Tradotto nel linguaggio analitico: dato a, trovare x, y, z in modo tale che xz = y2- condizione che si trova in una progressione geometrica - e in modo che x-a = b2, y-a = c2, z-a = d2. Diofanto prese 12 come «numero dato» e con esso ottenne i valori: x = 169/4, y = 4693/208, z= 130321/10816. Bachet de Méziriac lo risolse per qualsiasi valore di a e trovò la soluzione: x = (a+i)2 2/ = er + 18a + l "Te ’ (cr + 18a + l)“ 64(a + l)2 V. 11. Scomporre l’unità in tre parti tali per cui, sommando a ognuna di esse uno stesso numero, risulti un quadrato. Cioè dato a, trovare x, y, z tali per cui x+y + z - 1, in maniera tale che le seguenti espressioni siano un quadrato: x+a, y + a, z + a. Diofanto affermò che hanno soluzione se il numero a non è 2 né un multiplo di 8 più 2. Dall’enunciato emerge che x + a + y + a + z + a deve essere la somma di tre quadrati, e poiché x + a + y + a + z + a = (x+y + z) + 3a= 1 +3a, allora 1 +3adeve esse¬ PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 131
re la somma di tre quadrati. Diofanto lo risolse per il caso a = 3. La sua idea fu di scomporre il numero 10 come somma di tre quadra¬ ti, e ottenne i valori *=228478/505521, y= 134662/505521, *=142381/505521. Bachet de Méziriac scoprì che il problema non può essere ri¬ solto neppure per a=9 e valori della forma a = 32n + 9, poiché 1 + 3a non è un somma di tre quadrati; lo dimostrò per valori di a da 1 fino a 325. Lo stesso Bachet de Méziriac arricchì ulteriormente il problema, generalizzandolo, con il seguente contributo: Siano dea numeri tali per cui d + Sa sia una somma di tre quadrati. Trovare x, y, * tali per cui x+y + z = de\e espressio¬ ni successive siano un quadrato: x + a, y +a, z +a. Per il caso d = 5, a = 3, diede la soluzione * = 934/625, y = 1041/625, * = 46/25. V. 29. Trovare tre quadrati tali per cui la somma dei suoi quadrati formi un quadrato. Cioè trovare x2, y2, z1 tali per cui l’espressione oci + y4+zi sia un quadrato. Diofanto considerò Yarithmos a in maniera tale che i qua¬ drati fossero a2, 4 e 9. Giunse all’espressione 20a2=3, che non viene soddisfatta da alcun valore razionale di a, e cercò il modo di sostitu¬ ire la frazione á2=3/20 con quella di due quadrati. Osservando che era 3 (10)~ — (42 + 9a) 20 2 10 ipotizzò che si deve arrivare a un numero k che sia della forma k2-(m2 + n2) p2 2 k q2 per certi valori di k, m, n, p, q. Diofanto introdusse allora le relazioni 132 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
m2 = ß2, n2= 16, /c = ß2 + 4, con cui scrisse: (ß2 +4)2 -(ß4 + 16) p2_ 4ß2 2(ß2+4) <T ß2+4’ dovendo essere ß2 + 4 un quadrato. Ipotizzando ß2 + 4= (ß + l)2, ot¬ tenne ß = 3/2, con cui k=25/4, m2=9/4, e poiché si è preso n = 4, i quadrati di questi numeri sono: 25, 9 e 16. Con tutto ciò concluse il problema deducendo: ^=144/25, y2=9, ^2=16. Diofanto non espose il problema con la condizione che un quadrato fosse la somma di due biquadrati, la cui impossibilità fu dimostrata da Fermat. Questo fece pensare ad alcuni storici della matematica che forse Diofanto conosceva questo risultato, ma che non abbia lasciato testimonianza di ciò. La dimostrazione del pro¬ blema fu data da Eulero nel 1849. V.30. Una persona ha comprato un certo numero di misure di vino, alcune da otto dracme ciascuna e altre da cinque, pagando in totale un numero quadrato di dracme. Questo numero, aumen¬ tato di 60 unità, dà un altro quadrato, che ha per lato il numero totale di misure di vino comprate. Quante misure di vino ha com¬ prato di ogni prezzo? Questo problema, enunciato in forma di epigramma, rappre¬ sentò un indicatore per delimitare l’epoca in cui visse Diofanto a partire dal rapporto qualità/prezzo del vino dell’epoca. Comune¬ mente, il suo significato è il seguente: si comprano due qualità di vino, da 8 e da 5 dracme alla caraffa, e in totale si paga un numero quadrato che, aumentato di 60 unità, forma un quadrato la cui ra¬ dice è la quantità totale di caraffe. La sfida è verificare quante sono state acquistate per ogni qualità. Tradotto in linguaggio algebrico, se x e y sono le incognite, a: è il numero di misure da 5 dracme e PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 133
y quello da 8 dracme, il problema si riduce ipotizzando il sistema di equazioni della forma &r+5y = n2, con ri2 + 60 = (x+y)2. Da dove, &r + 52/ = Or+2/)2-60. Impostando x+y = m, si ottiene m2-60 = 5ra + 3.r = 8m-3?/. ra2-60>5ral Quindi \, da cui si ottiene 11 < m < 12. m2 -60 < 8mJ Poiché m2-60 è un quadrato, se si ha m2-60 = (m-n)2, allora n2 +60 m = 2 n Il che dimostra necessariamente che n si trova in 19<n<21. Dio- fanto prese il valore n- 20 e, pertanto, m = 23/2. In questa maniera giunse alla soluzione: x = 59/12, y = 79/12. LIBRO VI: TRIANGOLI RETTANGOLI DAI LATI RAZIONALI Nonostante Diofanto avesse «spogliato la geometria», tutti i pro¬ blemi di questo libro fanno riferimento a triangoli rettangoli aventi lati razionali che, oltre a soddisfare l’equazione pitagorica a2 = b2 + c2, devono adempiere alle condizioni imposte dai rispet¬ tivi enunciati. In generale, per la versione odierna delle soluzio¬ ni i cateti saranno indicati anche come x, y, indistintamente, e z per l’ipotenusa. Diofanto utilizzò, quindi, l’uguaglianza - equa¬ zione pitagorica - à2 = b2 + c2, dove, come d’abitudine, a rappre¬ senta l’ipotenusa, essendo òeci cateti di un triangolo rettango¬ lo. Utilizzò questa uguaglianza anche in una di queste due forme V 2 J 2 V / 134 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
(2 k + if + [2 k(k + l)]2 = (2 K2 + 2 k+ 1 )2, e considerò, come faceva spesso, che dati due numeri men, era possibile prendere come cateti i valori b = m2-n2 i c = 2mn. Allora l’ipotenusa è a = m2 + n2, poiché è facile dimostrare che si verifica (m2-n2)2 + (2mn)2 = (m2 + n2)2. Infine, in alcuni problemi utilizzò anche l’identità che anch’essa soddisfa l’equazione pitagorica. VI.8-9. Trovare un triangolo rettangolo tale per cui aumentando [dimi¬ nuendo] la sua area alla somma dei due cateti si formi un numero dato. Cioè dato a, trovare x, y, z tale per cui o^ + y2 = z2. Diofanto lo risolse per a = 6; ottenne, rispettivamente, come risultato: x = 28/18 (x= 168/35), y = 45/18 (2/ = 270/35), ^ = 53/18 (* = 318/35). Attualmente è possibile dimostrare che, senza fare riferimento a un caso particolare di un valore concreto di a, si può ottenere una soluzione generale per qualsiasi valore di a * 1, che è rispettivamente: Pierre de Fermat, sulla base di tale problema, propose il seguente: Trovare un triangolo (x, y, z) rettangolo tale per cui la somma dei cateti diminuita dell’area sia un numero dato. 2 2 Cioè: PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 135
x2 + y2=z2. Il matematico francese non trovò nessuna soluzione generale, ma lo risolse per a = 6 e trovò due soluzioni per il problema: /143 278 1441 1745438521\ /146160 137514 10472631126\ ( 22919* 12180’279153420 J 6 [ 1441 ’71639’ 103231799 j VI. 14-15. Trovare un triangolo rettangolo tale per cui sottraendo [sommando] dall’area l’ipotenusa, oppure uno dei cateti, si formino quadrati. In questo caso si chiede di trovare (x, y, z) tale per cui jc2 + y2 = z2, 1/2 xy^-z, l/2xy=fx formino un quadrato. Questi due problemi hanno dato luogo alla seguente nota di Fermat: Per mezzo del mio metodo si potrebbe risolvere il problema, più difficile, di trovare un triangolo rettangolo tale che sottraendo l’area, o dall’ipotenusa oppure da uno dei cateti, si ottenga un quadrato. La soluzione, che non fu mai data da Fermat, si deve a Eulero. Il matematico svizzero affermò che vi sono infinite soluzioni e pro¬ pose come la soluzione minore: x = 697/1045, y = 696/1045, z = 985/1045. Diofanto fece precedere il problema VI. 15 di un lemma che sostiene che se ci sono tre numeri, come m = 3, n = 11 ep = 5, con i quali è possibile formare un quadrato scrivendo q2=p2 • m-n = 82, allora vi è un altro quadrato, r2>p2, con cui è possibile formare un altro quadrato nella stessa maniera: r2-m-n= 1162. In quanto alle soluzioni concrete dei problemi VI. 14 e VI. 15, sono le seguenti. Per il problema VI. 14: x = 8/3, y = 15/3, z = 17/3. Rispetto al problema VI. 15, il matematico alessandrino ottenne: 136 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
.r = 8/77,y =15/77, z= 17/77. VI. 16. Trovare un triangolo rettangolo tale per cui se si divide uno dei suoi angoli acuti in due parti uguali si ottenga che la lunghezza di tale retta sia un numero razionale. Questo problema, l’unico del libro che si allontana dal tipo generale, adotta una forma geometrica nell’enunciato, che oggi risulterebbe scritto così: Trovare un triangolo rettangolo tale per cui la bisettrice di uno dei suoi angoli acuti abbia per lunghezza un numero razionale. In questa occasione Diofanto definì, in maniera implicita, il con¬ cetto che oggi è noto come «bisettrice di un angolo». Secondo lo storico e matematico italiano Gino Loria (1862-1954), Diofanto do¬ veva sapere che il problema non ha soluzione se si considera la bi¬ settrice dell’angolo retto, poiché si ottiene sempre un numero irra¬ zionale. La soluzione di Diofanto fu la seguente. Sia BD la bisettrice dell’angolo acuto B del triangolo rettangolo ABC. Supponendo che BD = 5a, AD = 3a, si ha, per il teorema di Pitagora, AB = ^(5 oc)2-(3 oc)2 =4 oc; e se AC è un multiplo di 3, prendendo AC=3, risulta DC=3 -3a. Diofanto si occupò della proposizione di Euclide mostrata negli Elementi, e concretamente la VL3: AB/BC = c/a=AD/DC, e sostituendo qui i valori precedenti, scrisse: PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA 137
Applicando ancora una volta il teorema di Pitagora, ottenne: (4-4a)2=(4a)2+32, a=7/32. In modo che adottando le omologhe 32 volte maggiori, per cui realizzo proporzioni, il triangolo cercato e: AB 28 AC-96 £C=100 BD- 35 AD 21 DC-Ih Nella figura 3 si osserva che la bisettrice (BD) ha una lunghez za di unità. VI 17. Tro ar ' un triangolo rettangolo tale p r ui il valore della sua ar a aum ntato del ^alor dell ipot nusa, formi un quadrato e il alor ; d 1 uo pennv ro ia un ubo Ciò tro ar rx y, z) in modo che oc1+y2- 2.1/2 2/+ sia un quadrato, ~x\ y+z ia un cubo. Diofanto si imbattè in un equazione di terzo rado "h nr ol se, enza conoscere alcuna tecnica, dando VI 80 60 \40 « 20 o| U \d -40 -20 0 2\ 40 60 80 *00 120 -20 38 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
come soluzione la radice ß = 4 senza alcuna spiegazione. Poiché la formula per risolverle sarebbe divenuta nota solo nel Rinascimento, è possibile che abbia trovato la soluzione con la seguente equazione: 4ß2 + 4 = ß;} + ß. Il ragionamento è plausibile, poiché era in grado di trasporre termini e ridurre quelli simili, per cui si sarebbe osservato che 4(ß2 + l) = ß(ß2+ 1), da cui, dividendo per ß2 + 1, si ottiene ß = 4, e le altre due radici ß=± V-T sono a lui ignote. Probabilmente ignorava che la somma del quadrato di 5 e di 2 unità è il cubo di 3, cioè 52 + 2 = 27 = 32, e che è l’unica soluzione del problema, come avvisò Fermat: Vi è solo un quadrato intero che, aumentato di 2, dà un cubo. Il che è vero, ma non fu dimostrato da lui, bensì da Eulero. Di fatto, si tratta di un caso particolare dell’equazione di Mordell. Una volta ottenuto ß = 4, si hanno ß +1 = 5, ß — 1 =3, per i lati del quadra¬ to e del cubo, per cui questi sono 25 e 27. Poiché per ipotesi l’area è l'arithmos a e i cateti sono ancora b = 2, c = a, ma l’ipotenusa è ora 25-a, per il teorema di Pitagora si ha: (25 - a)2 = a2 + 625 - 50a = 22 + a2 = 4 + a2, da cui a = 121/50, e la soluzione, che non fu data da Diofanto, è: a = 629/50, ft = 621/50, c = 2. Alla luce del lavoro sxùYAritmetica, Bachet de Méziriac pro¬ pose 22 suoi problemi sui triangoli rettangoli e, tra gli altri contri¬ buti, scrisse il seguente enunciato: Trovare un triangolo rettangolo (x, y, z) con lati razionali, la cui area sia un numero dato a. PROBLEMI E SOLUZIONI DELL’ARITMETICA 139
Alla fine, Bachet de Méziriac stabilì che, perché avesse solu¬ zione, era sufficiente che esistessero numeri positivi razionali x e y, tali per cui y2=oâ + 4a2. Allora, Viète notò anche un’altra condi¬ zione necessaria e sufficiente per 1’esistenza di un triangolo rettan¬ golo razionale di area a: che esistano x e y razionali, con y diverso da zero, tali per cui y2=xì-à2x. Da parte sua, Fermat aggiunse: L’area di un triangolo rettangolo con queste caratteristiche non può essere un quadrato. In definitiva, e come chiusura a questo capitolo, si può affer¬ mare che i 189 problemi della versione greca dell’Aritmetica po¬ sero le basi per la risoluzione delle equazioni lineari con due o più incognite, che, in onore a chi le formalizzò, strutturò e risolse in casi particolari, sono chiamate equazioni diofantee. Questo termi¬ ne comprende anche le equazioni non lineari, che aprirono una strada matematica complessa e affascinante, poiché la totalità dei suoi punti interrogativi non trovò risposte conclusive fino alla fine del xx secolo. L’orizzonte aperto dall 'Aritmetica mantiene la sua validità e il suo potere di seduzione anche diciotto secoli dopo 1’esistenza del suo autore, Diofanto. Con ciò, l’enigmatico mate¬ matico alessandrino si conquistò, per meriti propri, un posto d’o¬ nore tra i più grandi della storia della matematica universale. 140 PROBLEMI E SOLUZIONI DELL'ARITMETICA
CAPITOLO 5 Il lascito di Diofanto e la sua validità nel xxi secolo Oltre ÆAritmetica, ci è pervenuta un’altra notevole opera di Diofanto: Numeri poligonali. Insieme, rappresentano un lascito che ha ispirato per secoli i più grandi matematici e ha fatto avanzare l’aritmetica fino alle soglie dell’attuale teoria dei numeri. Le equazioni diofantee sono presenti nella dittologia e nei sistemi di sicurezza, come transazioni bancarie e codici a barre, per esempio.
Una volta trattati approfonditamente i contenuti dell 'Aritmetica, una biografìa di Diofanto, per essere completa, richiede che ven¬ ga trattato anche un altro prezioso testo del grande matematico alessandrino che ci è pervenuto: Numeri poligonali. Nell’Anti¬ chità, i pitagorici erano soliti rappresentare i numeri mediante punti su una pergamena o collocando dei sassolini nella sabbia, e li classificavano a seconda delle forme poligonali di queste distribuzioni di punti. Cioè associavano i numeri a figure geome¬ triche. Queste si ottenevano tramite la disposizione regolare di punti, la cui somma determinava il numero rappresentato. In questo modo, ottennero i diversi tipi di numeri poligonali o figu¬ rati, a partire dai numeri triangolari e proseguendo con i nume¬ ri quadrati, i numeri pentagonali ecc. Per i matematici preceden¬ ti a Diofanto, che erano sostanzialmente geometri, le espressioni «numeri triangolari» o «numeri quadrati» non costi¬ tuivano semplici metafore, bensì numeri che, effettivamente, erano triangoli e quadrati. Come si è già spiegato, un numero poligonale è un numero naturale che può essere espresso mediante un poligono regolare. Sarà triangolare se forma un triangolo; pentagonale se genera un pentagono; esagonale se crea un esagono, e così via. In generale, si è soliti fare riferimento a essi come a numeri «m-gonali». Così, un «3-gonale» sarò triangolare; un «4-gonale» quadrangolare; un IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO 143
MARIN MERSENNE Il sacerdote, filosofo e matematico fran¬ cese Marin Mersenne (1588-1648), noto anche come Marin Mersennus, frequentò i suoi studi presso l’università gesuita di La Fiòche, dove fece amicizia con Carte¬ sio (René Descartes, 1596-1650). A par¬ tire da lì, sarebbe divenuto una delle principali figure della comunità scientifi¬ ca internazionale, mantenendo una nutri¬ ta corrispondenza con Cartesio, Fermat, Galileo Galilei e Christiaan Huygens, tra gli altri. Mersenne non esitò a informarli delle sue idee e dei rispettivi lavori, con il proposito di aprire un confronto e sti¬ molarli nelle proprie ricerche. La sua azione non solo favorì il flusso di infor¬ mazione tra scienziati sparsi in vari Paesi, ma contribuì anche ad arricchire notevol¬ mente le conoscenze dell'epoca. Autore di diversi libri teologici e del Trattato dell’armonia universale (1627), conside¬ rato come la principale fonte teorica della musica del xvn secolo, i suoi inte¬ ressi matematici lo portarono anche pubblicare l’opera Cogitata physico-ma- thematica (1641), dove introdusse i cosiddetti «numeri primi di Mersenne», congetturando con grande abilità su di essi; tanto che la sua raffinatezza e la sua dimostrazione sarebbero rimaste valide per secoli. Marin Mersenne, in una incisione del xvn secolo realizzata da Balthasar Moncornet. «5-gonale» sarà pentagonale ecc. I numeri poligonali sono stati uno degli argomenti più affascinanti della storia dell’aritmetica. Oltre a Diofanto, furono affrontati da matematici del calibro di Gauss, Eulero, Lagrange e Marin Mersenne, solo per citarne alcu¬ ni. I numeri poligonali fanno parte di diversi campi della cono¬ scenza matematica, come la teoria dei numeri, la combinatoria e lo studio delle probabilità. Oggi, il loro studio approfondito ha raggiunto un enorme valore pratico, nonostante si tratti di una materia ancora emergente: l’applicazione della crittografìa nell’am¬ bito della sicurezza nelle comunicazioni. 144 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO
TIPI Dl NUMERI POLIGONALI In questo paragrafo saranno spiegate le tipo¬ logie più semplici di numeri poligonali, come i triangolari, i quadrangolari e i pentagonali. Il primo gruppo è formato dai numeri triangola¬ ri, che si formano per addizione successiva dei termini della progressione aritmetica naturale 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,..., così come viene illustrato , nella figura 1. j Come si può osservare, nella prima fila del triangolo vi è un elemento; nella seconda vi sono due elementi; nella terza sono tre elementi ecc. Il totale del¬ la prima fila è 1. Il totale della prima più la seconda è 1 + 2=3, cioè la somma di due termini della progressione aritmetica. Il totale della prima fino alla terza èl + 2 + 3 = 6(la somma di tre termini della progressione aritmetica). In questa forma, I numeri 1, 3, 6, 10,15,... sono triangolari, come è possibile osservare nella figura 2. n numero 10 è triangolare dal momento che 10 = 1 + 2+ 3+ 4. In generale, Yn numero triangolare viene definito dalla somma degli n primi termini della somma della progressione aritmetica Con ciò si ha n(n+l) * 2 In questo modo, si ottengono Tv T2, Ty ..., che equivalgono a 1, 3, 6, 10,15, 21,28,... Con quanto esposto, la rappre¬ sentazione grafica si otterrebbe pro¬ lungando due lati del triangolo e aggiungendo un terzo lato, cosa che ci dà un bel risultato: La somma di due numeri triangola¬ ri consecutivi è un quadrato perfet¬ to, inoltreT +T . =n2. 1 n Tir-1 10 15 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO 145
In effetti: w(w + l) (w-l)(w-l + l) 2 « »-1 2 2 La somma degli n primi numeri triangolari è nota come «nu¬ mero tetraedrico». La sua espressione viene determinata dalla formula: c n(n + ì)(n + 2) 6 ' Così, per esempio, T{ + T2 + T:ì = 1 + 3 + 6 = 10, il che utilizzando la formula dà: 5 = 3(3 + l)(3 + 2) _1q •’ 6 A titolo di curiosità, un numero primo di tipo 2”-l è chia¬ mato «numero primo di Mersenne», tuttavia non tutti i numeri ottenuti in questa maniera sono primi. Per esempio, per n = 3, il numero 23-l = 7 è primo; tuttavia, per w = 4, il numero 24-l = 15 non è primo. Fu Pierre de Fermat a scoprire che il numero triangolare più grande del tipo 2"-l è il 4.095, che corrisponde a n- 12. Da parte sua, Cari Friedrich Gauss (1777-1855) nel 1796 di¬ mostrò che ogni intero positivo può essere rappresentato come la somma di un massimo di tre numeri triangolari, non necessa¬ riamente diversi. Per esempio, 20 = 10 + 10. Il matematico tedesco riportò nei suoi quaderni la felice scoperta con il termine greco «Eureka», come già aveva fatto lo scienziato greco Archimede nell’Antichità. Ciononostante, si deve segnalare che questo ri¬ sultato è un caso particolare del teorema del numero poligonale di Fermat, che affermò che ogni numero naturale n può essere espresso al massimo come la somma di n numeri poligonali, non necessariamente della stessa specie. Per esempio, il numero 17 si può esprimere come la somma di tre triangolari: 17=10 + 6+1. Anche come la somma di due quadrati: 17= 16+ 1. Inoltre, si può esprimere come la somma di due pentagonali: 17 = 12 + 5. 146 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO
NUMERI QUADRANGOLARI I numeri quadrangolari si forma¬ no sommando i termini della pro¬ gressione aritmetica 1, 3, 5, 7, 9,... In generale, il numero n quadran¬ golare verrà definito dalla soma degli n primi termini della somma ì 4 della progressione aritmetica. Con questo si ha Qn= n1 2, e da que¬ sta forma si ottengono Q2, Q3, ...: 1, 4, 9, 16, 25, ..., come viene illustrato nella figura 3. Tali nu¬ meri sono noti anche come «qua¬ drati perfetti». Una proprietà di 16 un quadrato perfetto è che tale quadrato, n2, è la somma degli n primi numeri dispari. Per esempio: 25 = 52 è la somma dei cinque primi numeri dispari: 1+3 + 5 + 7 + 9. Nel linguaggio formale, si esprime come: n2 = £(2fc-l). A>1 Si noti che un quadrato perfetto è anche la somma dei due nu¬ meri triangolari, per cui si deve ricordare che Tn+ Tn l=n2. Per esem¬ pio: 52= Tb + T4 = 15 +10. Dei numeri quadrangolari vale la pena citare, brevemente, al¬ meno altre due belle proprietà: 1. Il prodotto di due dispari consecutivi aggiungendo una uni¬ tà è im quadrato perfetto. Cioè, (2 n-1) (2n + 1) +1 = 4n2-1 + 1 = 2r*2. Ciò può essere dimostrato, per esempio, con: 7-9+1 = 63+1 = 64 = 82. IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO 147
2. D prodotto di quattro interi consecutivi aumentato di ima unità è anch’esso un quadrato perfetto: (n -1) n (n +1 )(n + 2) +1 = (n2+n-1)2. Così per esempio, pern= 14 si ha che il prodotto dà: 13 • 14 • 15 • 16+1 = 43 681 = 2092. NUMERI PENTAGONALI In maniera analoga ai numeri triangolari e a quelli quadrati, i numeri pentagonali si ottengono sommando i termini della pro¬ gressione aritmetica 1, 4, 7,10,13,16,..., la cui espressione gene¬ rale è la seguente: D (3n-l)n rn~ n » FIG 4 1 5 12 148 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO
dal che risulta, come viene illustrato nella figura 4, che i numeri pentagonali sono 1, 5, 12, 22, 35, 51, 70,... Esiste un criterio per verificare se un numero è pentagonale. Se si ha un numero x e si desidera sapere se è pentagonale, si re¬ alizza l’operazione 1 + n/24.x + 1 6 ‘ Allora, se il risultato è un numero naturale k, questo valore k indica che x è il k-esimo numero pentagonale. Per esempio: il 63 è un numero pentagonale? Risolvendo 1 + V24-63 + 1 6 si dimostra che il risultato non è un valore naturale, per cui il 63 non è un numero pentagonale. Invece, se si realizza lo stesso pro¬ cesso per il 70, 1 + V24-70 + 1 6 si verifica che 70 invece è un numero pentagonale; concretamente, è il settimo dei numeri pentagonali. Oltre ai numeri pentagonali, l’espressione della formula gene¬ rale per trovare l’n-esimo numero m-gonale è la seguente: p,n =-n(2 + (m-2)(n-l)) = ——n —n. Per i casi m = 3, m = 4, m = 5 si ottengono le formule illustra¬ te in precedenza per i numeri triangolari, quadrati e pentagona¬ li, rispettivamente. PROPOSIZIONI E REGOLE PRATICHE DI DIOFANTO Diofanto, nel suo testo Numeri poligonali, lavorò con una serie di concetti relazionati con le progressioni aritmetiche e con i cita¬ li. LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO 149
ti numeri poligonali. Nella sua opera, oltre a definire i numeri m-go- nali, dimostrò cinque proposizioni - attualmente sono chiamate «proprietà» - e trasmise un paio di quelle che lui stesso chiamò «regole pratiche». Nel linguaggio attuale, la prima proposizione viene enunciata così: 1. Trovare il numero poligonale a partire da un lato. Cioè se P è il numero m-gonale di lato n, si ha, come già indicato: Per esempio, per trovare l’esagonale di lato 10, basta sostitu¬ ire nella formula precedente m = 6, n= 10. Con ciò, risulta P= 190. 2. Trovare il lato a partire dal numero poligonale. Cioè se P è il numero m-gonale di lato n, si ha: Per esempio, dato un numero esagonale P= 190, si ha n= 10. SICUREZZA E CODIFICA Oggi, una gran parte del lascito matematico di Diofanto viene mol¬ to spesso applicata nei sistemi di sicurezza. Si tratta, concretamen¬ te, delle equazioni diofantee, la cui gamma è rappresentata da quelle più note, della forma ax +by = c, fino a quelle più sofisticate, come quelle citate da Louis Mordell nella sua opera Equazioni diofantee, del tipo y 2 = afì+ ax+b. I grafici di queste ultime pren¬ dono il nome di «curve ellittiche», e si utilizzano nei sistemi di si¬ curezza avanzati per la criptatura di grandi sequenze di dati. Qui non saranno descritti per il loro elevato grado di complessità: ba¬ sti citare il fatto che sono coinvolti nella maggior parte dei cosid- (m-2) 2 (to-4) 1 {sj8P(m-2)+(m-4f -2 | ' m-2 150 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO
FOTO IN ALTO A SINISTRA Cari Friedrich Gauss dimostrò che ogni intero positivo può essere rappresentato come la somma di un massimo di tre numeri triangolari, non necessariamente diversi. FOTO IN ALTO A DESTRA Whitfield Diffie, creatore insieme a Martin Heilman del protocollo crittografico Diffie-Hellman, durante una conferenza nel 2007. FOTO IN BASSO Le equazioni diofantee sviluppano lo standard della cifratura delle transazioni economiche sicure che sono usate da milioni di persone in tutto il mondo. IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO 151
detti «sistemi RSA», con chiave pubblica, e del protocollo critto¬ grafico Diffie-Hellman, elementi abitualmente utilizzati nella trasmissione di dati attraverso Internet, soprattutto nelle transa¬ zioni bancarie e nelle comunicazioni altamente riservate. Le equazioni del tipo ax +by = c sono imprescindibili per lavo¬ rare nell’aritmetica modulare, ramo che rivela la correttezza o la falsità dei diversi codici a barre. Nei sistemi di sicurezza compaio¬ no espressioni della forma ax=b(m), dove a, b, m sono valori noti. In altre parole, equivalgono a risolvere equazioni della forma ax+my = b. Il concetto di «congruenza» in aritmetica modulare può essere espresso come ax=b(rn), dove m è un intero positivo, a e b sono numeri interi e x + un valore intero. Si legge «ax è con¬ gruente con b modulo m». Per risolvere questa equazione, è op¬ portuno trovare tutti gli interi x che soddisfino l’equazione diofan- tea equivalente a.ax+my = b. Per esempio: 3#=^ (10). In questo caso, l’equazione diofantea è 3a; + 10i/=-4. Infine, applicando i metodi di risoluzione si ottiene x = 2. Come esempi dell’applicazione pratica di queste congruenze è possibile citare: il codice o cifrario di Cesare, il calcolo del codi¬ ce fiscale, la verifica delle cifre di controllo dei conti bancari e i codici EAN-10 ed EAN-13 dei prodotti e dei sistemi di sicurezza odierni, a partire dal già citato RSA. Tutti questi sistemi si basano sulla soluzione delle cosiddette «equazioni di congruenze», che rimandano alle equazioni diofantee per essere risolte. Per esempio, il codice a barre EAN di un prodotto è composto da dieci cifre ABCDEFGHIJ, e ne consegue che il criterio stabilito per la sua autenticità è: 10A+9B + 8C + 7D + 6E + 5F + 4G + 3H + 2I + J =0 (11). Tutti i libri pubblicati e posti in vendita devono disporre di un ISBN, acronimo di International Standard Book Number («nume¬ ro di riferimento intemazionale del libro»). Se una delle cifre del numero ISBN risultasse illeggibile, è possibile verificare di quale cifra si tratti. Supponiamo che il numero ISBN di un esemplare sia «8485a;60459», dove a:èun valore sconosciuto. Se si applica il criterio precedente, si ottiene la congruenza (xr=-276 (11), e que¬ 152 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO
sta corrisponde all’equazione diofantea (-6).x + (-11)?/= 276. La soluzione è x = 9 e ci dà il numero che mancava per avere l’ISBN corretto: «8485960459». Un altro semplice esercizio, in relazione con il precedente, è la verifica di un codice EAN-13 della forma ABCDEFGHIJKLM. Il criterio di veridicità è: A + C + E + G + I + K + 3(B + D + F + H + J + L) +M=0 (10), dove le prime due cifre rappresentano il codice del Paese e le ul¬ time due sono la cifra che è denominata di controllo. Società c D E F G Prodotto H 1 J K L D.C. M Si dispone di un prodotto con il codice «40-13320-03:r49-7», dove la cifra x risulta illeggibile. Come lo possiamo verificare? Applicando il criterio dell’EAN-13 si ottiene: 3a; = -4(10), che equi¬ vale all’equazione diofantea (-3)#+ (—10)2/ = 4. La soluzione della stessa è a; = 2. Quindi il codice corretto è «40-13320-03249-7». IL VALORE ATTUALE DI UN MATEMATICO DEL III SECOLO Oltre al suo testo sui numeri poligonali e alle applicazioni pra¬ tiche delle equazioni diofantee, che abbiamo appena visto, la par¬ te principale del lascito di Diofanto è presente nell 'Aritmetica, la cui lettura è vivamente consigliata al lettore. In questo modo potrà ampliare le sue conoscenze matematiche, e, nel caso possegga una mente inquieta, potrebbe trovare soluzioni per i problemi che Dio¬ fanto risolse in forma particolare. In quanto alla ricerca dei meto¬ di generali di risoluzione delle equazioni diofantee, esigono un li¬ vello così elevato che fu alla portata solo di alcuni dei più grandi matematici della storia. Tuttavia, risulta molto interessante cono¬ scere e usare i metodi che questi matematici apportarono e trarre IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO 153
conclusioni da essi. In questo senso, si deve ricordare che non esiste alcun algoritmo generale che permetta di determinare se le equazioni diofantee non lineari siano risolvibili, come ha dimostra¬ to Jury Matyasevich nel 1970. Nel corso di queste pagine si è potuto verificare che i matema¬ tici che affrontarono le equazioni diofantee furono personaggi il¬ lustri: Bachet de Méziriac, Viète, Fermat, Eulero, Lagrange... Tutto ciò conferma l’importanza dei lavori di Diofanto per la storia della matematica, in generale, e per il progresso dell’aritmetica o teoria dei numeri, in particolare, senza dimenticare altre aree in cui le equazioni diofantee sono presenti. Diofanto fu il grande anello di congiunzione per il passaggio dal linguaggio geometrico a quello algebrico. Introdusse inoltre una simbologia e una notazione che rivoluzionarono la scrittura dei testi matematici, fu un pioniere nel ricorrere a processi algebrici per risolvere equazioni non lineari indeterminate, e fu il primo a utilizzare notazioni algebriche con¬ crete ed estese. Prima di Diofanto, era inconcepibile sommare un quadrato e un cubo, aree con volumi. Dopo Diofanto, l’algebra si liberò della visione geometrica e abbracciò, con forza e per sem¬ pre, l’aritmetica. 154 IL LASCITO DI DIOFANTO E LA SUA VALIDITÀ NEL XXI SECOLO
Letture consigliate AA.W., Antologia Palatina, Mondadori, 1992. Bachet de Méziriac, C.G., Diophante Alexandrini Arithmeticorum libri sex, et de numeris multangulis liber unus. Nunc pri¬ miera graecé et latiné editi, atque absolutissimis. Commen- tariis ilustrati, Parigi, H. Drouart, 1621. Boyer, C., Storia della matematica, Mondadori, 1990. Cajori, F., A History of Mathematical Notations, Chicago, Open Court Company Publishers, 1928. Christianidis, J., Classics in the History of Greek Mathematics, Dordrecht, Kluwer Academic Publishers, 2004. Diofanto di Alessandria, De poligonys numeris, Fabrizio Serra Edi¬ tore, 2011. Fermat, P., Osservazioni su Diofanto, Bollati Boringhieri, 2006. Heath, T.L., Diophantus of Alexandria: A Study in the History of Greek Algebra, Cambridge, Cambridge University Press, 1910. Mordell, L., Diophantine equations, Massachusetts, Academic Press, 1969. Tannery, P., La Geometrie Grecque, Part 1: Histoire Generate de La Geometrie Elementaire, Kessinger Pub Co., 2010. 155
Indice Alessandria, 7, 8, 11, 12, 15, 17, 19-24, 26, 31, 32 Biblioteca di, 7, 15, 19-23, 26 Scuola di, 20, 31, 32 faro di, 19, 20, 22, 23 Museo di, 15, 17-20, 22, 24, 31 Alessandro Magno, 7, 19, 20, 23 algebra, 31-34, 4245, 47, 48, 62 algoritmo, 13, 25, 79-85, 87, 88, 89, 99, 154 Al-Khwarizmi, 33, 52 Apastamba, 77, 78 Apollonio di Perga, 11, 17, 24, 31 aritmetica, 9, 34, 41, 67, 77-79, 81 modulare, 41, 60, 152 arithmos, 41, 50, 62, 63, 66-68, 105, 106, 108, 109, 112, 113, 119, 121, 132, 139 Archimede, 11, 22, 24, 31, 69, 80, 146 Aryabhata, 78, 80, 81 Bachet de Méziriac, Claude Gaspard, 9, 11-13, 39, 43, 45, 46, 58,71, 105, 111, 112, 115, 117, 126, 128, 129, 130-132, 139, 140, 154 Bhaskara, 81 Baudhayana, 77, 78 Bell, Eric Tempie, 72 Billy, Jacques de, 117 Bombelli, Rafael, 13, 30, 45 Boyer, Carl, 79 Brahmagupta, 78, 81 Brouncker, William, 13, 82, 83 Cartesio (René Descartes), 9, 12, 33, 43, 70-72, 79, 144 Castelnuovo, Emma, 25 Cefala, Costantino, 36 cilindro, 19, 20, 28 cono, 19, 28 cubo, 8, 9, 33, 49, 51, 54, 55, 58, 66-69, 96-98, 100, 124, 126, 128, 157
129, 138, 139, 154 Diffie, Whitfield, 151, 152 Dionisio, 18, 43, 47, 49, 67 epigramma, 36-38, 133 equazione, di Fermat, 59, 94-96 di Peli, 13, 80-83 equazioni, cubiche di Ramanqjan, 13, 96, 97 diofantee, 10-13, 25, 32, 42, 46, 48-50, 75, 76, 78-80 indeterminate, 10, 11, 33, 44, 78, 89, 90, 100, 103 lineari, 33, 48, 49, 51, 55, 73, 78, 81-88, 140 non lineari, 10, 11, 33, 34, 56, 88-100, 140, 154 Eratostene, 17 Erone di Alessandria, 17, 24, 26, 28-31, 35 Euclide, 8, 9, 11, 17, 19, 22, 24, 25, 27, 31, 32, 34, 42, 82-85, 87, 137 Eudosso di Cnido, 22, 24 Eulero (Leonhard Euler), 9, 31, 39, 43, 59,73, 83, 99-101, 115, 116, 118, 122, 133, 136, 139, 144, 154 Fermat, Pierre de, 9, 10, 12, 13, 26, 34, 39, 43, 45, 46, 48, 51, 58-61, 71,73,81,82, 113, 117, 122, 124, 133, 135, 136, 139, 140, 144, 146, 154 ultimo teorema di, 45, 48, 51, 58-61, 75, 94-96 Gauss, Cari Friedrich, 22, 31, 77, 144, 146, 151 Gosselin, Guillaume, 45 Hardy, Godfrey Harold, 97 Heath, Thomas Little, 32, 122 Heilman, Martin, 151, 152 Hilbert, David, 10, 13, 88, 89 Huygens, Christiaan, 54, 55, 144 identità di Bézout, 82-86 Ipazia di Alessandria, 11, 18, 24, 26, 31,32 Ipparco, 24 Ipsicle di Alessandria, 18 Keplero (Johannes Kepler), 22 Kummer, Emst, 59 Lagrange, Joseph-Louis de, 9, 13, 79, 99, 144, 154 Legendre, Adrien-Marie, 27, 59 Leibniz, Gottfried Wilhelm, 24 massimo comune divisore, 25, 82-87 Matijasevich, Yurij, 13, 88, 89, 154 metodo, 13, 51-53, 76, 99, 108 di riduzione, 51-53, 108 di risoluzione generale, 13, 76, 99 di restaurazione, 51-53 Mersenne, Marin, 144, 146 Mordeil, Louis, 13, 96, 139, 150 Nash, John Forbes, 88, 99 Newton, Isaac, 22, 24, 61 158 INDICE
numeri quadrangolari, 145, 147 interi, 10, 25, 26, 28, 44, 48, 50, 55, 58, 59, 76-79, 82, 84-88, 93-95, 100, 152 immaginari, 8, 13, 30 pentagonali, 143, 145, 146, 148, 149 poligonali, 11, 12, 13, 15, 18, 35, 42, 45, 141, 143-146, 149, 150 teoria dei, 11, 25, 27, 41, 45, 46, 54, 59, 60, 75, 88,91,96, 117, 141, 144, 154 triangolari, 143, 145-149 Pandit, Narayana, 81 Pappo di Alessandria, 18, 24, 26, 31 Peli, John, 13, 80-83, 91-93 Pitagora, 125 teorema di, 25, 30, 60, 94, 124, 137, 138, 139 Platone, 27, 36, 100 progressione, 55, 116, 117, 130, 131, 145, 147, 148 aritmetica, 116, 117, 145, 147, 148 geometrica, 55, 130, 131 quadrato, 8-10, 13, 25, 26, 30, 33, 35, 46-49, 51, 53-55, 58, 66-69, 77, 78,80-82,90-92, 97,98, 113, 115-122, 124, 126-134, 136, 138-140, 154 Qusta ben Luqa, 13, 44 Ramanqjan, Srinivasa, 13, 96, 97 rettangolo, 25, 29, 30, 54, 60, 96, 124, 134-140 Regiomontano, Johann Müller, 13, 44, 45 simbologia, 8, 9, 62, 66-72, 103, 107, 154 Sostrato di Cnido, 19 Tannery, Paul, 13, 17, 18, 43, 46, 47, 113, 118 Teone di Alessandria, 11, 18, 24, 26, 31 tema pitagorica, 60 Tolomeo, Claudio, 17, 18, 24, 31 triangolo, 8, 9, 25, 26, 28-30, 54, 60, 96, 114, 124, 134-140, 143, 145 Viète, François, 9, 34, 43, 47, 48, 70, 79, 98, 112, 140, 154 Vogel, Kurt, 34 Wiles, Andrew, 60, 61 Xylander, Guilielmus, 13, 45, 70 INDICE 159